Dopo ventisette mesi consecutivi di buio, l’economia spagnola torna a vedere la luce. Nell’ultimo trimestre del 2013, quindi tra luglio e settembre, il Pil iberico ha fatto registrare una seppur timida crescita dello 0,1%, mettendo fine a una recessione durata più di due anni. È stato il Banco de España, la banca centrale spagnola, a pubblicare il rapporto sull’andamento dell’economia nel Paese, da cui emerge anche un “lieve aumento dei consumi delle famiglie”, avvenuto sempre nel terzo trimestre. Non è però questo il fattore che si è dimostrato capace di trainare il Pil spagnolo, bensì “la rapida ripresa delle entrate provenienti dal turismo” e l’aumento dell’export, cresciuto nel terzo trimestre dello 0,4%. Di fronte a questi dati, pubblicati nelle ultime trentasei ore, sorgono spontanee alcune domande: come è possibile che sia uscito dalla recessione un Paese in cui la disoccupazione è appena al di sotto del 26% (in lieve miglioramento anche questa, ma pur sempre al 26%) e il cui rapporto debito/Pil è da mettersi le mani nei capelli? E perché alzare calici colmi di sangria al cielo per una crescita di appena 0,1 punti percentuali? Ma, soprattutto, perché l’Italia non è ancora uscita dalla crisi nonostante i conti pubblici siano incredibilmente migliori di quelli spagnoli? Abbiamo posto tutte queste domande a Marco Fortis, vicepresidente della Fondazione Edison e professore di Economia industriale presso l’Università Cattolica di Milano.



Fortis, dovremmo tutti spostarci a Madrid?

Guardi, l’unica cosa che invidio alla Spagna è un governo in grado di durare cinque anni e che non deve verificare la fiducia ogni due giorni con una maggioranza traballante. In fondo è proprio questo esecutivo che ha consentito al Paese di agire con concretezza a Bruxelles e di ricevere tutta una serie di aiuti dall’Europa, a cominciare da quello fondamentale per il salvataggio del sistema bancario. La Spagna ha infatti già ricevuto più di 40 miliardi di euro, ma sembra che possa riceverne anche di più in caso di necessità, per salvare quel terzo delle banche che ha provocato il caos della bolla immobiliare a causa di finanziamenti scriteriati a imprese costruttrici e famiglie.



Come ha fatto la Spagna a ottenere questi aiuti?

Quando è stato il momento, ha fatto richiesta con tempi e modi adeguati, ma incredibilmente è riuscita anche a non fare i cosiddetti “compiti a casa”, visto che ha chiuso l’anno scorso con un rapporto deficit/Pil superiore al 10%. L’Italia, nel frattempo, andava al 3% rispettando i parametri di Maastricht, senza chiedere né ottenere praticamente niente dall’Europa. Gli spagnoli sono quindi riusciti ad approfittare della situazione con grande abilità, ma il merito è soprattutto dell’esecutivo che, come dicevo, pur non essendo particolarmente brillante è stato capace di durare cinque anni e di avere abbastanza autorità per trattare nelle sedi internazionali. Insomma, gli spagnoli hanno ottenuto il massimo con il minimo sforzo, mentre l’Italia ha fatto esattamente il contrario.



L’Italia ha fatto bene a tentare di rispettare i vincoli europei?

Certo, però dovrebbe anche provare a ottenere il giusto riconoscimento per gli sforzi dimostrati. Questa Europa, invece, non riconoscendo i nostri meriti, non ci aiuta neanche nella crescita. Solo per fare un esempio, visto che nel recente rapporto della Commissione Ue emerge chiaramente che l’Italia ha compiuto nei mesi passati un importante aggiustamento dei conti pubblici, mi chiedo come mai poi questi dati non vengano sbandierati e comunicati agli altri paesi, alle agenzie di rating e agli investitori internazionali, spiegando loro che meritiamo ben altra fiducia rispetto a quella che, ad esempio, viene data alla Spagna. Allo stesso tempo, il governo italiano non fa alcuna pressione affinché vengano riconosciuti in maniera plateale questi miglioramenti.

Inoltre, il debito pubblico della Spagna è nettamente peggiore a quello italiano…

Senza dubbio, così come lo sono i debiti pubblici di altri paesi europei. L’Italia, pur avendo versato ormai circa cinquanta miliardi di euro in aiuti europei, ha visto crescere il proprio debito solo del 4,7% negli ultimi dodici mesi in termini monetari, quindi in euro. Quello spagnolo, invece, è aumentato del 17%, confermandosi completamente fuori controllo. A questo aggiungiamo il fatto che il debito pubblico spagnolo sembra basso perché lo si misura in rapporto con il Pil, una consuetudine che ritengo assolutamente sbagliata e che non dimostra assolutamente niente.

 

Nel maggio scorso il debito pubblico spagnolo  ha raggiunto quota 937,334 miliardi di euro, pari all’89,5% del Pil, mentre il nostro ha superato il 130% ed è secondo solo alla Grecia.

 Esatto, ma il parametro da utilizzare non è quello del Pil, bensì quello della ricchezza finanziaria netta delle famiglie. Quella spagnola è pari all’80% del Pil, mentre la nostra è al 180%: a fine 2012, come rilevato dall’Unione europea, il nostro debito pubblico commisurato alla ricchezza finanziaria delle famiglie è pari al 71%, mentre in Spagna è del 100%. Basti pensare che in Germania è al 64%, quindi non ci vuole molto a capire quale sia in realtà la situazione. Per non parlare poi del tasso di disoccupazione: in Spagna si festeggia per un dato appena sceso sotto la soglia del 26%, ma vorrei ricordare che lo stesso tasso in Italia è al 12%.

 

Arriviamo dunque alla domanda principale: oltre ai motivi che ha già spiegato in precedenza, perché in Spagna la recessione è finita e in Italia ancora no?

Basta tornare ai fondamentali dell’economia. È ovvio che un Paese come l’Italia, che per restare al 3% del Pil ha fatto una delle manovre più vessatorie in termini di tasse che siano mai state fatte nella storia del Paese, sia ancora in recessione. In Spagna non è stato fatto niente di simile, nonostante i tanti annunci e appelli ascoltati in passato, ed è anche un Paese che fa promesse che difficilmente potrà mantenere.

 

Ad esempio?

Nei primi sei mesi di quest’anno, la Spagna ha maturato un deficit/Pil al 5,7%, impegnandosi però a chiudere l’anno non oltre il 6,5%. Secondo lei ce la farà a mantenere tale promessa in appena cinque mesi? Se ci riuscirà tornerà in recessione, altrimenti arriverà al 9%, dimostrando ancora una volta di non essere capace di rispettare gli impegni presi. Non meravigliamoci poi se ci vengono a dire che la Spagna è uscita dalla recessione.

 

È stato detto che a trainare la Spagna fuori dalla crisi sono stati turismo ed export. Cosa ne pensa?

Il turismo spagnolo è sempre stato molto buono, il migliore d’Europa per numero di pernottamenti di turisti stranieri, ma lo era prima della crisi e continua a esserlo adesso. Se poi guardiamo il dato in prospettiva decennale, allora vediamo che sono aumentati molto di più i pernottamenti di turisti in Italia, quindi è decisamente azzardato attribuire effetti miracolosi a fattori che ci sono sempre stati.

 

Per quanto riguarda invece l’export?

Vale lo stesso discorso. Vorrei ricordare che la bilancia commerciale della Spagna con l’estero rimane nettamente negativa, mentre quella italiana è superiore ai 90 miliardi di euro. Possiamo quindi affermare con certezza che export e turismo, nei dati spagnoli che stiamo commentando, c’entrano veramente poco. L’unica vera differenza tra Spagna e Italia è l’austerità: la nostra è reale, la loro è mascherata. Inoltre, si sono fatti salvare le banche dall’Europa, mentre l’Italia non è riuscita a strappare un centesimo.

 

Insomma, possiamo dire che nonostante i dati è chiaro che l’Italia se la passa molto meglio?

Assolutamente sì. Sono contento di stare in Italia e non in Spagna per tanti motivi: innanzitutto perché abbiamo un’industria straordinaria che, nonostante sia stata recentemente fiaccata, continua a ottenere successi sui mercati internazionali. Un’industria, tra l’altro, che la Spagna non vedrà neanche nei prossimi cento anni. Anche nel turismo siamo a un passo dalla Spagna: l’Italia è il secondo Paese in Europa per pernottamenti e, per turisti extraeuropei, è addirittura il primo. Abbiamo poi un’agricoltura meravigliosa, seconda in Europa solo alla Francia, e le nostre famiglie, nonostante tutto, se la passano molto meglio. Tutti questi dati non fanno altro che confermare quanto la situazione italiana sia decisamente migliore.

 

(Claudio Perlini)