Il salvataggio di Stato di Alitalia non è un salvataggio. Questo è ormai chiaro, sia che intervenga nell’aumento di capitale Air France-Klm, sia che decida di non intervenire e dunque gettare la spugna. Le tensioni con i francesi sono alle stelle, dopo l’intervento delle Poste e delle banche per immettere nuovi soldi nella compagnia di bandiera. Non solo quindi non si è risolto il problema di Alitalia, ma l’intervento del settore pubblico tramite i soldi dei contribuenti italiani ha complicato ancora di più le relazioni giù tese tra i soci.
Sono previsti 300 milioni di euro di nuovo aumento di capitale, di cui 75 milioni dovrebbero arrivare dal colosso franco-olandese, che non ha ancora chiarito cosa intenda fare. Diversi rumors indicano però che la situazione è molto tesa e che la voglia di intervenire per salvare Alitalia è ai livelli minimi. Una cosa è tuttavia chiara. Sia che l’aumento sia di 225 o 300 milioni di euro, questi soldi non servono per rilanciare la compagnia. Chi pensa ciò evidentemente non ha chiaro cosa sia il business del trasporto aereo. Basti pensare che con questa cifra si può comprare un solo aereo a lungo raggio. Questi sono i prezzi, ma probabilmente non tutti lo sanno.
Veniamo ora ai problemi di Alitalia. Il “piano Fenice” era errato in partenza, come sostenevamo il Professor Ugo Arrigo e io cinque anni fa e come ho ribadito una decina di giorni fa sulle colonne del Wall Street Journal. Troppo incentrato sul corto-medio raggio e debolissimo sul lungo raggio, quando proprio su quest’ultimo segmento era possibile avere i margini maggiori. Tale scelta derivava dall’esposizione di AirOne che si era impegnata ad acquistare 90 aerei a corto-medio raggio. Questo errore è uno di quelli fatali per la nuova Alitalia, che non potrà risolvere senza almeno un piano di sviluppo da 4 miliardi di euro.
Quattro miliardi di euro non sono 225 milioni di euro, ma nemmeno 300. Per tale ragione il piano di salvataggio è in realtà un piano di sopravvivenza per qualche mese. Forse i soldi serviranno ad arrivare alla fine della prossima stagione invernale. Forse. Nei primi sei mesi dell’anno il vettore ha infatti perso 290 milioni di euro e le perdite nei prossimi sei mesi potrebbero essere ben superiori.
Le perdite sono dovute a diversi fattori, tra i quali l’aumento delle tasse aeroportuali che hanno tuttavia iniziato a incidere per 10 milioni di euro al mese solamente da marzo. In più vi è la nuova tassa Iresa che incide per altri 2 milioni e mezzo di euro al mese, ma anche questa solo da marzo. Tutti questi lungimiranti interventi di politica industriale peseranno per circa 75 milioni di euro. Infine, è già trascorso il trimestre aprile-giugno, che storicamente non è così pessimo per i vettori aerei.
Nei prossimi sei mesi Alitalia potrebbe perdere oltre 300-320 milioni di euro, vale a dire più di quanto verrà ricapitalizzata nel caso intervenisse anche Air France-Klm. I soldi di Poste italiane, quindi, non solo rischiano di configurarsi come aiuto di Stato, con l’obbligo quindi di restituzione più una multa europea all’Italia che contribuenti dovranno pagare, ma saranno utili per meno di sei mesi.
Questa scelta politica, dunque, insieme a quella di aumentare le tariffe aeroportuali a fine 2012 e a quella di introdurre l’Iresa da parte della giunta laziale guidata da Zingaretti, sono dannose, perché non permettono di avere soluzioni di mercato. Esse contemplano anche l’amministrazione controllata per Alitalia, ma la politica non riesce a vedere questa come una soluzione.
Il traffico sviluppato da Alitalia è solo il 21% del totale e una messa a terra della flotta non significherebbe affatto una diminuzione delle rotte per i passeggeri italiani, come ha ben dimostrato Ugo Arrigo sulle colonne di LeoniBlog.
Se Air France – Klm parteciperà all’aumento di capitale, la situazione non cambierà, ma forse darà l’illusione alla politica italiana della sopravvivenza di Alitalia, una compagnia che ha bisogno di pochi soci forti privati che investano più di dieci volte tanto la somma preventivata dall’ultimo intervento per i contribuenti italiani.