E se il debito non fosse la causa della crisi bensì l’effetto? Sì, insomma, se la causa fosse invece da attribuire ai quei redditi, erogati dalle imprese a chi lavora, insufficienti ad acquistare quanto prodotto? Possibile se, come dice l’Ufficio Studi di Confcommercio, nel 2012 il reddito disponibile è stato pari a 1.032 miliardi di euro, rispetto ai 1.033 del 1988. Beh, mettendo nel conto quanto la crescita si faccia con la spesa aggregata, per farla in tali condizioni di insufficienza si è fatto ricorso alle politiche di reflazione, in grado di fornire credito per surrogare quell’insufficienza. Debito insomma per creare ricchezza: bella no?



Anzi di più. Finché il trucco ha celato il fatto si è venduto, acquistato, lavorato, riprodotto con buona pace del debito. Quando accade, però, che il debito troppo in alto sal, tracolla sovente, precipitevolissimevolmente. Il meccanismo dello scambio va in blocco, salta l’equilibrio tra il prodotto e il consumato che tiene attivo il meccanismo produttivo: non si vende, né si acquista; le merci perdono valore, non vengono riprodotte. La produttività totale dei fattori finisce dalle stelle alle stalle: le imprese mostrano sovraccapacità produttiva.



Chi lavora nell’impresa produce in eccesso e quelli che con la spesa fanno il 60% della crescita sono costretti a fare spending rewiev, dimagrendo mangiando meno, svestendo la moda che passa di moda, smettendo il Suv per andare da qui a lì. Si sta tutti, insomma, come d’autunno sugli alberi le foglie.

Per uscire dal guado e tornare a crescere, occorre migliorare la produttività dei singoli fattori. Pronti, via: la crescita si fa con la spesa. Così viene generato reddito, quel reddito che serve a fare nuova spesa. Tocca impiegare quelle risorse di reddito per remunerare chi, con la spesa, remunera. Giust’appunto quei 1.032 miliardi da riallocare per meglio sostenere il potere d’acquisto di quelli che fanno la spesa, al fin di poter tornare a ingrassare, rivestirsi alla moda, tornare a mostrare il Suv e…. vai col tango!



Smaltito l’invenduto, l’impresa mette la sordina alla sovraccapacità, ripristina il valore delle merci che verranno ri-prodotte. Affrancato così dal produrre l’eccesso, tornerà a mostrare valore pure il lavoro che potrà trovare più adeguato remunero, meno agire precario e soprattutto altro lavoro. Ai consumatori tocca pure un ultimo sussulto: coniugare il tornaconto del guadagnare spendendo con la responsabilità di chi, con una domanda competente, comanda i processi che governano l’oggi e il domani. Prosit!

 

P.S.: Corre l’obbligo di precisare che tra i fattori della produzione viene inserito d’imperio quell’esercizio di consumazione in grado di ridare efficienza a quegli altrimenti malandati fattori, continuità al ciclo e sostanza alla crescita economica.