«La riduzione molto modesta del cuneo fiscale, compensata da un aumento dell’Iva e dalla Service Tax, non produrrà alcun effetto positivo sulla nostra economia. Anche perché le nuove assunzioni diventano convenienti solo a condizione che ripartano i consumi». Lo afferma Ugo Arrigo, professore di Finanza pubblica all’Università di Milano-Bicocca, secondo cui «ha ragione la Corte dei Conti quando afferma che la nostra tassazione non segue criteri di equità. L’unico criterio è quello di spremere i contribuenti il più possibile». Intervenendo in audizione a Palazzo Madama sulla legge di stabilità, il presidente della Corte dei conti, Raffaele Squitieri, ha parlato di “rischi e incertezze” a proposito della riduzione del cuneo fiscale, e ha aggiunto che la nuova Service Tax “moltiplica il suo peso rispetto alla Tares”.
La riduzione del cuneo fiscale può essere migliorata pur senza stravolgere la legge di stabilità?
Il cuneo fiscale è un grosso problema, soprattutto perché in Italia è a livelli superiori a quelli di qualsiasi altro Paese al mondo, e a maggior ragione di qualsiasi altra nazione sviluppata. Va quindi ridotto drasticamente, e per farlo occorre agire sulle fonti di spesa pubblica che quel cuneo fiscale va a finanziare. Se la spesa pensionistica è la più alta al mondo in rapporto al Pil, non si può pensare di abbattere le tasse senza prima intervenire a monte. Del resto, finché non ripartono i consumi le tasse sul lavoro possono anche essere più basse, ma le aziende continueranno a non avere la necessità di assumere.
Lei in che modo rimodulerebbe la riduzione del cuneo fiscale?
La vera questione non è rimodularla, ma prendere atto del fatto che il piccolo taglio del cuneo inserito nella legge di stabilità non produrrà alcun effetto espansivo. Sarebbe stato molto più utile se si fosse scelto di abbassare l’Iva al 20%, anche perché in questo caso sarebbero stati sufficienti i 3-4 miliardi a disposizione. Non dimentichiamoci inoltre che le aspettative dei consumatori e delle imprese, dopo il miglioramento di agosto e settembre, a ottobre sono ritornate in calo. Anche i consumi sono migliorati in agosto e peggiorati in ottobre.
Che cosa dovrebbe fare il governo di fronte a questa situazione?
Il governo deve fare un patto con i cittadini garantendo loro che qualunque cosa accada non aumenterà più le tasse, anzi che appena potrà le abbasserà nuovamente. Questo sembrava essere inizialmente l’impegno del governo Letta, ma è stato derogato prima per quanto riguarda l’Iva e poi con la Service Tax che di fatto è una retromarcia rispetto all’Imu. Piuttosto che togliere un’imposta e poi metterne una più alta, è meglio lasciare quella che c’era. Il messaggio che si aspettavano i cittadini era completamente diverso.
Qual è invece il messaggio contenuto in questa legge di stabilità?
L’idea che passa è che il governo, se crede che sia utile, può anche aumentare le tasse ai cittadini. Se le cose stanno così, allora scordiamoci di uscire dalla crisi. Mi auguro che il Pil del terzo trimestre sia lievemente positivo, ma nella migliore delle ipotesi mi aspetto che sia pari a 0. E il motivo è che non vedo segni di cambiamento di rotta.
Non c’è quantomeno un effetto simbolico legato a una riduzione sia pur minima del cuneo fiscale?
Ci sarebbe se non ci fosse un aggravio di altre imposte. Il cittadino italiano non ha la percezione di guadagnarci dall’abbassamento del cuneo fiscale, tenuto conto dell’imposta Iva al 21% e della Service Tax. Capisco quindi che una riduzione possa avere un effetto simbolico, ma non lo si può fare quando contemporaneamente si lascia che altre imposte aumentino.
Il governo è ancora in tempo per cambiare idea sull’Iva?
È inutile fare cose pasticciate. Molto meglio ritornare sui propri passi riducendo l’imposta sui consumi. Quando questi ultimi ripartiranno si avrà più gettito, perché aumenterà la base imponibile, e quindi ci si potrà dedicare al cuneo fiscale. Ha però poco senso partire dal cuneo fiscale, perché le imprese con un minor cuneo fiscale avrebbero un lievissimo miglioramento di conto economico, ma sostanzialmente sul fronte dell’assunzione di persone nuove, cioè della propensione ad aumentare il personale, ciò non produrrà alcun effetto.
(Pietro Vernizzi)