Mamma mia! In 2 anni sono stati oltre 118 i miliardi di euro sottratti dalle tasche dei pensionati e finiti nelle casse dello Stato. La denuncia è dello Spi-Cgil che aggiorna il calcolo con le maggiorazioni intervenute sulle tasse nazionali e locali, sul drenaggio fiscale e con il blocco della rivalutazione annuale delle pensioni. Di questi 101,6 miliardi sono arrivati direttamente dall’Irpef nazionale; 3,82 miliardi dalle addizionali regionali e 1,19 miliardi da quelle comunali, dice ancora il sindacato dei pensionati della Cgil, che calcola come “per il solo drenaggio fiscale i pensionati hanno pagato 3,6 miliardi di euro”.
Pressappoco la stessa cosa accade con il lavoro. Lo dice LabItalia: ex interinali, finti autonomi, contratti a “zero ore” o “mini-job” con orario molto ridotto. Sono solo alcune delle molteplici forme di lavoro “atipico” (solo in Italia se ne contano dalle 19 alle 46, a seconda di chi esegue il calcolo) diffuse in Europa. Un “esercito” di lavoratori che con la crisi sono diventati sempre più precari: 9 milioni, stando ai dati Eurostat, coloro che hanno un contratto di durata inferiore a 6 mesi, di cui l’80% ha meno di 40 anni. A lanciare l’allarme è l’Inca, il patronato della Cgil che ha promosso con altri partner sindacali europei (Cgil per l’Italia, Ces per l’Europa, Tuc per il Regno Unito, Fgtb per il Belgio, Dgb per la Germania, Ccoo per la Spagna) il progetto “Accessor” (acronimo di Atypical Contracts and Crossborder European Social Security Obligations and Rigths).
È il caso di continuare o basta così? E già, da questi numeri all’essere costretti a fare spending rewiev, per questi poveri cristi, il passo è breve e risoluto, per tentare di salvare il salvabile di quel che resta del portafoglio. Quando questo accade, accade pure che chi deve produrre nuove merci ci pensi su due volte prima di farlo. Lo grida la caduta del 25% della produzione industriale dall’inizio della crisi. Già, pure qui spending rewiev!
E non finisce qua: se non si guadagna abbastanza, se si riducono i profitti, si riduce il prelievo fiscale diretto; se si spende meno, si riduce quello indiretto. Beh, se si riducono le entrate fiscali vengono a mancare le risorse per finanziare il welfare e pure qui tocca fare spendig rewiev.
Orbene, se la crescita si fa con la spesa e i soggetti economici che debbono farla non possono o non vogliono, questa cacchio di crescita come si farà a farla? Proviamo a dare risposta all’arcano dilemma: seppur in mezzo alla crisi questa spesa genera redditi per 1500 miliardi di euro. Concorre a generare tale ammontare per il 60% la spesa dei consumatori, per il 38% la spesa congiunta dello Stato, quella delle imprese per gli investimenti, quella per rifocillare la scorte; quel che resta tocca alla differenza tra importazioni ed esportazioni.
Bene, queste risorse di reddito debbono essere riallocate per remunerare, con quella stessa percentuale, quelli che con la spesa hanno generato quel reddito che serve a fare nuova spesa.