«Il piano del commissario Cottarelli va nella strada giusta in quanto non si basa sull’emergenza del momento, ma su interventi mirati nel lungo periodo che arrivano fino al 2017. L’Italia intera si assuma la responsabilità di sostenere questo processo di snellimento indispensabile per il nostro Paese». Lo afferma Gilberto Muraro, ex rettore dell’Università di Padova dove attualmente svolge il ruolo di professore emerito di Scienza delle finanze. Il nuovo commissario straordinario per la spending review, Carlo Cottarelli, è al lavoro da cinque giorni, e nei suoi piani c’è una ricognizione delle società controllate che non emettono titoli, Rai inclusa, e processi di mobilità del personale della Pubblica amministrazione. In tutto si conta di risparmiare 12 miliardi di euro entro il 2017, e il prossimo 13 novembre il commissario dovrà presentare le linee di intervento del suo comitato.
Ritiene che Cottarelli sia partito con il piede giusto?
Sono due le cose che apprezzo particolarmente di questa iniziativa: il fatto che i tagli riguarderanno anche la selva delle società controllate che erano rimaste fuori dalle prime analisi, nonché la scelta di presentare un piano che arriverà fino al 2017, liberandosi finalmente dall’ossessione dei risultati immediati in termini di risparmi.
Perché ritiene che i risultati non potranno arrivare subito?
La spending review comporta una previsione delle strutture e delle procedure della pubblica amministrazione. Si tratta cioè di operazioni di ingegneria istituzionale che richiedono tempo per portare risparmi consistenti. Ci si arriva con il tempo, ma se si segue la strada giusta si possono ottenere dei successi significativi. La filosofia con cui Cottarelli inizia il suo lavoro è quindi quella giusta, e ciò rappresenta una bella novità in quanto finora sotto la spending review si erano nascosti dei tagli lineari che sappiamo quanto siano ingannevoli se non addirittura dannosi.
Come valuta la possibilità di processi di mobilità del personale da parte della Pubblica amministrazione?
Mobilità è un termine vasto che può indicare processi molto diversi tra loro. Non significa che i dipendenti pubblici saranno licenziati. In termini quantitativi si tratta essenzialmente di trasferimenti da uffici con un eccesso di personale ad altri relativamente più carenti. Se c’è una concentrazione di tribunali, uffici e prefetture in una determinata area, il personale va spostato. Ovviamente quest’ultimo farà resistenza, ma si tratta di resistenze che bisogna superare in quanto non sono più lussi che possiamo permetterci.
Che cosa ne pensa dell’obiettivo di risparmiare 12 miliardi di euro entro il 2017?
Finalmente sento una cifra credibile. In passato si era parlato di obiettivi troppo ambiziosi, soprattutto perché erano a scadenza ravvicinata. Dal momento che nel pubblico impiego non c’è licenziamento in massa, e poiché la spesa pubblica è rappresentata in buona parte dai costi del personale, è chiaro che non posso avere risparmi immediati. Eppure quando si è pressati dalle scadenze si fanno promesse mirabolanti. Valuto come indizi favorevoli il piano al 2017, risparmi sostanziosi ma non al di là delle possibilità e processi di mobilità del personale, con riferimento anche alle società collegate alla pubblica amministrazione in senso lato.
Ritiene che vadano effettuati anche accorpamenti tra Province e Comuni?
Senz’altro. Da questo punto di vista bisogna rispettare le autonomie costituzionalmente protette, ma ritengo possibile avviare processi che coinvolgano anche Regioni e Comuni. Non si tratta di un diktat che possa essere emesso dal commissario Cottarelli, ma è indubbiamente una strada importantissima per il nostro Paese.
Che senso ha fare un piano fino al 2017, quando non si sa ancora se il governo Letta durerà oltre al 2015?
Parlare di qua al 2017 significa attuare un’operazione strategica pluriennale che deve essere decisa da tutto il Paese. Se anche quindi dovesse cambiare il governo dopo il 2015, il nuovo consiglio dei ministri avrà il dovere morale di portare avanti la spending review. Da un punto di vista politico, non potremo attuare trasformazioni strutturali senza scelte strategiche che partano da un patto politico in grado di unire tutte le forze.
(Pietro Vernizzi)