«Era inevitabile che l’ingresso di Poste Italiane in Alitalia spingesse Air France a non partecipare al salvataggio. L’orgoglio italiano e la volontà di mantenere un controllo “nazionale” sulla compagnia aerea allontanano di fatto l’unico partner credibile». Lo afferma Oscar Giannino, giornalista economico, a proposito dei rumors secondo cui Air France non parteciperà all’aumento di capitale della compagnia italiana. Altre voci dicono che intanto è in preparazione un nuovo piano industriale (che potrebbe essere discusso nel cda di oggi) con 250 milioni di risparmi, che include anche interventi sui dipendenti con tagli che riguarderebbero 4mila persone.
A che cosa potrebbe essere dovuta una eventuale “uscita” di Air France?
Sarebbe una conseguenza inintenzionale, ma che il governo avrebbe dovuto mettere in conto. L’entrata a gamba tesa di Poste Italiane di fatto allontana i francesi, che già avevano segnalato ai soci italiani negli ultimi mesi una profonda insoddisfazione.
Da che cosa nasceva questa insoddisfazione?
Dall’evidente mancanza di volontà dei soci italiani di realizzare una capitalizzazione adeguata per una società che ha un patrimonio negativo. Non dimentichiamoci che Air France è già in sofferenza dichiarata, fondata sullo stato delle perdite e del conto patrimoniale.
Perché l’ingresso di Poste Italiane sarebbe così “inviso” ad Air France?
Perché è percepito dai francesi come un intervento pubblico che passa sopra le loro teste. Oltretutto Air France ha una grande autonomia manageriale, di gran lunga maggiore di quanto possa sembrare vista dall’Italia. Davo quindi per scontato fin dall’inizio che l’ingresso di Poste Italiane avrebbe avuto come effetto la scelta dei francesi di non partecipare all’aumento di capitale. A maggior ragione dopo che le due banche italiane, Intesa Sanpaolo e Unicredit, hanno affermato: “Le nostre linee di credito da 100 milioni non datele per assodate come se fosse capitale su cui potete contare”.
Che cosa ci dobbiamo aspettare a questo punto?
La conseguenza, purtroppo negativa, sarà che lo Stato resterà da solo con il cerino in mano. Allo stato dei fatti, tranne i pochissimi soci residui che partecipano all’aumento come Immsi e Atlantia, per il resto sono solo le finanze pubbliche a reggere ancora le sorti di Alitalia. Lo ritengo un grave errore, in quanto lo Stato tenta di compiere un mestiere che non è il suo, quello cioè di avere un’idea dell’evoluzione dei mercati europei e mondiali, illudendosi di poter compiere le scelte migliori. L’empasse sarà totale e il governo dovrà rifletterci molto approfonditamente.
Che cosa ne pensa del piano di Del Torchio?
A Del Torchio posso esprimere la mia solidarietà, perché si trova a lavorare in condizioni improbe. A questo punto è costretto a prodursi in esercizi di tagli lineari che non prefigurano un orizzonte credibile per la compagnia. L’operazione consiste di fatto nel commisurare i sovraccosti e nel ridurli per consentire di andare avanti con il nuovo capitale. Non è però né una linea strategica, né una linea di medio periodo. L’unico effetto del nuovo piano è quello di fare capire ancora una volta ad Air France che non vogliamo che prenda il controllo, ma adesso è lo Stato che si trova nei guai.
Quale può essere a questo punto la via d’uscita?
Il problema è che noi ci dobbiamo muovere in un orizzonte nel quale la scelta del partner comunitario è prioritaria per come funziona il mercato aereo europeo. È soltanto un’illusione pensare che un vettore extraeuropeo possa sostituire Air France a parità di condizioni. Magari qualcuno pensa che Etihad sarebbe persino più accondiscendente in quanto l’Italia non vuole che uno straniero comandi definitivamente nella compagnia aerea nazionale. Si sbaglia però di grosso.
Perché?
Perché il mercato europeo ha delle barriere nei confronti dei soggetti extracomunitari. Da questo punto di vista l’orizzonte della scelta dei partner europei di grandi dimensioni è assolutamente ristretta, in quanto Lufthansa non è interessata. Bisognerà quindi tentare di fare un ragionamento più realistico con Air France, in quanto quello compiuto finora non lo è affatto.
(Pietro Vernizzi)