Alitalia balla da sola. La situazione per la compagnia di bandiera è ogni giorno più complicata. Le perdite di oltre 1,1 miliardi di euro dalla rinascita del “Piano Fenice” a oggi hanno fatto esplodere il debito a oltre 2,1 miliardi di euro. A fine anno il debito potrebbe sfondare quota 2,5 miliardi, nonostante il prestito di 200 milioni di euro delle banche nell’ambito del “salvataggio Alitalia”. Ma è questo un salvataggio della compagnia di bandiera?



Effettivamente no, perché anche se arrivassero tutti i 300 milioni di euro di aumento di capitale, e la posizione di Air France sembra alquanto in dubbio, il vettore italiano non avrebbe i mezzi finanziari per potere sviluppare la propria strategia. In questo momento Air France ha il coltello dalla parte del manico e aspetta che la compagnia italiana finisca in amministrazione controllata. Dall’altra parte, il Governo con alcuni azionisti italiani vorrebbero salvare il vettore con i soldi pubblici.



Tuttavia Poste Italiane non interviene gratis. Paolo Sarmi, l’amministratore delegato del gruppo pubblico controllato da ministero dell’Economia e Cassa depostiti e prestiti, vuole qualcosa in cambio di questo appoggio finanziario e la fragilità del Governo non gioca a suo favore. Quindi per la delibera di aumento di capitale di Poste Italiane bisogna aspettare e non è detto che questa avvenga. L’intervento del cavaliere bianco intercontinentale sembra improbabile, anche perché questi fantomatici soci dovrebbero mettere dei soldi senza avere il controllo e con la sicurezza di perdere centinaia di milioni di euro nel prossimo triennio. Chi lo farebbe mai?



Air France era il partner naturale, anche nell’ambito dell’alleanza Skyteam. Ricordiamo che uscire da tale alleanza, dove i voli sono in code-sharing e vi sono forti integrazioni, costerebbe ad Alitalia circa 200 milioni di euro.

Ora le soluzioni sono poche, anche perché se l’amministratore delegato di Alitalia, Gabriele Del Torchio facesse un piano di risparmi di 250 milioni di euro, l’azienda difficilmente vedrebbe l’attivo nel prossimo biennio. Il problema di Alitalia non sono i costi, che sono più bassi dei vettori tradizionali quali Air France e Lufthansa: i guai vengono dal lato dei ricavi.

Troppo focalizzata sul corto e medio raggio, con una flotta totalmente errata per via del Piano Fenice incentrato su questi segmenti, il vettore avrebbe bisogno di 4 miliardi in tre anni per potere avere una strategia che non sia quella di sopravvivenza, ma di sviluppo.

Uno sviluppo incentrato sul lungo raggio, laddove i margini sono maggiori e i ricavi molto più alti. Uno sviluppo che l’aumento di capitale di 300 milioni di euro non rende possibile e che il debito a oltre 2,1 miliardi di euro rende totalmente non credibile. Adieu Alitalia?