Ha un bel dire Alitalia a voler rilanciare il proprio business mentre il suo principale azionista le ha risposto picche; la sottoscrizione dell’aumento di capitale che proroga la sopravvivenza della compagnia è stata disertata da Air France che, tuttavia, esprime soddisfazione per l’orientamento assunto tramite il nuovo piano industriale: tagli a iosa, 1000 dipendenti lasciati a casa e altrettanti messi in cassa integrazione. Tutto ciò, a fronte dell’idea di abbandonare parte delle rotte a medio raggio per affermarsi su quelle internazionali. Il piano lascia intravedere qualche falla. Nel frattempo, Giovanni Bazoli, presidente di Intesa San Paolo (azionista di Cai) afferma che “se Air France si ritira, si apre una gara che può essere interessante perché ci sono sicuramente delle compagnie aeree, europee o non europee, che possono essere molto interessate ad Alitalia”. Abbiamo fatto il punto sulla situazione con Oliviero Baccelli, docente di Economia dei trasporti presso l’Università Bocconi di Milano.



Cosa ne pensa del piano di rilancio dell’azienda?

Per aumentare i ricavi, l’unica leva strategia su cui può puntare una compagnia consiste nel lancio di nuove rotte; impresa assai difficoltosa nel breve periodo. Si dà il caso che per lanciare una sola nuova rotta di medio raggio occorra almeno un anno, per il lungo raggio due. Si tratta di un arco di tempo in cui si effettuano studi preparativi, operazioni di marketing, sottoscrizioni di contratti con gli aeroporti, definizione degli accordi relativi alla gestione dello spazio aereo, messa in campo di strategia commerciali con i partner e via dicendo. Ecco, in una logica emergenziale, una strategia di rilancio dei ricavi è praticamente impossibile.



Per fare tutto questo, servono capitali e investimenti. Ma la compagnia sta tagliando .

È evidente. Un’azienda che perde un milione di euro al giorno non è in grado di permettersi alcun investimento. Attualmente, l’obiettivo primario resta il taglio dei costi. Tanto più che un’ampia riorganizzazione non può prescindere dal supporto di una compagnia forte e ben strutturata. Ma Air France, come è noto, si è defilata.

Secondo lei, qual è la strategia della compagnia francese? Vuole comprare Alitalia a un tozzo di pane?

Il valore di Alitalia è sul serio vicino allo zero. Air France, dal canto suo, ha anch’essa degli ingenti problemi di bilancio e, da tempo, ha messo in atto una ristrutturazione particolarmente vigorosa. Dato che il 9% dell’azionariato è in mano ai dipendenti, ciò significa che costoro stanno soffrendo particolari sacrifici; sia in quanto dipendenti che in quanto azionisti. Air France, prima di compiere qualunque passo, pretende da Alitalia almeno gli stessi sforzi e la stessa buona volontà.



L’ipotesi di acquisizione, in ogni caso, non è ancora del tutto esclusa.

No, perché Alitalia e Air France hanno siglato una serie di accordi nell’ambito dell’alleanza Sky Team e un’altra serie di sottoaccordi che vincolano una compagnia all’altra per ancora diversi anni. La comunanza negli aspetti gestionali e commerciali non viene meno.

 

Bazoli spera realmente in un’acquirente internazionale?

Non è un mistero che alcune compagnie siano realmente intenzionate a entrare in Alitalia. Il loro ingresso non rappresenterebbe di certo uno stravolgimento, dal punto di vista organizzativo; si pensi alla russa Aeroflot, che fa già parte dell’alleanza SkyTeam. Altra ipotesi in ballo da tempo è un intervento di Etihad, compagnia degli Emirati Arabi che vuole sbaragliare la concorrenza nel Golfo rafforzando le proprie partnership con altri operatori internazionali. Quel che, in ogni caso, è certo è che se parliamo di partner extraeuropei dobbiamo tenere a mente che non potranno mai essere altro che azionisti di minoranza. In caso contrario, infatti, come prevedono le normative comunitarie, Alitalia perderebbe la qualifica di vettore europeo e la possibilità di operare a pieno regime all’interno del’Ue.

 

Perché se Alitalia non può fare altro che gestire l’immediato, vende l’operazione come se fosse realmente una grande opera di rilancio?

Mica si tratta di una compagnia normale; ha sempre avuto una sovraesposizione mediatica sproporzionata all’ampiezza del proprio business reale (i personaggi famosi viaggiano Alitalia; alcuni tra i più importanti imprenditori italiani sono suoi azionisti). Ora, evidentemente, è nelle secche, e il fatto che il suo unico vero partner industriale continua a non sottoscrivere l’aumento di capitale, a livello di immagine rappresenta un colpo durissimo. Dovendo, quindi, mettersi alla ricerca di altri soci (sia che Air France resti, sia che lasci) non può fare altro che coltivare la propria l’immagine definendo rilancio il semplice tentativo di far quadrare i conti.  

 

(Paolo Nessi)