«Alitalia può avere un futuro solo se diventa la “filiale italiana” di Air France. Occorre quindi fare ai francesi un’offerta conveniente, prevedendo che siano questi ultimi a scrivere il piano industriale della compagnia». È la proposta di Marco Ponti, professore di Economia applicata al Politecnico di Milano ed esperto di trasporti. «L’intervento di Poste Italiane si configura in modo chiaro come un aiuto di Stato – aggiunge il docente – e ogni euro pubblico investito in Alitalia è un euro sottratto alle pensioni e all’istruzione».
Professor Ponti, è possibile immaginare una situazione “stand alone” per Alitalia?
Nella cosiddetta situazione “stand alone” finirebbero per pagare i contribuenti italiani. Mi sembra la più indifendibile e sciagurata delle scelte possibili. I soldi destinati ad Alitalia sono sottratti ad altri usi sociali come le pensioni, l’istruzione e la sanità.
Se quindi gli unici alleati possibili sono i francesi, bisogna cercare di convincerli stando alle loro condizioni?
Non vedo alternative. Air France è un’impresa industriale come Alitalia. In una situazione capovolta, anche noi faremmo la stessa cosa dei francesi: cercare di comprare alle migliori condizioni possibili. Mi sembra un comportamento industriale del tutto normale, soprattutto tenuto conto del fatto che Air France ha già delle difficoltà in casa propria.
Quali vantaggi vanno garantiti ad Air France?
Pretendere che Air France sottoscriva un aumento di capitale alla cieca, cioè senza vedere un piano industriale credibile, mi sembra del tutto irragionevole. Se poi dovesse addirittura diventare socio di maggioranza, è il compratore a dover scrivere il piano industriale e non il venditore. Se si deve vendere ad Air France, è ovvio che sia quest’ultima a determinare le condizioni.
Dopo essere stata rifiutata nel 2008, è davvero possibile che Air France accetti di accollarsi il peso di Alitalia?
Accollarsi no, infatti. Comprare Alitalia a condizioni che siano sia pure vagamente interessanti invece sì. Alitalia può integrarsi nel modo migliore all’interno del disegno industriale di una grande compagnia come Air France, in quanto ne diventerebbe la filiale italiana. Perché ciò avvenga occorre però che i francesi ne traggano qualche vantaggio strategico e finanziario. Ciò non vuol dire necessariamente ridimensionare Alitalia limitandola ai soli voli nazionali, ma stabilire una forte interrelazione tra i voli intercontinentali e la domanda dei passeggeri.
Potrebbero esserci altre compagnie interessate e a quali condizioni?
Per sposarsi bisogna essere in due e Alitalia è un partner non appetibile. Etihad ha già detto che guarda all’India e non all’Europa, e comunque non potrebbe acquisire la maggioranza di Alitalia. Se diventasse di proprietà araba, la compagnia perderebbe di colpo tutti i vantaggi dovuti al fatto di inserirsi nel contesto dell’Ue. Lo stesso varrebbe nell’ipotesi di un acquisto da parte di Aeroflot.
Intanto dopo British Airways, anche Lufthansa ha protestato per l’intervento di Poste Italiane …
È un dato di fatto che l’aumento di capitale pari a 75 milioni di euro da parte di Poste Italiane sia un aiuto di Stato. Su questo nessun commentatore ha ragionevoli dubbi, in quanto non si tratta di una scelta autonoma di un soggetto industriale indipendente.
Il governo italiano dovrebbe trattare Alitalia come un’impresa alla pari di tutte le altre?
In effetti è così. C’è una normativa europea in proposito che proibisce gli aiuti di Stato. L’Ue prevede la possibilità di interventi pubblici, ma con regole molto strette. Trovo imbarazzante voler far credere all’Europa che l’intervento di Poste Italiane, una società al 100% pubblica, sia una libera scelta industriale.
(Pietro Vernizzi)