Una recente ricerca coordinata dal prof. Giovanni Valotti della Bocconi e proposta durante un incontro promosso dall’ODCEC ha riportato alcuni dati illuminanti sulla valutazione delle organizzazioni della Pa in Italia e sulla comunicazione all’esterno dei dati sensibili e dei risultati in un’ottica di trasparenza e di rapporto con il cittadino. Questi dati inducono a delle considerazioni più ampie su come viene pensata e organizzata l’attività nella Pa e sulla cultura del cittadino e dei media nell’osservarla.



Senza entrare nei dettagli della ricerca, e cercando di semplificare i risultati per motivi “editoriali”, appare evidente come, rispetto a quasi tutti i paesi occidentali con un’amministrazione pubblica sviluppata, in Italia, è largamente insufficiente la capacità di esplicitare e misurare i risultati di gestione “ordinaria” degli enti, mentre è probabilmente superiore alla media la trasparenza e la comunicazione all’esterno di aspetti “burocratici e istituzionali” come le normative attuate, gli stipendi e i curricula dei dipendenti e altre informazioni di carattere formale spesso poco significative e di scarsa comprensibilità.



Manca invece del tutto o quasi la possibilità per il cittadino di valutare le scelte fatte dall’amministrazione nel gestire i fondi a disposizione e nel comprendere qual è lo stato di raggiungimento dei programmi annunciati, anche confrontandoli con i risultati delle amministrazioni vicine o comparabili.

Questi aspetti, che la ricerca mostra essere quelli di maggior interesse per il cittadino, non vengono quasi mai esplicitati, forse anche per un’intima consapevolezza dell’amministrazione di non riuscire a fare quelle scelte strategiche, rimanendo bloccati nell’esecuzione e interpretazione di norme sempre più complesse e contraddittorie o nell’incapacità della politica locale di focalizzarsi sulla propria mission collettiva e concordare delle visioni di ampio respiro sul futuro degli enti.



Anche la cultura generale e i media sembrano inoltre concentrarsi esclusivamente sul rispetto formale delle norme e si focalizzano sui – a essere onesti molti – casi di illegalità e di utilizzo scorretto del denaro pubblico. Fatta salva però una più intensa capacità delle forze dell’ordine di occuparsi di questi casi, sembra mancare invece la capacità e l’autonomia di fare scelte strategiche nella gestione delle risorse finanziarie, economiche e del personale, e di conseguenza non può apparire all’esterno, con chiarezza, il risultato delle scelte fatte.

In un certo senso è come se l’attenzione pubblica e la comunicazione istituzionale e dei mass media si focalizzasse esclusivamente sulla gestione straordinaria degli enti – crisi, fallimenti e illegalità – mentre fatica a emergere un ragionamento sulla gestione ordinaria, ben più importante e impattante sulla vita del cittadino. Aldilà dei molti, ma non certo maggioritari casi di illegalità e di vera e propria criminalità che popolano alcune istituzioni pubbliche, risultano molto più importanti i meccanismi ordinari della spesa storica, dell’organizzazione interna degli enti, della struttura istituzionale dello Stato e dei meccanismi di governance politica.

Il passo successivo per una Pa moderna sarebbe quindi quello di sganciarsi da questa visione formalistica ed emergenziale per riprendere una maggiore autonomia nella gestione ordinaria per poi comunicare all’esterno in modo chiaro, accessibile e semplice le scelte fatte e il grado di raggiungimento degli obiettivi. Il legislatore e la politica dovrebbero quindi procedere nella direzione di dare più autonomia di gestione (non di spesa scollegata alla tassazione…) agli enti con però dei meccanismi chiari di premialità per gli quelli migliori. Se non imbocchiamo questa “strada” sarà difficile uscire da quel circolo vizioso che porta una sempre maggiore proliferazione normativa per scoraggiare la “devianza” che a sua volta rende difficile la gestione ordinaria e la misurazione degli obiettivi.

Allo stesso tempo un’autonomia nell’incarico, gestione e mobilità di dirigenti e personale generico, in strutture organizzative che inghiottono il 60/70% dei propri costi in spese per il personale, è fondamentale per poter costruire un sistema di obiettivi e di valutazione che consenta di raggiungere i risultati richiesti. Questo a maggior ragione in un’industria dei servizi come è in gran parte la Pa.