Micheal O’Leary, l’amministratore delegato di Ryanair, è il più bravo a farsi pubblicità gratuitamente. Martedì, al momento del lancio della nuova base della compagnia low cost a Roma Fiumicino, ha trovato il modo di far parlare del vettore irlandese senza spendere soldi. Ha infatti proposto ad Alitalia di fornirle il voli a corto-medio raggio nella struttura di network hub and spoke. Trattasi di quella tipologia di organizzazione delle compagnie tradizionali, in cui si servono diversi punti secondari della rete – gli spoke (come potrebbero essere Trieste o Lamezia Terme) – collegandoli all’hub principale, nel caso di Alitalia Roma Fiumicino. Da questo hub poi ripartono i voli a lungo raggio. Le compagnie low cost invece hanno di solito una struttura point to point, vale a dire collegano due punti, secondari o principali della rete, ad esempio Lamezia Terme con Pisa.



Le compagnie tradizionali come Alitalia hanno sofferto nell’ultimo decennio la forte concorrenza delle low cost proprio nel corto e medio raggio e le tratte dallo spoke verso l’hub sono ormai cronicamente in perdita. I vettori tradizionali guadagnano invece molto sui voli a lungo raggio ed è per questo motivo che insieme a Ugo Arrigo avevamo previsto il fallimento del “Piano Fenice” di Alitalia, troppo incentrato sul corto e medio raggio.



L’idea di O’Leary in sé non è un’assurdità, perché la collaborazione tra vettori low cost e quelli tradizionali, al fine di fornire voli a corto raggio per riempire a quelli lungo raggio, potrebbe essere uno sviluppo di business del prossimo decennio. In parte si sta andando in questa direzione. Iberia e British Airways hanno acquisito Vueling dopo avere creato la “low cost” Iberia Express. In Germania, Lufthansa ha la sussidiaria low cost in GermanWings. Alitalia ci aveva provato con AirOne, ma il vettore incluso nel gruppo italiano cercava di andare direttamente in concorrenza con le low cost, principalmente Easyjet. Andare a combattere sul punto a punto con un colosso come Easyjet, che trasporta 60 milioni di passeggeri l’anno, rispetto ai 25 milioni di tutta Alitalia, significava andare verso una “morte certa”. Così è stato, perché secondo fonti ben informate le perdite di AirOne in quattro anni sono state vicine al mezzo miliardo di euro.



Alitalia ha rifiutato la proposta di Ryanair, ma questo a mio parere non dovrebbe chiudere tutte le porte di collaborazione che potrebbero aprirsi con altri operatori. L’arrivo di Vueling e quello di Ryanair, dopo la forte presenza di Easyjet sullo scalo di Roma Fiumicino, aggraveranno la posizione di Alitalia, che rischia di andare incontro a un veloce fallimento, anche dopo la ricapitalizzazione.

Oltretutto la famiglia Benetton, dopo le dichiarazioni di lunedì su Affari e Finanza di Repubblica in cui si afferma che Alitalia, anche se l’aumento di capitale andasse in porto, tra sei mesi avrebbe bisogno ancora di risorse, ha mostrato di avere perso le speranze nel vettore italiano. Si ricorda che il gruppo veneto ha partecipazioni indirette nella compagnia aerea e al tempo stesso è azionista di riferimento con Gemina dello scalo di Roma Fiumicino.

L’apertura di Fiumicino importante verso nuovi operatori nell’ultima settimana (prima Vueling e poi Ryanair) e le dichiarazioni sono un cambio strategico importante che mostrano la disillusione verso la compagnia di bandiera da parte di uno dei gruppi più importanti del Paese. Ormai, anche gli azionisti più forti sembrano avere perso la speranza in Alitalia e O’Leary questo lo sa bene, e se ne fa beffa.