Una cancellazione con l’inghippo: l’Imu sulla prima casa, ufficialmente, non esiste più. Tuttavia, il governo ha stabilito che i Comuni che hanno aumentato l’aliquota base (0,4%, maggiorabile fino allo 0,6%) dovranno farsi carico di metà di tale aumento. Lo Stato, infatti, coprirà solamente l’altra metà. Si dà il caso, tuttavia, che i comuni che avevano optato per l’aumento dell’aliquota standard siano oltre 600. Chi gli dà i soldi mancanti? Con ogni eventualità, li dovranno chiedere ai cittadini. Anche Attilio Fontana, sindaco di Varese e presidente dell’Anci Lombardia, in queste ore sta cercando di far quadrare il bilancio della sua città, squilibrato dalle decisioni all’ultimo minuto del governo.
Sindaco, cosa sta succedendo?
Guardi, lo scherzo del governo ci sta costando tre milioni di euro. Stiamo cercando di capire come venirne a capo. È vergognoso, in particolare, che abbiamo ricevuto i dati sul fondo di solidarietà comunale (che stabiliva l’erogazione di quanto spettava ai Comuni in relazione al mancato introito dell’Imu) solo il 28 di ottobre, che siamo arrivati al 28 novembre senza aver avuto la possibilità di approvare i bilanci preventivi e, sempre il 28 novembre, abbiamo scoperto che ci pagheranno solamente metà degli aumenti della rata dell’Imu.
Quindi?
Faccio presente che se hanno riconosciuto ai Comuni la legittimità dell’erogazione di metà degli aumenti dell’Imu, è evidente che anche gli aumenti stessi erano legittimi. Ma, se tali maggiorazioni erano legittime, allora dovrebbero rifondarci l’intero introito mancante. Vorrei ricordare che, a fronte dell’abolizione dell’Imu sulla prima casa, lo Stato si era solennemente impegnato ai versare ai Comuni l’equivalente del mancato gettito. Un gettito che era stato inserito dai Comuni nella programmazione economica di inizio anno.
L’altra metà chi ce la mette?
Abbiamo fatto le nostre previsioni di bilancio sulla base di dati che il governo ci ha fornito nel corso dell’anno, ma che sono stati stravolti a fine ottobre. L’unica cosa che i comuni possono fare, a due mesi dalla fine dell’anno, è aumentare le tasse ai cittadini. I servizi, infatti, si possono tagliare solamente a inizio anno.
Che tasse?
Anzitutto l’Irpef, laddove è prevista l’addizionale. E, paradossalmente, l’Imu.
Come sarebbe a dire l’Imu?
Già. Pare che un provvedimento che sta per essere licenziato dal governo consentirà di far pagare la tassa che non esiste più, limitatamente alla differenza mancante.
Se è vero quello che dice, l’Imu non è stata abolita.
Esatto. Si tratta di un vero e proprio inganno nei confronti dei cittadini. L’Imu,in realtà, non è stata abolita.
Cosa cambierà, invece, con la Iuc?
Cosa vuole che le dica: Tìmeo Dànaos et dona ferentis (“Temo i Danai anche quanto portano doni ndr”). In tal caso, parafrasando Virgilio, dovrei forse dire: Tìmeo Cialtrones et dona ferentis. Insomma, il fatto stesso che il governo abbia invitato i comuni a stare tranquilli, manifestando un atteggiamento di apertura. mi incute un certo timore. Mi attendo la fregatura dietro l’angolo.
Nel merito, cosa la lascia perplesso?
Attendiamo con ansia le proiezioni. Quel che è certo, è che già hanno fatto sapere che la Iuc dovrà essere integrata con altre risorse. Significa, quindi, che non è in grado, di per sé, di coprire interamente le necessità per le quali viene introdotta. Dagli studi che abbiamo effettuato, in ogni caso, risulta che per avvicinarsi il più possibile al soddisfacimento del fabbisogno, dovremo aumentare le aliquote ai massimi livelli.
Quale sarebbe la soluzione tutto ciò?
Il governo dovrebbe comportarsi finalmente in maniera seria. Coprendo, cioè, interamente la seconda rata dell’Imu, come ci era stato promesso. E non ci vengano a dire che mancano le risorse: poco meno di un mese fa il governo ha trovato, dall’oggi al domani, 400 milioni di euro per il comune di Roma, da destinare alla copertura dei buchi di bilancio. Non ci vengano a dire che non erano in grado di trovare 500 milioni per tutti i comuni d’Italia.
(Paolo Nessi)