Le Province sono al capolinea? Questa è la versione del ministro degli Affari Regionali, Graziano Delrio, che tramite il “suo” decreto prevede uno svuotamento delle competenze di questo livello di Governo. Al contempo è previsto che venga eliminata l’elezione diretta degli organi politici, che verrebbero sostituiti da figure di scelta comunale. Una riforma che rischia, come quella “Monti”, di scontrarsi contro la barriera dell’anti-costituzionalità. Una riforma che deve prevedere in tempi rapidi (per quello che è possibile visto il doppio voto di Camera e Senato richiesto dalla Costituzione), la modifica del Titolo quinto, quello nel quale si è introdotto pochi anni fa la figura delle città metropolitane che dovrebbero assumere un ruolo sempre più rilevante.
Le città metropolitane, scelte senza un criterio economico, perché vi sono delle aree molto meno importanti di altre, dovrebbero acquisire maggiore rilevanza e si spera non comportino un aggravio di costo. L’eliminazione delle Province rimane necessario con una redistribuzione delle funzioni. Chi dice che questo può provocare un aumento di costo per l’adeguamento degli stipendi al livello regionale ha ragione. Tuttavia, non si capisce perché in tempo di crisi per le famiglie e le imprese italiane bisogna pensare a un aumento dei salari pubblici e non un livellamento di quelli regionali su quelli provinciali.
Molte funzioni delle Province, inoltre, potrebbero essere svolte dal settore privato. Già accade in alcuni settori, quale il mercato del lavoro. Tuttavia rimangono circa 10 mila persone che lavorano per i centri dell’impiego. Tale funzione pubblica, svolta egregiamente anche da agenzie private, costa al bilancio delle Province oltre 700 milioni di euro l’anno e ha un tasso medio di reimpiego pari al 3,7% dei disoccupati. Un valore così basso che indica che grazie a ogni impiegato dei centri per l’impiego, solamente otto persone l’anno trovano lavoro. Un risultato estremamente carente per una funzione che potrebbe essere svolta senza problema dal settore privato.
Le spese provinciali si sono ristrette negli ultimi anni, a causa dei vincoli di bilancio statali sempre più stretti e alla conseguente riduzione dei trasferimenti di oltre il 15% negli ultimi quattro anni. Le spese per il personale sono state ridotte del 3,4%, mentre quelle per investimenti in opere si sono dimezzate, con una caduta di quasi il 50% tra il 2008 e il 2011.
Questi dati indicano che mentre le spese per il personale sono sostanzialmente stabili, le Province hanno bloccato gli investimenti. Questo risultato è stato ottenuto con un aggravio per le tasche dei contribuenti, che hanno visto aumentare la pressione fiscale provinciale di oltre il 12% nello stesso periodo. Le Province hanno aumentato le tasse quando era possibile e, nonostante questo, a causa della riduzione dei trasferimenti, si sono dimezzati gli investimenti per il mantenimento, ad esempio, delle scuole secondarie.
È ora di andare decisi nella direzione indicata dal Ministro Delrio, pensando al contempo di dare al mercato alcune funzioni, in modo da raggiungere i 2 miliardi di euro di risparmi all’anno.