«Facendo pagare l’Imu sulla prima casa al 6,8% dei contribuenti più ricchi è possibile liberare 1,2 miliardi di euro, da utilizzare per mettere in atto un taglio del cuneo fiscale più incisivo. In questo modo incentiverebbe la crescita permettendo alla nostra economia di ripartire». Lo afferma il senatore del Partito Democratico, Mauro Marino, presidente della commissione Finanze di Palazzo Madama. In queste ore il Senato sta riesaminando la legge di stabilità, e i principali partiti stanno pensando di modificarla per quanto riguarda il cuneo fiscale, le imposte sulla casa e gli investimenti per la crescita. Per chi ha un reddito inferiore ai 30mila euro dovrebbero arrivare 200 euro in più in busta paga.
Senatore Marino, in che modo ritiene che vada migliorata l’attuale legge di stabilità?
Decidere di diminuire la platea dei beneficiari dell’abolizione dell’Imu sulla prima casa crea un elemento di positività. Lasciamo più soldi in tasca a un numero minore di persone sapendo che in questo modo aiuteremo quel meccanismo di crescita che è necessario in questo momento per il Paese, incrementando la domanda interna. Cercare di dare tutto a tutti non porta quegli effetti benefici che si auspicherebbero e di cui c’è assolutamente bisogno. Una modifica dell’Imu in questo senso è un elemento positivo, che permette di compiere un salto di qualità a questa legge di stabilità. Lo stesso presidente Letta ha dichiarato che in questo settore c’è un ampio margine di manovra da parte del Parlamento, il quale ora lo sta prendendo in seria considerazione.
C’è anche il rischio opposto, e cioè che le modifiche alla manovra finiscano per peggiorarla?
Sì. Bisogna fare molta attenzione agli aspetti legati alle cosiddette “clausole di salvaguardia” contenute nell’articolo 17 della legge di stabilità. In queste ultime si prevede che qualora non siano reperiti i fondi necessari e sufficienti rispetto agli obiettivi che sono stati messi nella legge di stabilità ci sarà una diminuzione della percentuale di detrazione prima dal 19% al 18% e poi dal 18% al 17%. Ciò concretizzerebbe la fattispecie dei tagli lineari, che è quanto di più iniquo ci possa essere. Bisogna invece agire nella logica della discrezionalità, che è propria del politico, comportandosi di conseguenza.
I tagli lineari al contrario finiscono per scontentare tutti. Lei come modificherebbe nello specifico cuneo fiscale e Imu?
La commissione Finanze del Senato ha condotto un’immagine conoscitiva relativa alla tassa sulla casa, da cui è emerso che aumentando le detrazioni è possibile esentare il 93,8% dei contribuenti dal pagamento dell’Imu sull’abitazione principale. Il 6,8% dei contribuenti più ricchi pagherebbero invece 1,2 miliardi di euro. Quest’ultima somma potrebbe servire per il taglio del cuneo fiscale o sul versante di maggiori incentivi alle imprese, oppure ancora meglio per diminuire il costo del lavoro e lasciare più soldi in tasca ai lavoratori. Noi siamo chiamati a operare delle scelte proprie del politico per decidere come riallocare le poche risorse a disposizione. Il primo obiettivo è comunque quello di incentivare la crescita e il secondo è quello di diminuire la spesa.
Davvero facendo pagare l’Imu alle famiglie più ricche si posso liberare risorse sufficienti per il cuneo fiscale?
Assolutamente non sono risorse sufficienti, in quanto per tagliare il cuneo fiscale in modo sostanzioso occorrerebbero 15 miliardi di euro che in questo momento non sono disponibili. Ma 1,2 miliardi di euro da investire e liberare per i lavoratori più deboli può essere un incentivo ulteriore. Se ci rivolgiamo a una platea pari a 20 milioni di lavoratori, il risultato è che con le risorse a disposizione finiamo per dare 14 euro al mese ciascuno. Mettendo un po’ più di risorse e diminuendo la platea è possibile riuscire a compiere un’azione leggermente più incisiva.
(Pietro Vernizzi)