Ripartire da una spending review seria è una delle priorità irrinunciabili per far crescere il Paese. Parlare di spending review però può essere fuorviante, perché spesso si utilizza questo termine come un sinonimo di taglio della spesa pubblica, mentre l’intervento di un commissario governativo è quanto mai necessario per migliorare la qualità della spesa e non solo per diminuirne la quantità. Tenere presente quest’argomento è fondamentale per orientare le scelte conseguenti. Se, infatti, la visione quantitativa ha condotto spesso a tagli orizzontali che deprimono il merito e i risultati di chi ha già percorso sentieri di efficienza, la visione qualitativa deve porsi l’obiettivo di risolvere le tante iniquità, inefficienze, clientelismi e opacità che popolano la Pa.



Non è quindi sufficiente imporre misure di austerity e cercare di “affamare la bestia”, ma è necessario entrare nel merito di ogni singola azienda o amministrazione per stabilire dove i diritti acquisiti sono delle rendite di posizione e dove si perpetrano situazioni di spreco e di uso clientelare del denaro pubblico. Giusto sarebbe quindi utilizzare i “costi standard” come criterio, in quanto misura realistica di efficienza della Pa, e di coinvolgere i responsabili dei ministeri per identificare i problemi dei vari dicasteri.



Ancora meglio sarebbe andare a rivedere radicalmente la struttura di produzione, erogazione e controllo dei servizi pubblici. Sarebbe anche necessario iniziare a costruire dei benchmarking delle piante organiche, delle performance dei costi di organico e fornitori e delle scelte di esternalizzazione tra realtà omogenee, sensibilizzando inoltre le amministrazioni a rendere visibili al cittadino le scelte finanziarie e di gestione utilizzate e non solo dati formali e normativi. Bene, per ultimo, le iniziative sul territorio della buona politica che razionalizza società, consigli di amministrazione e ambiti territoriali. Temo però che queste misure, sebbene garantiscano un miglior risultato economico, non siano sufficienti per garantire qualità dei servizi, equità generale, generazionale e meritocrazia.



La crisi più profonda nella Pa non sta, infatti, solo nei bilanci e nei costi, ma nella qualità con cui il personale è stato organizzato, selezionato e gestito. Non si tratta semplicemente di analizzare i costi e provare a ridurli, ma di capire come questi costi si sono prodotti e come modificare strutture che hanno grandi problemi di qualità, significato e organizzazione, ancora prima che di quantità. Anni di abbondanza hanno comportato enormi problemi “quantitativi”, ma nel prossimo futuro avremo bisogno innanzitutto di maggiore qualità per poter fare “di più con meno”.

Non possiamo certo nascondere che in questo modo emergeranno una miriade di prassi scorrette, originate da almeno trent’anni di gestione clientelare e sprecona, da un’ottica burocratica/formalistica, da vent’anni di blocco del turnover che hanno comportato un forte invecchiamento dei dipendenti della Pa e un depauperamento del loro valore professionale e delle loro competenze.

Vogliamo credere che l’attuale pianta organica una volta tagliata e razionalizzata contenga competenze e professionalità adatte al terzo millennio? Vogliamo pensare che con un po’ di formazione si creino i presupposti di un management di qualità? Questo approccio che propongo di “management review” è decisivo e importante sia che si propenda per un’amministrazione pubblica centralizzata, sia per una più “federalista” e vicina al territorio. La realtà è che, sebbene più traumatica a livello sociale, una vera spending review passa dalla sostituzione di molti quadri e dirigenti con personale più preparato.

Chi ha titoli non meritati dovrebbe lasciare il posto, per esempio, ai tanti giovani che aspettano che qualcuno seriamente voglia togliere il nostro Paese dal torpore che lo avvolge. Sul territorio le persone si conoscono e le storie possono essere ricostruite, sull’attuale pace sociale costruita con collusioni, inganni, omertà e favoritismi non si può costruire un giusto futuro. Una vera spending review non può che partire in questo modo.