«Su riforma del lavoro e privatizzazioni Renzi dimostra di avere una concezione superata. Nella campagna per le primarie si è fatto passare come l’emblema del nuovo, ma in economia il sindaco rottamatore è un giovane-vecchio». Lo afferma il professor Francesco Forte, economista ed ex ministro delle Finanze, a proposito del programma di Renzi. Il neo segretario del Pd ha dichiarato: “Il tema è se fai le privatizzazioni bene o no, non è l’idea privatizzo o no. Se aumentano posti lavoro ti fa capire se hai fatto bene. Questo è il tema”. Per il professor Forte, «quella di Renzi è un’impostazione assurda», che emerge anche quando il segretario del Pd afferma che “non dobbiamo ascoltare i diktat dei sindacati”. «Il vero problema – sottolinea Forte – non è zittire la legittima manifestazione di volontà dei rappresentanti dei lavoratori, ma smettere di concepirli come la cinghia di trasmissione burocratica di decisioni prese a livello nazionale».
Che cosa ne pensa dell’idea di Renzi, secondo cui le privatizzazioni dovrebbero servire per aumentare l’occupazione?
È un’idea che non condivido, in quanto le privatizzazioni vanno realizzate con l’obiettivo di creare sviluppo. Una delle ragioni della resistenza storica alle privatizzazioni è che appena se ne discute i lavoratori si sentono minacciati perché sanno che il loro posto di lavoro non sarà più garantito come prima e che saranno richiesti orari di lavoro più scomodi. L’ultimo caso a documentarlo è stato lo sciopero dei lavoratori dell’azienda dei trasporti pubblici a Genova.
E quindi?
Quindi la vera questione delle privatizzazioni non è direttamente di tipo occupazionale. Sarebbe una follia immaginare, come sembra fare Renzi, che l’occupazione si possa creare attraverso imprese come Alitalia e Ferrovie dello Stato. Queste ultime al contrario quasi sempre hanno un eccesso di dipendenti e quindi non sono abbastanza efficienti. Quella di Renzi è insomma un’impostazione assurda.
Vuole dire che le privatizzazioni sono inutili?
Non dico questo, anche perché generando crescita tecnologica e infrastrutturale si crea indirettamente più lavoro e si potenzia la capacità di operare a livello internazionale da parte di queste imprese. Ne sono un esempio le privatizzazioni delle ferrovie tedesche e francesi e delle poste di Berlino che oggi operano anche al di fuori dei confini nazionali. Tra le possibili conseguenze positive della scelta di andare sul mercato c’è anche il fatto di riuscire ad avere un approccio più eclettico. Per esempio, un’azienda ferroviaria può scegliere di entrare anche nei trasporti aerei.
Per quanto riguarda la riforma del lavoro, fino a che punto Renzi si lascerà indietro le vecchie ricette della sinistra?
Finora Renzi non ha mai parlato di flessibilità sul lavoro, quantomeno non in modo sistematico. L’unica cosa che ha detto è stato che “non dobbiamo ascoltare i diktat dei sindacati”. Anche in questo caso la sua impostazione si rivela sbagliata, in quanto i diktat non sono arrivati da tutti i sindacati, bensì da una parte e in particolare dall’intesa nazionale Confindustria-sindacati. Per attuare una vera riforma del lavoro occorre scavalcare gli organismi nazionali e attuare una politica ispirata al criterio di sussidiarietà e decentramento.
Attraverso quali modalità concrete?
Ciascuna impresa deve avere il diritto di attuare le sue scelte per quanto riguarda i contratti di lavoro. I sindacati non devono essere un organo burocratico nazionale che agisce come una cinghia di trasmissione. Negli Stati Uniti, per esempio, non esiste un sindacato nazionale come in Italia, ma le principali città hanno il loro sindacato autonomo. Il fatto che non si sia ancora reso conto del fatto che è questa la direzione verso cui occorre andare, fa di Renzi un giovane con teorie vecchie, anzi un “giovane-vecchio”.
Renzi riuscirà a spezzare l’asse che tradizionalmente lega sinistra e Cgil?
No, almeno a giudicare da quanto ha dichiarato finora. Anche perché per rendersi realmente autonomo rispetto alla Cgil, Renzi dovrebbe sapere che cosa fare in concreto e non pretendere che i sindacati rinuncino a una legittima manifestazione di volontà. Le tre questioni fondamentali sono i contratti aziendali, la flessibilità e il ritorno alla legge Biagi. Renzi finora non ha minimamente affrontato nessuno di questi temi, e ciò è preoccupante.
(Pietro Vernizzi)