Da un lato, nessuna nazione europea vuole e/o ha il consenso interno per cedere ulteriore sovranità a una confederazione, cioè a un’Europa politica. Per inciso, è strano che tale fatto evidentissimo sia oscurato nei linguaggi politici italiani. Dall’altro, nessun Stato vuole sfasciare l’Europa già costruita in quanto a tutti è utile sia un mercato regionale integrato, sia la sua ulteriore integrazione con altri via accordi di libero scambio. In sintesi, si sta sviluppando una nuova formula europea post-europeista così sintetizzabile: meno di un’Unione, ma più di un’alleanza, aperta a integrazioni economiche esterne.
Nella settimana appena cominciata ci saranno due eventi cruciali per consolidare tale formula: (a) il 19 dicembre, un eurosummit dove, tra altri temi, verrà trattato o rinviato quello delicatissimo degli accordi speciali tra Ue e singole nazioni (Contractual Arrangements) per rendere loro possibile restare nell’euro; (b) da ieri fino al 20 dicembre il terzo round, a Washington, dei negoziati per l’accordo di libero scambio tra Ue e America (TTIP), che se si concluderà bene darà il via a una sequenza di perfezionamenti che dovrebbe portare alla conclusione dell’accordo stesso entro la fine del 2014.
Il punto cruciale del primo riguarda il fatto che una moneta unica implica o una politica economica altrettanto unica, per bilanciare gli effetti dell’applicazione della stessa moneta a economie diverse, oppure una simmetria di situazione tra le nazioni partecipanti che renda inutile tale funzione di bilanciamento. L’abbandono dell’Unione per una forma di alleanza tra nazioni impedisce la prima opzione e rende possibile solo la seconda.
L’idea sviluppata a Bruxelles nei mesi scorsi, con poca pubblicità, è quella di fare accordi speciali bilaterali tra Ue e singole nazioni per metterle in ordine e renderle convergenti e simmetriche in relazione agli standard dell’Eurozona. L’Italia sarà pressata per accettare un accordo del genere: se implicherà più austerità sarà inaccettabile, se, invece, si tratterà di una formula mista dove più flessibilità per la crescita permetterà di finanziare l’equilibrio dei conti pubblici, allora sarà accettabile. La speranza è che il governo italiano ottenga la seconda opzione o un rinvio.
Ma perfino più importante è il successo del TTIP. Le simulazioni ipotizzano un aumento del Pil di almeno l’1% all’anno, che è tantissimo, nei due continenti già all’avvio di un mercato unico euroamericano. Altri studi mostrano un maggior vantaggio per l’Italia e la Germania in quanto potenze esportatrici. Speriamo che la svolta europea verso il realismo pragmatico venga confermata.