«La Francia subisce più di Italia e Germania le conseguenze negative del cambio alto dell’euro in quanto non è un Paese importatore. È inevitabile che la recessione in corso a Parigi abbia dei riflessi anche da noi, ma adottando una riforma del lavoro sul modello tedesco possiamo limitare i danni e venirne fuori». Sono le parole di Francesco Forte, economista ed ex ministro delle Finanze, dopo che la stima flash del Purchasing Managers’ Index ha attribuito alla Francia l’indice 47. Un dato ben al di sotto della soglia dei 50 punti, che segna il confine tra crescita e contrazione. In un’intervista rilasciata domenica, il governatore della Bce, Mario Draghi, ha dichiarato: “Abbiamo già fatto ricorso a una parte degli strumenti a nostra disposizione nell’ambito della nostra politica di compromesso, proprio quando alcuni ci accusavano di correre rischi insensati e di mettere in pericolo la stabilità dei prezzi”.
Professor Forte, come si spiega la nuova ondata recessiva che sta attraversando la Francia?
Al contrario di Germania e Italia, due paesi per i quali il cambio alto crea problemi più limitati in quanto dipendono molto dalle importazioni per la domanda interna, per la Francia l’euro forte è una fonte di grandi difficoltà. La produzione industriale transalpina è tutta basata sul prodotto interno e poco sulle importazioni. La Francia ha un’autonomia energetica e agricola, due settori nei quali è anche esportatrice. Il cambio alto sta quindi indebolendo la competitività della Francia in modo molto pesante. Parigi non ha fatto una riforma del mercato del lavoro nella direzione della flessibilità, e questo le crea un peggioramento della sua situazione. La stessa Italia non ha introdotto una riforma del mercato del lavoro, eppure ai primi segnali di crescita sta raccogliendo un venticello positivo di ripresa. E il motivo è che l’Italia è anche un Paese importatore, e non solo esportatore, e quindi bilancia le due cose.
Intende dire che la recessione in Francia non avrà conseguenze per l’Italia?
Niente affatto. L’andamento negativo della Francia complica le cose anche per l’Italia, e ancora di più per paesi che con la Francia hanno rapporti economici particolarmente stretti come la Spagna e il Belgio. Andiamo verso un rallentamento dell’economia europea, che è molto pericoloso perché è innescato da un fenomeno che purtroppo i tedeschi non riescono a capire. Il cambio dell’euro riflette un duplice fatto: da un lato una diversificazione rispetto al dollaro nell’acquisto di riserve, dall’altro un afflusso di capitali ancora artificioso. Il cambio non riflette cioè la parte corrente della bilancia dei pagamenti. La mancanza di un’unione bancaria impedisce di investire nella parte dell’Europa dove il denaro costa troppo, e ciò determina una stagnazione che fa sì che si rischi di ricadere nella recessione. La cattiva performance economica della Francia è quindi pessima anche per l’Italia.
Come ritiene che debba rispondere il premier Letta?
Il premier Letta dovrebbe capire che l’Italia ha una fortuna rispetto alla Francia: se introduciamo una riforma del mercato del lavoro copiando la Germania, possiamo uscire dalle secche della crisi grazie al commercio estero. Il governo di centrosinistra di Parigi ben difficilmente accetterà però di riformare il lavoro.
A che cosa si riferisce Draghi quando dice di essere stato accusato di avere corso dei “rischi insensati”?
Quella di Draghi è chiaramente una presa di posizione polemica nei confronti della Germania. Il cambio alto e la deflazione in Europa hanno determinato una situazione tale per cui le politiche espansive della Bce sono state tempestive ma non sufficientemente imponenti. La promessa di un intervento da parte di Draghi è credibile solo nell’eventualità in cui la situazione per un Paese membro dovesse precipitare, mentre non lo è finché lo scenario che avremo di fronte sarà quello di un lento ma inesorabile scivolamento dell’Eurozona verso la recessione. I tedeschi però hanno una posizione avversa nei confronti di tutto ciò che fa Draghi, e ciò implica che l’unione monetaria europea sia arrivata a una situazione veramente difficile, in quanto non l’ama né capisce più nessuno.
(Pietro Vernizzi)