E così, mentre Etihad sta formalizzando la sua offerta per entrare in Alitalia, com’era ampiamente previsto, quasi contemporaneamente altre notizie importanti affollano quella che sta diventando una telenovela da far impallidire Hollywood. In primis, la poltrona di Gabriele Del Torchio, l’attuale Amministratore delegato, pare sia pronta per l’ennesimo cambio della guardia, tanto per non smentire il valzer di amministratori che dalle dimissioni di Cempella, 1998, ha “ritmato” la vita dell’ex compagnia di bandiera. La prossima entrata sarebbe quella di Giuseppe Giordo, attualmente Ad di Alenia, manager con profondissime conoscenze negli Emirati Arabi, guarda caso, Abu Dhabi in particolare. E pure l’attuale Presidente Colaninno, artefice della “patriottica” operazione del 2008, che già ha annunciato le dimissioni, verrà sostituito, pare, dall’attuale manager delle Poste, Massimo Sarmi. Poste che, ricordiamo, entrano a far parte di Alitalia con un capitale di 75 milioni di Euro. Ma la vera bomba è stata la notizia che la Corte dei Conti ha, in prima istanza, condannato gli ex Ad di Alitalia Mengozzi, Zanichelli e Cimoli, oltre a vari manager succedutisi tra il 2001 e il 2006, a risarcire i danni causati dal loro operato con una cifra superiore ai 2 miliardi di euro!
Questa sentenza fa seguito alle conclusioni apparse nella relazione dell’Amministratore straordinario Fantozzi, che ha gestito il fallimento della Compagnia fino a due anni fa, rimpiazzato (tanto per non smentire le tradizioni) da tre attuali Direttori. Ora, anche se si dovranno attendere altri gradi di giudizio e gli ex Ad hanno tempo 60 giorni per presentare le loro giustificazioni, la domanda che viene spontanea è a cosa sono serviti i cinque e più anni di campagna di stampa contro i lavoratori di Alitalia, messi alla gogna mediatica con l’accusa di essere dei “privilegiati” dell’aria e quindi additati come grandi protagonisti del fallimento della compagnia aerea.
Quando le cifre dimostravano il contrario, solo in pochi ebbero il coraggio di pubblicarle: ma anche qui la musica non è cambiata e difatti ai 10.000 licenziamenti seguiti alla “privatizzazione” del 2008 da parte di Cai, cui si è aggiunto un ulteriore abbassamento del costo lavoro, ecco che il nuovo piano per far fronte ai macroscopici errori di 5 anni del fallimentare progetto “Fenice” prevede ulteriori sacrifici, ottenuti mediante decurtazioni salariali e ricorso alla solidarietà, da parte dei dipendenti, per un valore di 180 milioni di euro, cifra ben superiore all’attuale valore dell’azienda. Cosa davvero surreale, almeno in un Paese che si definisce civile, dove chi ha specifiche responsabilità alla fine se ne va oltretutto con laute buone uscite, altra tradizione che pare continuare.
A contorno di questo panorama kafkiano una notizia che, presa singolarmente, pare un sogno di mezza estate, ma che in un contesto del genere diventa straordinariamente neorealista: un gruppo di ex dipendenti Alitalia ha lanciato, attraverso un social network, un’iniziativa che poi, a causa del grande numero di aderenti, si è evoluta proprio dalla denominazione di “Dream Alitalia” ad “Alitalia siamo noi – Gente con le ali”.
Il progetto mira a ottenere la governance di Alitalia attraverso una raccolta di fondi che punta ad arrivare fin dove la raccolta delle quote lo permetterà. Ma più in là della cifra che si dovesse raccogliere è importante notare come l’importanza dell’iniziativa stia nella piena disponibilità sia di ex che di attuali dipendenti (l’iniziativa è dedicata a tutti) che detengono un fattore importantissimo, in gran parte depauperato dal 2008 in poi: l’esperienza e la conoscenza profonda del settore. Difatti hanno aderito a questa iniziativa le componenti più svariate che hanno contraddistinto gli oltre sessant’anni di storia dell’ex compagnia di bandiera, anni nei quali la professionalità di questa “gente con le ali” era riconosciuta da tutti: si arriverà a breve alla presentazione al Governo di un piano industriale che è attualmente allo studio.
Un bel segnale, quindi, pieno di quel romanticismo o se preferite “senso di appartenenza” che potrebbe essere considerato come un cardine essenziale alla ripresa di Alitalia, magari attraverso una valutazione dei sacrifici che permettano una diretta partecipazione dei lavoratori alla vita dell’azienda, in un settore, quello del trasporto aereo, dove l’alta tecnologia e il know-how sono valori insostituibili.
L’augurio è che, più in la della lotteria che circonda la futura proprietà, essa, qualunque sia, possa avere il buon senso di cogliere al volo (è il caso di dirlo!) un’opportunità dl genere. E che la stessa possa essere applicata in altre realtà industriali di un Paese che ha sempre avuto la sua forza nel “capitale” (non “materiale”) umano.