La ricchezza, generata dalla crescita economica, remunera il lavoro occorso per far crescere l’economia. Crescita, insomma, per il tornaconto di tutti. Non è, però, tutt’oro quel che luccica. L’impronta ecologica che la crescita lascia si mostra grande come il mondo; al fare responsabile solo un misero resto. Per chi lavora nella produzione, con il reddito ancorato all’aumento della produttività, più si cresce più torna il conto del reddito; salva la responsabilità del pater familias.



Per l’amministratore delegato, che organizza al meglio i fattori produttivi, più crescita, più bonus e tanta responsabilità verso gli amministratori deleganti. Questi, che dalla crescita ottengono utili, responsabilmente li distribuiscono agli azionisti che responsabilmente, per dirla con Friedman, incassano il profitto. 



Per le imprese del commercio, su per giù lo stesso refrain: quella crescita produttiva occorre venderla, a tutti i costi, per incassare. Agli uomini di marketing il compito di produrre domanda che smaltisce l’offerta, offerta dalla crescita; quelli della pubblicità fanno in modo che quella crescita incontri acquirenti, dia i suoi frutti: tutti insieme fanno questo responsabilmente, incassando laute parcelle.

Per l’industria finanziaria finanziare la crescita, fornire credito per produrre e per consumare, incassando per il tornaconto dei prestatori; sotto stress al test della responsabilità. Per i politici quando la crescita si fa ricchezza va distribuita, questo il loro mestiere. Guadagnano consenso e potere; raccattano fragili maggioranze elettorali che vanno coccolate, sacrificando forse l’interesse e la responsabilità generale.



Per i consumatori ruolo ingrato: non guadagnano, spendono più di quant’hanno, acquistano più di quanto devono; smaltiscono a “più non posso”, inquinano. Responsabilità: pah! Insomma, facendo la somma, tornaconti dispari; la responsabilità poi: ognuno per sé, Dio per tutti. 

Il giocattolo della crescita mostra gli anni, gli interpreti invece gli affanni: ruoli opachi, business abborracciati, meccanismi grippati, risorse sprecate, valore bruciato; margini ridotti, crediti inattingibili, debito per tutti; l’ambiente puzzolente, degradato, ecc.

Tra tanta insufficienza, sembra scorgersi una chance. Là dove quelli che della vita spesa a fare la spesa fanno lavoro, che con quella spesa generano la crescita – clienti di quel tutto reso merce, poi consumato, poi smaltito; quel tutto che sta dappertutto e lascia tracce indelebili – si ha l’opportunità e la convenienza a fare meglio. Meglio per tutti. Sì. Fare, oltre la pratica dilettante e torna il tornaconto nell’acquistare: al mercato gestire una domanda ecosostenibile e pro-redditizia, il no-packaging per esempio; condizionare il prezzo e la qualità dell’offerta; poi fare offerta, mettendo a profitto le risorse immateriali ed ecocompatibili dei consumatori, per rifocillare il reddito. 

Torna utile e fa utili governare i processi di crescita che tengono in ordine quel mercato che abita tutto: l’ambiente appunto, la Terra. Quella terra sulla quale poter camminare lasciando tracce delebili. Possibile coniugare crescita, tornaconto e responsabilità.