E la Bce? Non è forse diventata il fulcro dell’intero sistema Europa, politico ed economico, grazie a questa crisi? Unione bancaria, supervisione unica, regolamenti per i fallimenti e le nazionalizzazioni di istituti, tassi d’interesse, operazioni di finanziamento e rifinanziamento: quale Stato può andare contro la Bce? Nessuno e l’Italia ne sa qualcosa. Chi ha creato, infatti, se non l’Eurotower, il cordone ombelicale debito sovrano-sistema bancario, con la liquidità offerta a costo zero alle banche affinché con quei soldi comprassero titoli di Stato dei paesi in crisi, abbassando artificialmente lo spread?
Quell’incesto oggi è sotto gli occhi di tutti, solo le banche italiane hanno 450 miliardi di debito pubblico nei bilanci, quelle greche hanno ricomprato il 99% del debito ellenico detenuto da soggetti esteri, spalancando le porte al fallimento del Paese senza conseguenze, quelle spagnole pure, quelle portoghesi anche: i governi di questi paesi possono forse fare qualcosa al riguardo? No, devono sottostare alle regole della Bce, la quale può uccidere o lasciare in vita un governo come una banca con una semplice decisione sui tassi, visto che non esiste più alcuna leva di sovranità per le nazioni.
La Bce di Trichet era così forte? No, lo sta diventando sempre più e sempre più in fretta quella di Mario Draghi, uomo Goldman Sachs. Eccesso dietrologico? Forse, ma rileggete le parole di Carroll Quigley, datate 1966 e provate a pensare se tutto quanto può essere stata soltanto un’enorme coincidenza? Anche questa crisi è stata solo frutto di banchieri d’affari avidi, regolatori miopi e agenzie di rating idiote oppure si è sfruttata l’occasione per un duplice effetto? Ovvero, far purgare un sistema ormai marcio tra derivati e altre porcherie e contestualmente preparare il campo per l’ascesa della Fed e delle altre banche centrali a nuovi riferimenti politici. Perché chi ha visto nascere, partire questa crisi, è stato solennemente spernacchiato o circondato dall’indifferenza?
Non erano in pochi ad averla predetta, eppure il 15 settembre 2008 qualcuno ha deciso che la crisi doveva prendere un’altra piega e un’altra velocità: chi ha deciso di far morire Lehman Brothers, salvando tutti gli altri? Perché AIG salvata, Freddie e Fannie salvate, Bear Stearns salvata e Lehman Brothers no, con le conseguenze che il mondo ha pagato? La Fed di Ben Bernanke di concerto con Henry Paulson, ex Segretario al Tesoro Usa. Il giorno successivo al fallimento, il Financial Times scrisse che «lasciar crollare Lehman è stato coraggioso. Potrebbe anche essere stato intelligente»: lo riscriverebbe oggi?
Quasi certamente sì, perché quel fallimento era strumentale a un’unica cosa: tramutare la Fed nel motore immobile del sistema economico-politico-finanziario Usa e mondiale. Il primo settembre 2010, Dick Fuld, ex capo di Lehman Brothers, tuonò di fronte alla Financial Crisis Inquiry Commission: «Paulson ha fornito dati compromessi agli altri istituti di credito quando c’era bisogno di aiutarci, non avevamo problemi di liquidità». Il riferimento di Fuld è noto: nella notte del 14 settembre 2008, quindi il giorno prima della bancarotta, ci fu un meeting fra Paulson e i vertici delle principali banche di Wall Street. Erano presenti anche il presidente della Fed di New York Timothy Geithner, il numero uno di Bank of America, Kenneth Lewis, e il capo della Sec, Christopher Cox. Lo scopo era uno solo: verificare le possibilità di un sostegno finanziario per Lehman Brothers. Servivano circa 100 miliardi di dollari, almeno secondo i dati in mano al Tesoro. Tuttavia, ci fu il veto completo di Paulson e Merrill Lynch. Gli altri non mossero un dito e Lehman fallì. Ma nella stessa settimana della bancarotta di Lehman Brothers sono state salvate American International Group e Merrill Lynch, mentre fu concesso a Goldman Sachs e Morgan Stanley di diventare holding bancarie:, perché, invece, a Lehman Brothers fu impedito di cambiare statuto?
Soltanto Lehman Brothers utilizzava i Repo (Repurchase agreement, cioè un contratto pronto contro termine) per ottenere liquidità a breve termine, esternalizzando le perdite, che nel frattempo per Lehman avevano superato l’intero valore delle attività della banca? No, ma la differenza è che affondando Lehman Brothers si affondava un simbolo e si rimetteva Wall Street, così come il Congresso, nelle mani della Fed, inviando anche uno scossone globale agli altri sistemi finanziari esposti verso l’ex gigante, mentre il fallimento di AIG avrebbe riguardato quasi esclusivamente l’America – per non parlare di Freddie e Fannie – e avrebbe richiesto un intervento che all’epoca non era ancora digeribile dalle masse statunitensi, dalla politica in senso lato e dai mercati. Ma poi i tempi cambiano, il primo presidente di colore e democratico arriva alla Casa Bianca, promettendo di far pagare il conto della crisi a Wall Street e invece facilitandola con ogni mossa e lasciando campo sempre più libero allo strapotere della Fed.
Tutte coincidenze, ovviamente. Come il fatto che fu l’alfiere della globalizzazione, Bill Clinton, a creare le condizioni della crisi subprime con la sua politica di mutui a cani e porci con garanzie zero, obbligando le banche a cartolarizzare come non ci fosse un domani per proteggersi e far pagare il conto dei fallimenti ai cittadini che compravano qualsiasi cartaccia gli venisse proposta come investimento. Solo coincidenze. Ancora tanti auguri, Fed. E a voi, buon Natale.
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