Tutto il nostro malessere è colpa dell’euro? O i problemi dell’Italia hanno radici più profonde? Per sopravvivere è arrivato il momento di abbandonare la moneta unica? Cosa non ha funzionato? Bastava una politica monetaria di altro tipo? Oggi sono in molti a scagliarsi contro l’euro, ma c’è stato anche chi, in momenti non sospetti, metteva in guardia da facili entusiasmi. Con questa intervista a Giuseppe Di Taranto, ordinario di Storia dell’Economia e dell’Impresa alla Luiss – Guido Carli, iniziamo un lungo viaggio nell’euro che pubblicheremo a puntate, per ripercorrere le tappe principali. «Dire, come io sostengo, che buona parte dei mali dell’Italia deriva dalla moneta unica non significa necessariamente un ritorno alla lira. Dobbiamo restare nell’euro, cambiando però le regole».
Professore, tutto il nostro malessere è colpa dell’euro o ha altre radici?
Di problemi, probabilmente ce ne sarebbero comunque. Certamente l’euro non ci ha dato una mano a risolverli. Anzi, a mio avviso, ha fatto sì che si aggravassero e non poco. Vorrei ricordare una cosa che mi pare molto esemplificativa.
Prego.
Su 12 paesi che il 7 febbraio 1992 sottoscrissero il trattato di Maastricht – i cui parametri come tutti sappiamo sono il famoso rapporto deficit/Pil al 3% e quello del debito/Pil al 60% – 7 erano fuori da quei parametri. Questa è la base su cui abbiamo costruito la moneta unica europea.
Cosa non ha funzionato?
I risultati sono sotto gli occhi di tutti. In realtà, il trattato di Maastricht fu voluto dalla Germania e dalla Francia per ragioni specifiche.
Possiamo ricordarle brevemente?
La Francia non voleva più un marco così forte mentre la Germania usciva dalla fase dell’unificazione. Alla fine entrambe hanno ottenuto grandi vantaggi.
Quali vantaggi?
Prendiamo la Germania. Ha avuto molti fondi in deroga alle regole europee proprio grazie alla Ue. Non dimentichiamoci che nel 2002-2003 le prime nazioni che sforarono la regola del 3% furono proprio la Germania e la Francia. Quello che è grave, e possiamo dirlo soprattutto adesso che l’Italia è uscita dalla procedura per deficit eccessivo – il famoso 3% che adesso stiamo rispettando -, è che non solo quelle nazioni non furono sottoposte a procedure di infrazione per deficit eccessivo, ma addirittura si cambiò il patto di stabilità che da quel momento è diventato patto di stabilità “e di crescita”. Questo dimostra che il trattato di Maastricht era sostanzialmente in funzione di quelle due nazioni. Ma ci sono anche altri elementi che vorrei sottolineare.
Di cosa si tratta?
Nel ‘92 in molti paesi furono indetti referendum per decidere se entrare o meno a far parte dell’unione monetaria europea. E in quell’occasione molte nazioni non mostrarono grande entusiasmo.
Si ricorda quali erano quelle più “tiepide” nei confronti dell’euro?
In Svezia il trattato di Maastricht fu approvato con il 54% dei voti, in Francia con appena il 51%. In più.
In più?
Oltre alle nazioni che votarono “no”, come la Norvegia, ce ne furono altre che votarono “sì” ai referendum ma con delle deroghe proprio sulla moneta unica. Parlo di paesi importanti come Danimarca, Inghilterra, Svezia. Significa che tutto questo entusiasmo attorno alla moneta unica, come si vuol far credere, in realtà non c’era. Non dimentichiamo che proprio in Francia nel 2005 fu fatto un referendum per ratificare il trattato di Lisbona che ebbe esito negativo. Non solo in Francia, anche in Olanda. Rispetto al ‘92 c’era tuttavia una differenza
Quale differenza?
Nel ‘92 si votava su una scommessa. Nel 2005 invece quando si erano visti gli effetti non solo di Maastricht ma anche della moneta unica, due nazioni votarono no. Tant’è che il trattato di Lisbona non fu più approvato e si parlò di “mini” trattato. A questo punto è necessario un cambio delle regole dell’unione monetaria europea.
Sta dicendo che bastava una politica monetaria diversa per non trovarci nelle condizioni in cui siamo oggi?
Prima della moneta unica avevamo il Sistema monetario europeo, lo Sme, che alle nazioni che vi partecipavano permetteva di rivalutare o svalutare le singole monete entro una certa banda di oscillazione. Queste operazioni servivano sostanzialmente a riequilibrare i sistemi economici delle bilance dei pagamenti internazionali. Bisogna ammettere che quel sistema ha funzionato.
L’Italia ebbe tuttavia dei problemi nel ‘92.
È vero, fummo addirittura costretti a uscire momentaneamente dallo Sme. Ma perché era in atto una speculazione enorme ai danni della lira. Quel sistema in realtà dava ossigeno alle singole economie attraverso le svalutazioni competitive. A questo proposito ci sono due cose che vanno smentite categoricamente.
Qual è la prima?
Si dice sempre che la Germania non ricorreva alle svalutazioni: è falso. Mi spiego meglio. Prima della moneta unica la Germania ha sempre esportato molto, quindi il marco tendeva a rivalutarsi. Cosa faceva la Germania per evitare che il marco si rivalutasse eccessivamente?
Lo dica lei.
Ricorreva all’esportazione di capitali, così il marco scendeva di valore. C’è una controprova.
Quale controprova?
Senza l’euro, il valore del marco oggi sarebbe più alto del 40%. Significa che la Germania avrebbe sicuramente ridotto le sue esportazioni. Ma noi con le regole di Maastricht e con l’introduzione della moneta unica abbiamo fatto alla Germania un altro regalo, offrendole il monopolio economico dell’Europa.
Quale altro regalo?
Con la moneta unica le altre nazioni non possono più svalutare le loro monete, che non ci sono più. Questo spiega due cose quanto mai interessanti.
A cosa si riferisce?
Innanzitutto si prevede già che quest’anno la Germania passi dal 3° al 2° posto come esportatore mondiale; in Europa invece è al primo posto da anni. In secondo luogo, la Germania è sotto osservazione – si badi bene “sotto osservazione” non sotto procedura d’infrazione, che sono due cose ben diverse – da parte della Commissione di Bruxelles.
Per quale motivo?
Già da tre anni supera il 6% del valore delle esportazioni rispetto al Pil, cosa non consentita dalle attuali regole dell’Ue. Questo crea ovviamente una grande asimmetria.
(1- continua)