«Il regalo da 600 milioni di euro al Comune di Roma contenuto nel decreto Milleproroghe è un fatto inaccettabile e che contrasta con qualsiasi legge. Il messaggio che passa è che per chi gode di appoggi politici si possono trovare degli escamotage di contabilità pubblica, mentre chi non ce li ha finisce in default come è successo ad Alessandria». Lo rimarca Oscar Giannino, giornalista economico, dopo la scelta del governo di correre in aiuto di Roma Capitale. In pratica 600 milioni di euro saranno trasferiti dalla gestione del commissario straordinario Gianni Varazzani al bilancio del Campidoglio, in modo da togliere le castagne dal fuoco al sindaco Ignazio Marino.
Giannino, che cosa ne pensa del provvedimento Salva Roma contenuto nel decreto Milleproroghe?
Ne penso tutto il male possibile. Non capisco la discrezionalità su cui si basa il criterio nella contabilità pubblica nazionale rispetto alle condizioni delle amministrazioni locali esposte a rischio di default. Alessandria, per esempio, è in default dall’anno scorso, tanto che è costretta a vendere le partecipate e a tagliare le piante organiche. Per altre amministrazioni come il Comune di Roma ci si inventano invece degli altri strumenti di contabilità parallela.
Perché la definisce una “contabilità parallela”?
Nel 2008 Gianni Alemanno certifica i 12 miliardi di debiti pregressi. Non posso comprendere il ricorso al meccanismo di passare 600 milioni di euro al Campidoglio dalla gestione del commissario straordinario Gianni Varazzani, ora che è arrivato Ignazio Marino, sindaco di colore diverso che fa emergere deficit aggiuntivo rispetto a quello contabilizzato dalla giunta Alemanno. È un criterio discrezionale, che non fa arrivare un messaggio univoco ai sindaci con forti tensioni di bilancio. L’idea che trasmette è che chi gode di appoggi politici rilevanti potrà contare su escamotage di contabilità pubblica nazionale, come per esempio su gestioni commissariali parallele, mentre chi è privo di appoggi finisce in default. Lo ritengo un fatto inaccettabile e che contrasta con qualsiasi legge.
Passiamo all’ultimo studio della Cgia di Mestre, secondo cui nel 2013 per alcuni tipi di famiglie le tasse sono diminuite. Lei come valuta questi risultati?
Tra il 2011 e il 2012 la pressione fiscale è aumentata dal 42,5% al 44%. Non più tardi di sei settimane fa, la Cgia di Mestre prevedeva che il peso del Fisco nel 2013 sarebbe ulteriormente salito al 44,2-44,3%. Il totale delle entrate fiscali contributive rispetto al Pil nel 2013 nella realtà aumenta, come confermano anche i dati Eurostat e Ocse.
Ciò non è in contraddizione con i risultati dell’ultima ricerca della Cgia?
L‘ultimo studio della Cgia di Mestre si basa su tre simulazioni per quantificare gli effetti degli sgravi contributivi del governo. La stessa Cgia ammette che per il 2014 non è in grado di fare l’ipotesi nemmeno per quei tre casi, perché non sappiamo ancora bene come funzionerà il meccanismo delle detrazioni per le famiglie a reddito dipendente e per i carichi familiari.
Quindi lo studio della Cgia di Mestre è incompleto?
In realtà la Cgia correttamente sottolinea che l’effetto degli sgravi fiscali si concentra sui lavoratori dipendenti con i redditi più bassi. La riduzione del carico fiscale su lavoratori autonomi e pensionati nel 2013 è limitato e nel 2014 viene del tutto a mancare. Siamo quindi lontani da una riflessione organica sugli sgravi a chi ha meno reddito a prescindere dalla fonte. Ritengo che sia un grave errore prospettico distinguere tra lavoratori dipendenti da un lato e autonomi e pensionati dall’altra.
Per quali motivi?
Se si vuole identificare una politica sociale di sostegno alle vittime della crisi, dobbiamo smettere di pagare questo obolo a chi rappresenta il mondo del lavoro dipendente. Gli autonomi hanno visto contrarre il loro reddito in modo molto significativo, e i pensionati si trovano in una condizione tale da rappresentare una parte molto consistente dello zoccolo duro della povertà relativa italiana. Dobbiamo quindi fare attenzione a non prendere le cifre della Cgia di Mestre per quello che non vogliono dire, in quanto la stessa Cgia mette onestamente le mani avanti.
(Pietro Vernizzi)