La data dell’8 dicembre rischia davvero di passare alla storia. Alle ore 22 è iniziata la manifestazione indetta da comuni cittadini e che coinvolge i CRA (Comitati Riuniti Agricoli), i Forconi (autori di un’importante protesta nel gennaio dell’anno scorso), i Cobas-latte, i Cos.pa, A.I. Tras., Azione Rurale Veneto, LIFE (Liberi Imprenditori Federalisti Europei) e numerosissimi altri gruppi nati spontaneamente su internet e collegati tra loro attraverso i social media più diffusi.
Ma cosa chiedono in sostanza? Le dimissioni del governo, il ritorno alle elezioni, il ritorno alla sovranità monetaria. Ormai l’hanno capito tutti, in un modo o nell’altro, che la questione della sovranità monetaria è all’origine della crisi economica; tanto più l’ha capito chi ha vissuto i danni rovinosi di questa crisi sulla propria pelle: ex imprenditori falliti, o che hanno chiuso la loro impresa, disoccupati da una vita, nuovi disoccupati, gente senza una prospettiva di lavoro ma che non ha perso la speranza, finora. Perché chi ha perso la speranza è letteralmente chi ha trovato la disperazione, cioè si è tolto la vita.
Già nel gennaio del 2012 la protesta, iniziata da un movimento poi detto “Forconi”, aveva progressivamente infiammato la Sicilia, con una copertura mediatica che dapprima si era distinta per il silenzio e l’oscuramento, poi aveva dovuto prendere atto di una situazione imbarazzante: non solo si doveva dar conto di una manifestazione che ormai durava da diversi giorni portando all’esaurimento di beni essenziali (distributori di carburante rimasti a secco e diversi altri problemi), ma si era visto il sostanziale appoggio della gran parte della popolazione e delle forze dell’ordine, le quali del resto non avevano avuto occasioni o motivazioni per intervenire. Anzi, probabilmente molti di loro, da liberi cittadini, desideravano stare dall’altra parte.
L’obiettivo sembra esagerato, ma corrisponde alla situazione grottesca di istituzioni che continuano a sbagliare tutte le previsioni (il ritornello “la ripresa ci sarà il prossimo anno” è ormai diventata una barzelletta) e che continuano a propinare ricette economiche sbagliate, accapigliarsi su faccende irrilevanti, strangolare l’economia reale con la propria inefficienza e con una austerità che, come ormai sanno pure i sassi, non risolve il problema del debito ma deprime il Pil, facendo esplodere il rapporto tra debito e Pil.
Tutto questo sta facendo esplodere il rapporto tra cittadini e istituzioni, in particolare tra cittadini e politica (o forse dovremmo dire implodere: l’implosione avviene quando si verifica un riempimento improvviso di un vuoto, come quello lasciato dalla politica). E negli ultimi giorni si sta verificando un singolare cortocircuito, cioè il rincorrersi di notizie contraddittorie relative alla partecipazione alla manifestazione di alcune sigle dei trasportatori, che hanno raggiunto alcuni accordi con il governo e quindi si sono ritirate dallo sciopero. Ma queste sigle non rappresentano la grande massa di quelli che hanno intenzione di manifestare.
Se ne sono accorti pure al governo, tanto che sono iniziate le dichiarazioni del tipo “non hanno motivo di manifestare, abbiamo accolto le loro richieste” oppure “non esiteremo ad applicare le sanzioni”. Tentano di mescolare le carte, di gettare fumo negli occhi, senza capire che i soliti giochini da dilettanti della politica ormai sono stati smascherati e non fanno più presa.
Fanno orecchie da mercante, come se i cittadini che protestano non avessero richiesto le dimissioni del governo e il ritorno alla sovranità monetaria. Una sovranità che ormai è l’ultima spiaggia per poter sostenere la crescita, una condizione necessaria, anche se non sufficiente, perché ci vorranno altri passi, come una strategia industriale.
Una stagione nuova si affaccia all’orizzonte, un popolo si sta scuotendo. E quando succede questo, c’è da sperare per il meglio.