Il disastro finanziario prodotto dalla gestione disinvolta del Monte dei Paschi di Siena potrebbe sortire serie conseguenze penali. Ai reati di truffa, aggiotaggio e ostacolo agli organismi di vigilanza contestati a vario titolo ai vertici dell’istituto senese, si è aggiunto quello di associazione a delinquere. Anche la banca, in quanto personalità giuridica, potrebbe salire sul banco degli imputati con l’accusa di responsabilità amministrativa prevista dal decreto legislativo 231 del 2001. Abbiamo chiesto all’avvocato Mario Brusa, socio dello Studio Legale Associato Brusa Spagnolo Tosoni (Studio BST) in cosa consistono le fattispecie di reato che potrebbero configurarsi.
«L’associazione a delinquere si configura quando tre o più persone si associano e condividono un accordo per realizzare un progetto criminoso, ovvero per compiere una serie di reati. E’ necessario, ovviamente, che la natura dei crimini ipotizzati o effettivamente realizzati non sia episodica, ma costante e programmata. Va sottolineato come non si tratti di un aggravante, ma di un reato a sé stante, benché rappresenti il contesto entro il quale altri illeciti sono prodotti. Può, altresì, prescindere dalla commissione effettiva di altri reati e prevede una pena dai 3 ai 7 anni».
«Si configura laddove si dimostri l’esistenza di artifici o raggiri al fine di ottenere dei vantaggi illeciti; gli atti volti a trarre in inganno qualcuno possono essere omissivi (si tace circa alcuni aspetti che andrebbero comunicati) o commissivi (si afferma il falso); in tal caso, parliamo di presunta truffa ai soci, in quanto rappresentano la categoria offesa. I correntisti, invece, potrebbero risultare, al limite, danneggiati. E’ prevista una pena fino a 3 anni».
«L’offesa, in tal caso, sarebbe rivolta a Bankitalia, l’organismo preposto al controllo degli istituti di credito, e alla Consob, quello incaricato del controllo sulle società quotate. Si presume che a entrambi siano state fornite informazioni false. Anche nel caso in cui gli stessi organismi dovessero risultare conniventi con l’erogazione di notizie non veritiere, nonché consapevoli della loro infondatezza, il reato saerbbe da considerarsi tale: nell’ipotesi, infatti, in cui il vigilante sia complice degli indagati, resta il fatto che l’autorità di vigilanza in quanto tale sarebbe pur sempre stata ingannata».
«E’ la manipolazione di un titolo sul mercato finanziario finalizzato a cambiarne il valore. E’, in qualche misura, effetto dei precedenti reati. Si ipotizza, infatti, che se la situazione dei conti fosse stata nota, i titoli emessi dalla banca avrebbero avuto valutazioni inferiori. Il reato ipotizzato potrebbe esser stato compiuto semplicemente attraverso le comunicazioni societarie, o quelle diramate al mercato attraverso gli uffici stampa. L’aggiotaggio bancario è punito con una pena dai due ai dodici anni.
Sovente gli imputati dei suddetti reati affermano di aver agito nell’interesse delle proprie società. Ora, siccome la responsabilità penale è personale, e in applicazione di alcune direttive europee, si è ritenuto di rendere possibile imputare anche alla società il fatto di non aver adottato un modello e delle accortezze tali da impedire che si verificassero degli illeciti. Sono previste sanzioni penali anche per la personalità giuridica. Oltre alle sanzioni pecuniarie, e dal momento che non è possibile mettere in galera una società, se ne applicano alcune di natura accessoria, quali l’impossibilità, per esempio, di stipulare contratti con le pubbliche amministrazioni».
(Paolo Nessi)