Quali margini di manovra ha l’Italia in relazione ai vincoli posti sia dai trattati europei, sia dal mercato internazionale che rifinanzia il nostro debito? L’impegno assunto dal Governo italiano (2011) di arrivare al pareggio di bilancio entro il 2013 ha comportato la riduzione di circa 35-40 miliardi di spesa in deficit in pochissimo tempo, con una formula mista di aumento delle tasse e tagli alla spesa. La prevalenza del drenaggio fiscale ha tolto denari per i consumi (-4% nel 2012) alle famiglie e mandato il mercato interno in recessione grave, -2,1% del Pil nel 2012 e -1% proiettato nel 2013.
Tale vincolo, pur irrazionale, non potrà essere modificato da un futuro Governo, perché rende credibile la promessa al mercato di ripagare il debito nel futuro mostrando che non lo aumenterà con cumuli di deficit annui. Ciò impedirà di stimolare la ripresa attraverso investimenti pubblici in deficit. Ma un altro vincolo è peggiore. L’Italia ha siglato l’eurotrattato Fiscal compact che impone la riduzione di un ventesimo all’anno del volume assoluto del debito pubblico, fino al raggiungimento di un rapporto del 60% tra debito e Pil, a partire dal 2014-15.
Nessuno capisce come l’Italia potrà ridurre di circa 40 miliardi all’anno il proprio debito. Inoltre, non si capisce perché mai dovrebbe farlo nel momento in cui blocca l’aumento del debito stesso, via pareggio di bilancio, cosa che ne implica una riduzione implicita del 2%, cioè del tasso di inflazione nominale annuo, equivalente a 40 miliardi che quindi non servirebbe spendere veramente.
La conferma di tale vincolo renderebbe l’Italia un inferno: quasi 90 miliardi all’anno per pagare gli interessi sul debito e altri 40 per ridurne un’aliquota. In prospettiva la cifra scenderebbe, ma per quasi un decennio resterebbe attorno ai 100 miliardi. Sostenibili? Improbabile sia con il metodo di tagliare tanta spesa pubblica e tasse, sia con quello di aumentare ancora le tasse stesse.
In conclusione, qualunque Governo esca dalle elezioni, anche considerando lo scenario migliore di ripresa della domanda globale e dell’Eurozona, non potrà stimolare e/o stabilizzare l’economia italiana se non sarà capace: (a) di attutire i vincoli esterni; (b) di ridurre il debito vendendo patrimonio pubblico e non con denari fiscali.
Tra le due azioni, l’operazione “patrimonio contro debito” sarebbe quella più risolutiva e motivo solido di credibilità per alleggerire la pressione del Fiscal compact sull’Italia. Che di questo non si parli in campagna elettorale è sorprendente e preoccupante.