Di fronte agli ultimi avvenimenti di Finmeccanica, all’arresto di Giuseppe Orsi, all’incriminazione di diversi esponenti del mondo politico, finanziario, imprenditoriale, non è difficile guardare con apprensione al futuro dell’Italia. L’elenco delle aziende che sono “bloccate” o comunque sotto “l’ombrello”, il “cono d’ombra”, la lente di ingrandimento della magistratura si allunga continuamente. Si guarda allo “scandalo Finmeccanica”, ma solo settimana scorsa era saltato fuori l’affare della Saipem, la controllata dell’Eni, per gli appalti in Algeria e, di conseguenza, un avviso di garanzia è stato recapitato all’amministratore delegato dell’Eni, Paolo Scaroni. Sono passate poche settimane da quando ha fatto irruzione, in piena campagna elettorale, l’affare del Monte dei Paschi di Siena. Da mesi ormai, quasi un anno, l’Ilva di Taranto, nonostante le “leggi ad hoc” del “governo dei tecnici”, è in condizioni preoccupanti per il suo futuro. Stefano Cingolani, grande giornalista, osservatore attentissimo della realtà economica e finanziaria del Paese, capace di avere anche un acuto sguardo politico, cerca di mettere in fila tutte queste situazioni critiche.



Che cosa sta capitando, secondo lei?

Mi sembra che sia stato scritto e pubblicato che più della metà delle aziende italiane quotate in Borsa sia, chiamiamolo in questo modo sbrigativo, “sotto schiaffo della magistratura”. È quanto meno una situazione particolare, proprio italiana, ed è un fatto che appare inquietante e che preoccupa.



Al momento sono persone indagate.

È vero, al momento, oltre a qualche arresto, sono persone indagate. La magistratura farà il suo dovere e la legge farà il suo corso. Ma il problema è che leggendo le accuse che vengono formulate si resta allibiti. I termini, il lessico che si sta usando da parte dei magistrati appare incredibile. Per l’Eni si parla di un “comitato d’affari”, per Monte dei Paschi di Siena si parla di una “cupola” che governava la banca, per Finmeccanica di un “sistema” che si reggeva sulle tangenti. Mi sembra un lessico, un modo di definire queste situazioni che riguarda un impianto quasi da mafia. Che cosa ricorda agli italiani la “cupola”? Ecco, io non riesco a convincermi di fronte a questo modo di formulare accuse. Penso che ci siano stati probabilmente dei manager che abbiano badato ai loro affari in modo sbagliato, magari in modo colpevole, ma a questa immagine di un Paese talmente e totalmente corrotto non riesco a credere.



Con tutta probabilità sta emergendo anche una cultura.

Forse è la dizione esatta, È una cultura che sta evidenziandosi, ma non possiamo esaminare dettagliatamente il fenomeno da un punto di vista sociologico. C’è un problema che rischia di diventare pericoloso per il sistema Italia.

In queste ore, dopo l’arresto del Presidente di Finmeccanica, Giuseppe Orsi, e l’allargamento delle inchieste ad altri, gli indiani hanno sospeso i pagamenti per gli elicotteri che avevano ordinato. Li hanno congelati. Lei crede che questo sia un colpo duro per Finmeccanica, per il suo futuro?

È certamente un colpo duro. C’è una reputazione da mantenere, da salvaguardare. In più c’è una situazione particolare di Finmeccanica, legata a joint venture fatte di incroci con gli inglesi di Westland e anche con gli americani. C’è anche il rischio che all’interno della proprietà così composita e intrecciata, qualcuno possa fare un passo indietro. Non lo so dire. Spero che ci sia al più presto la decisione di una linea di continuità, ma di certo anche in questo caso emergono delle preoccupazioni più che fondate.

 

Finmeccanica, diciamo così, tratta prodotti che riguardano la Difesa. Lo stesso si potrebbe dire dell’Eni. Non le pare che in altri paesi europei ci siano più tutele, anche più discrezione, di fronte a questi grandi affari internazionali?

Non c’è dubbio che di fronte a questo grandi accordi internazionali, in cui intervengono anche i governi, sia in Francia, in Inghilterra e anche in Germania, questo tipo di grandi affari è mantenuto in una situazione di estrema riservatezza. Ci sono ministri che si muovono e si prendono in prima persona le responsabilità. Credo che anche l’intelligence di quei paesi, in circostante simili, si muova a tutto campo. Qui in Italia mi pare che ci sia una sorta di vuoto. Alla fine poi questo vuoto è riempito dalla magistratura.

 

Che cosa ci vorrebbe in un momento come questo, in una situazione come questa?

Ma io credo che ci voglia un forte richiamo di patriottismo, un vero appello patriottico del Presidente della Repubblica, che ha grandi funzioni come Presidente del Csm, come capo delle Forze armate. Insomma, ci vuole un’autorità che metta un freno a questa situazione che potrebbe portare alla deriva dell’intero impianto produttivo italiano.

 

(Gianluigi Da Rold)