Ci mancava soltanto la riedizione in sedicesimi dell’Hotel Rafael per riportarci in pieno 1992. Mentre entrava in Procura a Siena per essere sentito dagli inquirenti, l’ex numero uno dell’Abi e di Monte dei Paschi, Giuseppe Mussari, è stato accolto dal lancio di monetine e da epiteti quali “ladro” e “buffone”. La furia iconoclasta, si sa, è un must del nostro Paese, il quale sta bello sereno e pasciuto per una decina o ventina d’anni nel suo alveo di clientele e rendite di posizione, poi di colpo – eccitato da una magistratura iperattiva – imbraccia simbolici fucili e forconi e si lancia contro il ladro di turno, fosse Craxi, Forlani con la bava interrogato da Di Pietro oppure il Mussari odierno. Il quale, se ha sbagliato, pagherà. E caro.
Ma al netto del fatto che le accuse vanno prima provate e confermate da un processo, mi viene da chiedere: dov’erano i senesi indignati speciali quando Mps era il munifico olio che manteneva in vita la città, balsamo per gli infermi del clientelismo Pci-Pds-Ds-Pd? Dov’erano quando gettava al vento i soldi per la squadra di basket pluri-campione, per quella di calcio, per il Palio? Erano al palazzetto, allo stadio e in piazza del Campo a incensare e riverire il potente Mussari, oggi caduto e sputacchiato in perfetto stile italiano, un eterno 8 settembre. Dov’erano quando grazie a elargizioni degne della Cassa del Mezzogiorno, un’intera città campava grazie alla banca presieduta dal “ladro” Mussari, lasciando andare in malore un’Università che poteva essere esempio in tutto il Paese? Perché non hanno gridato e lanciato monetine prima, perché nessuno è andato a lagnarsi e denunciare in Procura il malaffare in seno a Mps? Forse perché grazie a quel conglomerato di potere politico-economico-finanziario hanno campato tutti e ora si sputa nel piatto dove si ha mangiato per anni?
Tra le molte trasmissioni che hanno trattato il tema, ricordo una puntata di “Ballarò” durante la quale in un servizio l’inviato intervistava investitori Mps che avevano perso, almeno in un caso, oltre un milione di euro. Beh, non me ne frega niente e non ho pietà di loro. Quando ti offrono mari e monti, investimenti da favola, rendimenti degni di Bernard Madoff, se ci credi sei un cretino ed è giusto che tu perda soldi. Cretino e avido, esattamente come avidi erano i vecchi manager, ma soltanto perché quel mondo, quello bancario, prima del tonfo del 2008, era in guerra: di stati patrimoniali, di leva, di acquisizioni e fusioni, di bonus, di dividendi. Operazioni rischiose, roba da hedge funds che invece erano diventate prerogative di tutte le banche del mondo, non solo Mps: fino al 2007, i concetti stessi di retail, di gestione del risparmio, di erogazione del credito erano usciti dal vocabolario del settore, rimpiazzati da derivati, swap, diversificazione del portafoglio, leverage.
Lo hanno fatto americani, inglesi, spagnoli, francesi, belgi, irlandesi, persino islandesi, tutti: perché solo Mussari deve essere crocefisso e lapidato da monetine ed epiteti di cui invece sono degni destinatari quasi tutti i banchieri del mondo? E gli Stati, non sono ladri e buffoni quando nei fatti obbligano le banche a usare i soldi per acquistare il loro debito, invece di fornire liquidità a famiglie e imprese? Cos’è Mussari rispetto ai vari governi che, facilitati dalla Bce e dai suoi (nostri) soldi facili, hanno abbassato artificialmente gli spread, acquistato falso consenso (creando in alcuni casi le condizioni per una futura candidatura) e calciato un po’ più avanti la lattina della crisi dell’economia reale? Nulla, un nano, un principiante che diverrà capro espiatorio per tutti.
Se l’ex capo dell’Abi ha sbagliato, pagherà, ma anche in quel caso penso lo abbia fatto, più che per arricchimento personale, per garantire alle verginelle senesi – che ora tirano monetine – dei dividendi sulle azioni, per non presentare bilanci in rosso e non far crollare il valore di quei titoli: anche lui, come i governi, ha calciato in avanti la lattina sperando che un miracolo – o un Monti-bond, come successo non appena giunto Alessandro Profumo al vertice Mps – rimettesse a posto le cose e non rendesse più necessari swap su swap per imbellettare bilanci e impieghi.
Non è giusto, sia chiaro, ma lo hanno fatto tutti, sicuramente più da furbi, senza farsi beccare o potendo contare su una stampa amica che le notizie le metteva debitamente in basso a sinistra in penultima pagina, tra i necrologi e il meteo. Ripeto, a Siena tutti sapevano, tutti hanno fatto i soldi o speravano di farli e nessuno, per anni, ha fiatato: tutti felici a vedere il basket, il calcio e il Palio made in Mps e a fare inchini e reverenze a Giuseppe Mussari, lo stesso personaggio cui oggi tirano monetine e gridano “buffone”. Ma di buffoni, in questa storia, ce ne sono parecchi. Alcuni dei quali li ritroveremo tra meno di un mese nel nuovo Parlamento.