Per ora è solo una voce, un’indiscrezione, che però si fa via via sempre più insistente: numerosi esperti del settore sono ormai convinti che l’Agenzia delle Entrate stia per adottare una nuova forma di redditometro, “depotenziata” rispetto a quella precedente. Come riporta il Corriere della Sera, infatti, attraverso il nuovo accertamento sintetico, l’intero reddito delle persone fisiche viene determinato sulla base di tre elementi, vale a dire le spese sostenute dai contribuenti in base ai dati che risultano dall’Anagrafe tributaria, gli investimenti patrimoniali e le spese medie Istat imputate in base alla zona geografica di residenza del contribuente e del suo nucleo familiare. Paolo Costanzo, commercialista titolare dell’omonimo studio di consulenza, contattato da ilsussidiario.net, crede che ciò che potrà effettivamente cambiare è il periodo d’imposta da cui scatteranno i controlli del Fisco basati sul nuovo redditometro: se prima veniva preso in considerazione quello relativo al 2009, «il redditometro vero e proprio potrà essere applicato per le annualità successive al 2011, quelle in cui l’amministrazione finanziaria è riuscita effettivamente a mettere in linea tutte le informazioni necessarie».



Per quelle precedenti invece?

Per quanto riguarda il 2009 e il 2010, non avendo la visione completa di tutte le informazioni, sembra che l’Agenzia delle Entrate non sia in grado di applicare il redditometro nella forma iniziale con cui era stato previsto. Possiamo quindi immaginare che il depotenziamento annunciato derivi proprio dall’assenza di informazioni precedenti al 2011.



Come giudica lo strumento accertativo?

Il redditometro è stato ormai elaborato e completato, ma ovviamente le imperfezioni non mancano, soprattutto in merito all’inversione dell’onere della prova, derivante a mio giudizio da un fenomeno come quello dell’evasione fiscale che in Italia è particolarmente diffuso.

Cosa intende?

E’ evidente che l’incapacità dell’amministrazione finanziaria nello scovare gli evasori ha fatto sì che venissero implementate diverse forme di accertamento, tra cui proprio il redditometro. Tale strumento, quindi, può essere definito la conseguenza del fallimento da parte dell’Agenzia delle Entrate di attuare un’adeguata ed efficace lotta all’evasione. Tra l’altro tutto questo produce una notevole diminuzione della “libertà” dei contribuenti, anche e soprattutto onesti, i quali si trovano a dover dimostrare al Fisco di avere tutte le carte in regole.



Quali sono i maggiori rischi?

Ovviamente il cittadino onesto non dovrebbe temere questo tipo di verifiche, ma è altrettanto vero che il fatto di dover dimostrare la propria situazione finanziaria in questo modo, da un lato sottopone il soggetto al rischio di trovarsi di fronte a un funzionario che non è in grado di svolgere correttamente il proprio lavoro, dall’altro si deve eventualmente avvalere di un professionista che gli consenta di affrontare meglio l’intera situazione, il che ovviamente comporta un aggravio di costi non indifferente.

Certo qualcosa doveva pur essere pensato, non crede?

E’ indubbio che uno strumento per scovare gli evasori andava adottato, ma probabilmente un redditometro “depotenziato” come quello di cui stiamo parlando poteva essere immaginato ben prima che proprio gli evasori facessero scomparire ogni traccia delle proprie azioni. Vorrei poi ricordare che l’evasione è anche frutto di un sistema normativo complesso, farraginoso e disordinato, tra le cui maglie è proprio l’evasore a trarne maggior vantaggio, non l’onesto contribuente che, al contrario, può incappare in errori, interpretazioni sbagliate o essere costretto a sostenere dei costi aggiuntivi di consulenze.

Quali strumenti ritiene davvero efficaci in questo senso?

Senza dubbio da un lato la semplificazione delle norme tributarie e l’adozione del cosiddetto codice tributario unico, attraverso cui permettere a qualsiasi contribuente di valutare con semplicità se sta applicando adeguatamente le norme vigenti in tema fiscale. Dall’altro lato, invece, bisogna tener presente che i contribuenti con maggiori disponibilità finanziarie sono in grado di far transitare i redditi a loro piacimento, senza che l’amministrazione possa accertarli.

Quindi?

Credo sia opportuno passare da un regime di tassazione delle persone a un regime di tassazione delle cose, che di fatto andrebbe a colpire in modo decisamente più adeguato le spese dei contribuenti più abbienti. E’ dunque possibile, a mio giudizio, ridurre progressivamente l’imposizione sul reddito e aumentare quella sulle cose, lasciando inalterato il gettito fiscale ma facendo pagare le imposte in maniera corretta ed equilibrata a tutti coloro che hanno una maggiore capacità contributiva.

 

(Claudio Perlini)