Nel suo intervento al Parlamento europeo di lunedì, Mario Draghi è stato molto chiaro: la ripresa in Europa arranca, per far ripartire l’economia reale (attenzione, è tornata sui radar dei regolatori, sintomo che siamo davvero messi male) occorre proseguire con slancio per recuperare competitività attraverso un percorso di riforme, visto che la strada del debito come driver è non solo pericolosa ma ingiusta a livello di equità. Ora, al netto della totale diseguaglianza di ricette e interessi sul tavolo, una molteplicità di segnali ci dicono che qualcosa di grosso e poco gestibile è all’orizzonte e non parlo soltanto di una correzione dei corsi del 5-10%: temo che stia per saltare il tappo.
A confermarlo la messe di dati devastanti di cui abbiamo parlato nel mio articolo di ieri, ma anche le parole di Lars Seier Christensen, amministratore delegato di Saxo Bank, intervistato da Bloomberg sull’attualità economica e così poco urbano nei modi da tirare una vera e propria bomba a mano mediatica. Ecco i concetti chiave: «Scaricherei immediatamente l’euro appena arriverà in area 1,40 sul dollaro; oggi come oggi ci troviamo in una di quelle false soluzioni in cui la gente pensa che il problema sia contenuto o risolto, ma non è affatto così; la gente, tutta, ha drammaticamente sottostimato il problema».
So già quali siano le vostre reazioni: sono almeno quattro anni che, a turno, ci dicono che l’euro non reggerà e invece è ancora qui vivo, vegeto e addirittura sopravvalutato sul dollaro. È vero. Saxo Bank, poi, è la banca d’affari danese che ogni fine anno pubblica le sue dieci “previsioni oltraggiose” per i successivi dodici mesi, tesi sempre un po’ ardite che, alla fine, si rivelano vere solo in due o tre casi. È vero anche questo. Però, questa volta la concomitanza di eventi è davvero seria e la calma apparente sui mercati – spread bassissimi rispetto ai massimi, Borse in positivo da inizio anno, aste sempre piene per domanda e con rendimenti solo in lieve risalita, Vix ai minimi – mi fa propendere per la tesi pessimistica. Dichiara Christensen: «Il recente rally dell’euro è illusorio e la moneta unica è destinata a fallire, poiché non supportata da un’unione fiscale. L’intero impianto dell’euro è ormai compromesso, distrutto. Siamo in una di quelle fasi di false soluzioni dove la gente pensa che il problema sia stato contenuto o risolto, ma non è affatto così. Io, per quanto mi riguarda, sarei un grande venditore dell’euro non appena entrasse in area 1,40 sul dollaro, nonostante al momento non abbia scommesse speculative in atto sul forex. Inoltre, stiamo sottovalutando un altro rischio di fallout, ovvero la reazione di alcune nazioni una volta che prendano coscienza di essere state rovinate dall’euro e mi riferisco alle economie del sud Europa. La gente ha drammaticamente sottostimato i problemi che la Francia si sta per trovare di fronte a causa di questa situazione. Una volta che Parigi entrerà in una crisi su scala generale, il giochino sarà finito. Anche la Germania non può pagare per mantenerlo insieme e probabilmente non vuole. Se volete la verità, a mio modo di vedere è questa: è stato il mondo politico a garantire supporto all’euro in maniera estrema e soltanto per ragioni politiche, non economiche».
A supporto di questa analisi impietosa, paradossalmente, sono giunte ieri altre notizie e una bruttissima previsione di Societe Generale. L’indice tedesco Zew, quello che misura la fiducia degli investitori, è infatti schizzato alle stelle, registrando un 48,2 dal 31,5 di gennaio e contro previsioni medie del 35, il livello più alto dall’aprile 2010. Insomma, sembra di essere tornati in pieno in un sentiment di mercato risk-on, ovvero condizioni tali da spingere gli investitori a sprizzare ottimismo da tutti i pori. Dati macro migliorati? No, peggiorati ovunque, Germania inclusa vista la recessione reale e non più tecnica. Problema sovrano risolto? No, il debito spagnolo è cresciuto a dismisura, quello italiano anche, seppur a livello più basso, la Grecia è tutt’altro che salva e l’incognita Cipro pesa come un macigno. Le banche stanno meglio? No, il sistema è sempre esposto a un livello di leva spaventoso, i derivati in pancia alle banche sono una bomba a orologeria, gli impieghi sull’obbligazionario sovrano sono una roulette russa, soprattutto se toccherà ripagare in fretta il prestito Ltro e riprendersi in pancia il collaterale sovrano posto a garanzia presso la Bce (ti saluto aste piene e rendimenti sostenibili, a quel punto). Quindi, cosa rende così ottimisti i tedeschi? L’aspettativa.
Già, stando a un report reso noto ieri da Societe Generale, infatti, «l’andamento e l’atteggiamento positivo sul mercato sia azionario che obbligazionario dall’inizio di quest’anno ha portato con sé una forte crescita delle aspettative (il sentiment economico) nell’indice Zew. Questo aumento è interamente dovuto alle aspettative, visto che le attività correnti restano inalterate». Insomma, leggendo tra le righe, c’è un forte rischio di overshooting delle aspettative fin qui sedimentate sui mercati, un ottimismo autoimposto e autogenerato e figlio legittimo dell’annuncio dello scorso 26 luglio della Bce di un firewall contro la speculazione sul mercato obbligazionario sovrano.
Anche perché, in perfetta contemporanea con la pubblicazione dell’indice Zew, ieri venivano resi noti altri due dati. L’immatricolazione di nuove auto in Europa è crollata del 14,2%, arrivando ai minimi record di sempre, mentre l’output del settore delle costruzioni è calato per il secondo mese consecutivo lo scorso dicembre, scendendo del 4,8% rispetto al mese precedente. Secondo Societe Generale, il dato è chiaro: «Penso che dovremo aspettare la prima finestra di rimborso della seconda asta Ltro di venerdì prossimo e il risultato delle elezioni italiane per avere indicatori economici più chiari e rientrare in strategie di investimento di rischio».
E qui casca l’asino. Tutti gli analisti, tutti, hanno detto chiaramente che sul finire di febbraio è atteso un rimborso maxi presso la Bce, una strategia comune decisa dalle banche per mandare un segnale di salute: se anche non fosse così – che pare essere il dubbio di SocGen – con la Bce che ha già pianificato misure di offsetting per evitare crisi di liquidità (taglio del costo di finanziamento o ulteriore allentamento sul collaterale), cosa cambia da qui a venerdì? Nulla, o arriva il falso segnale dalle banche o comunque c’è lo scudo Bce. Secondo, le elezioni italiane. E qui la cosa si fa più interessante.
In parole povere, SocGen, cioè una delle principali banche francesi ed estremamente esposta sull’Italia, lascia intendere che le aspettative degli investitori tedeschi che hanno spinto alle stelle lo Zew sono legate anche all’esito del voto in Italia. Bene, se la Suddeutsche Zeitung ieri diceva a chiare lettere che gli investitori tedeschi sono terrorizzati da un possibile ritorno di Berlusconi, cosa dobbiamo leggere tra le righe? Il problema è che con quasi certezza, dalle urne non uscirà un risultato chiaro – nonostante i siluri giudiziari e non dell’ultim’ora – e quindi sarà davvero dura che il sentiment dipinto in prospettiva dal’indice Zew possa trovare conferme.
Ma questo lo sanno tutti, da settimane ormai: quindi, gli investitori tedeschi vivono di aspettative folli o forse sanno qualcosa che noi non sappiamo? E che, magari, ci farebbe piacere sapere prima del voto.