Il Consiglio Ue e il Parlamento di Strasburgo hanno ratificato un rafforzamento del Patto di stabilità che consentirà alla Commissione un controllo preventivo sui bilanci nazionali. Le due norme, definite anche “Two-Pack”, erano state presentate alla fine del 2011. Olli Rehn, commissario Ue agli Affari monetari, ha dichiarato che l’accordo rappresenta un “passo avanti notevole” nel rafforzare l’unione monetaria a livello comunitario, già resa più stabile grazie al fiscal compact. Ilsussidiario.net ha intervistato Claudio Borghi Aquilini, professore di Economia degli intermediari finanziari all’Università Cattolica di Milano.



Quali sono gli aspetti positivi del “Two-pack”?

Se volessimo a tutti i costi guardare l’aspetto positivo, dovremmo dire che sono tutte iniziative che nascono dal desiderio di evitare il cosiddetto “moral hazard”, cioè una situazione in cui i singoli Stati nazionali, una volta ottenute tutte le garanzie che vogliono, poi introducono sprechi di denaro pubblico.



E gli aspetti negativi?

La falsità clamorosa dietro queste sempre crescenti ingerenze nei bilanci nazionali nasce da un duplice problema. Da un lato c’è un conclamato difetto di democraticità, in quanto non si sa bene chi decide e da chi vengono queste iniziative. Dall’altra la questione è che la ratifica del “Two-pack” è congegnata senza nessuna contropartita, specialmente per quanto riguarda l’Italia. All’orizzonte, per esempio, non c’è nessuna prospettiva di messa in comune del debito, e ogni volta che si parla delle misure che dovrebbero essere il corrispettivo, seppur discutibile, di iniziative di cessione di sovranità, in realtà vediamo che non c’è nulla.



Lei sarebbe a favore di questo “scambio” tra cessione della sovranità e condivisione del debito?

Non sarebbe la soluzione ottimale, in quanto senza la flessibilità di cambio l’Italia corre il rischio di diventare la Calabria d’Europa. Abbiamo visto nel nostro Paese che un sistema di aree non omogenee, basato su trasferimenti, non dà risultati ottimali. Sarebbe però quantomeno una scelta coerente. Un intervento così grave e invasivo come il “Two-pack” deve richiedere in cambio dei vantaggi significativi.

Davvero non c’è nessun vantaggio per il nostro Paese?

Non solo non c’è nulla, ma vediamo che finché le regole uccidono l’economia dei paesi della periferia come l’Italia, vanno benissimo. Appena invece toccano gli interessi dei paesi del nucleo centrale dell’Europa, si possono cambiare. Ne abbiamo avuto la riprova questa settimana, quando a fronte di risultati non entusiasmanti dell’economia francese e in parte anche tedesca, all’improvviso le “intoccabili” regole di bilancio sono diventate più flessibili. Proseguire su questa china significa presupporre che i paesi del Sud dell’Europa non siano in grado di comprendere chi si approfitta di questa situazione, ma debbano assoggettarsi a qualsiasi tipo di decisione, anche contraria ai loro interessi. Tanto è vero che l’Ue ci chiede di alzare le tasse, uccidere la nostra economia, rinunciare alla crescita, e noi lo facciamo perché dobbiamo farlo. Ma d’altra parte non otteniamo nessun vantaggio.

 

Di fronte a questa situazione, quali dei leader italiani hanno le qualità per trattare con l’Europa alla pari?

 

Abbiamo già visto che Monti è asservito agli interessi della Germania. Nonostante quanto dice il Presidente del consiglio quando vuole farci credere che pesta i pugni sul tavolo, non è mai riuscito a ottenere altro che quanto voleva la Merkel. Bersani è un ingenuo e vive nella curiosa illusione che se in Germania dovesse vincere il candidato socialdemocratico, Peer Steinbruck, a quel punto nel nome dell’“eurosinistra” riuscirebbero a cambiare le cose insieme. Il problema però è che per come stanno le cose è impossibile che la Merkel sia sconfitta alle elezioni di settembre, e anche se dovesse vincere la sinistra è un errore pensare che il Partito Socialdemocratico Tedesco si accolli il debito italiano per un gesto di simpatia verso Bersani.

 

Davvero la politica europea di Steinbruck sarebbe uguale a quella della Merkel?

 

Con un’eventuale e improbabile vittoria di Steinbruck, il governo italiano si troverà davanti esattamente la stessa porta sbarrata che ha avuto con la Merkel. Berlusconi finora non ha dato nessuna prova di essere particolarmente abile nelle negoziazioni internazionali, perché era impegnato su altri fronti. Lo scenario non è quindi entusiasmante, anche se l’unica carta che posso riconoscere in più al Cavaliere rispetto agli altri candidati è la sua lucida follia. Dal momento che Berlusconi è imprevedibile e istintivo, rispetto a due leader come Monti e Bersani che saranno sicuramente asserviti a qualsiasi posizione tedesca, può anche darsi che il cavallo imbizzarrito “scarti”.

 

(Pietro Vernizzi)

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