Per finire la carrellata dei principali partiti e dei loro programmi economici, ecco quello del Pd.

“LAVORO. Più importante delle norme sul lavoro è la possibilità oggi di dare più lavoro. Fermi restando gli impegni sulla tenuta dei conti pubblici, in una fase così dura di recessione, per noi è importante riuscire a dare più lavoro. Da questo punto di vista è decisivo il contributo che può venire da progetti in sede europea, ma anche alcune iniziative in Italia. A cominciare dalla possibilità, per i comuni con un bilancio in equilibrio, di poter avviare opere già pronte per la realizzazione e che siano utili. Per esempio, ristrutturazione del patrimonio abitativo, pubblico e privato. Salvaguardia del territorio. Riconversione energetica. Riflessi della politica industriale e dell’impegno nella green economy“. Ora, la parte che riguarda lo sblocco dei lavori degli enti locali virtuosi è fondamentale ma impone una ridiscussione del Patto di stabilità, quindi il Pd si prende in carico un’azione di governo e di persuasione molto forte a livello europeo che potrebbe cozzare con l’alleanza spuria ma obbligata sia con Vendola che con Monti, frutto dell’ingovernabilità post-urne. Scelta civica accetterà questa battaglia come sua? Se sì, sarebbe fondamentale per rimettere in moto l’occupazione su domanda interna, alla quale però va obbligatoriamente associata un riforma che porti al pagamento da parte della PA dei lavori appaltati alle imprese e lo sblocco del credito da parte del settore bancario. Altrimenti, siamo di fronte a un volano che non vola e non fa volare.



RIFORMA FORNERO. Noi non intendiamo toccare la riforma dell’articolo 18 nella formulazione alla tedesca. Vanno viste meglio le norme per garantire l’ingresso dei giovani al lavoro e per ridurre la precarietà. Più in particolare, per combattere la precarietà bisogna fare in modo che il lavoro stabile costi meno del lavoro precario, e dunque divenga più conveniente. E’ un obiettivo che la riforma Fornero non ha raggiunto, perché ha determinato un incremento dei contributi per i contratti atipici, non un abbassamento del costo per i contratti stabilizzati. Anzi, ora sarà necessario evitare il rischio che l’aumento delle aliquote contributive per i lavoratori a progetto e con partita Iva si traduca solo in una riduzione del loro reddito netto. Vanno inoltre trovati meccanismi di rappresentanza e rappresentatività nei quali i lavoratori si riconoscano“. L’ultima parte, per stessa ammissione del Pd, è tutta in divenire, nel senso che i nuovi meccanismi di rappresentanza vanno trovati: ecco che torna il vecchio Pd. Alla gente serve lavoro, non battaglie di etichetta o peggio di sigla sindacale. Non c’è un cenno alla contrattazione regionale o aziendale, ormai un obbligo in questo nuovo mondo del lavoro, si parla solo di riduzione della precarietà e ingresso dei giovani ma queste cose non si fanno con norme e cavilli ma con il punto uno del programma, creando cioè le condizioni occupazionali, facendo ripartire il Paese. Siamo ancora all’Unione, a mio modo di vedere.



DECENTRAMENTO CONTRATTUALE PER LA PRODUTTIVITÀ. E’ un tema che riguarda le parti sociali, imprese e sindacati. In ogni caso, gli accordi aziendali o locali per la produttività rappresentano una opportunità. Ma accanto al tema del lavoro ci deve essere l’impegno degli imprenditori agli investimenti e i lavoratori devono avere la possibilità di dire la loro, sapendo che senza regole condivise per la partecipazione e la rappresentanza questo processo non va avanti“. Riecco il vetero-sindacalismo, le parole d’ordine anni Settanta e Ottanta, la schiena piegata verso Fiom e Cgil: quei contratti non sono un’opportunità, sono il futuro. Punto. Guardassero un po’ ai Paesi scandinavi di cui cianciano tanto per la flexsecurity e poi ascoltino la Camusso: il Pd deve scegliere ma non può, stretto tra Vendola e Monti. Il lavoratore, nella maggior parte dei casi, farebbe volentieri a meno dei sindacati, vorrebbe una paga decente e la certezza del lavoro: non le battaglia di retroguardia come quelle, patetiche, tra Fiat e Fiom.



“GIOVANI E DONNE. L’obiettivo di far crescere l’occupazione femminile è da anni sancito in tutti i programmi approvati dal Pd. Noi pensiamo che tutte le misure di sostegno al lavoro e alla crescita debbano prevedere un meccanismo di favore differenziale per l’occupazione di giovani e donne. Più in particolare, tra le nostre proposte vi sono: per l’occupazione femminile, il potenziamento dei servizi pubblici per conciliare lavoro e maternità e un significativo aumento della detrazione fiscale per le mamme che lavorano“. Accidenti, siamo alla rivoluzione copernicana! Nulla da commentare, lo fa da sé il nulla che ammanta questa proposta-non proposta.

“EUROPA E CONTI PUBBLICI. Noi garantiamo gli accordi presi in Europa, anche se ricordiamo che li ha firmati Berlusconi e che la loro onerosità è dipesa dalla non credibilità e dalla incapacità del governo del centrodestra. In particolare garantiamo gli impegni sui conti pubblici approvati dal Parlamento italiano (il fiscal compact), compreso il pareggio di bilancio nel 2013. Da questo punto di vista bisognerà anche verificare concretamente i dati. Il 2013 rischia di essere un altro difficilissimo anno per i conti pubblici. Più in particolare noi siamo anche pronti ad accordi che consentano un maggiore e più stringente controllo reciproco sui bilanci pubblici dei diversi paesi. Purché in ambito europeo si arrivi, anche con il concorso delle altre forze progressiste europee, ad un cambiamento importante a favore della crescita. Noi pensiamo che ci sia modo e spazio per meccanismi che consentano investimenti (anche grazie ai project bond e agli eurobond) o di gestire in comune almeno una parte del debito pubblico di ogni paese (le proposte di Visco in Italia e dei consiglieri della Merkel in Germania), in modo da non pesare sui bilanci ma di ottenere il rinnovo dei titoli del debito pubblico a tassi di interesse molto più favorevoli di quelli attuali“. Ora, per questo punto vale il presupposto di sempre: io non credo a questa Europa e alla sua durata nemmeno nel breve termine, quindi si rischia di parlare di cose che non avranno senso già nel 2015. Detto questo, già il mettere nelle prime quattro righe del tema il rimando alle responsablità di Berlusconi e non proprie proposte, a mio modo di vedere la dice lunga. Ora, i project-bond ed euro-bond sapete che per quanto mi riguarda sono euroboiate buone per far eccitare intellettualmente quelli del Sole24Ore, non vedo però alcun punto riguardante il Patto di stabilità (sblocco attività enti locali) ma solo il signorsì alla Merkel nel pareggio di bilancio e del Fiscal compact come nostra Bibbia laica: il Pd finge di non capire che Fiscal compact e concetto stesso di crescita non possono coesistere, sono antitetici. La gestione comune di parte del debito pubblico mi pare un concetto di per sé lunare, altrimenti la Bce lo avrebbe fatto suo, piuttosto ch sfondare il bilancio tra un firewall e l’altro. Nessun accenno all’agenzia di rating europea, nessun accenno all’elezione diretta del presidente della Commissione europea.

“POLITICA INDUSTRIALE. L’Italia è il secondo Paese manifatturiero in Europa e non può perdere questa vocazione che va però riletta in chiave moderna. La politica industriale, fin qui grande assente, deve essere orientata a raccogliere la sfida del futuro, quella della sostenibilità ambientale. Per questo nella carta degli intenti abbiamo proposto di realizzare una politica industriale integralmente ecologica che punti in generale sull’uso efficiente delle risorse e sul riuso della materia, sostenga l’introduzione di nuove tecnologie ambientali in ogni settore, promuova le energie rinnovabili e l’efficienza energetica, la mobilità sostenibile, le scienze della vita, le nuove tecnologie applicate alla tutela e fruizione dei beni culturali e al made in Italy. Più in particolare, noi prevediamo di riprendere la direzione imboccata con il programma Industria 2015 per il sostegno dell’innovazione e delle tecnologie, di reintrodurre il credito di imposta per la ricerca e di varare sconti fiscali sugli utili che le imprese decidono di reinvestire in azienda“. Ridagli con il credito d’imposta per la ricerca, eppure Fassina e soci l’ha studiato e idolatrato per un po’ Blair: è come il metadone per i tossici, mica li disintossica, li fa stare docili. Serve, assolutamente, una defiscalizzazione su ricerca e innovazione, partenariato tra aziende-università-poli di ricerca, con lo Stato che in nome della sussidiarietà interviene solo a livello generale, garantendo linee di credito necessarie o vincoli particolari. Questa delle rinnovabili, poi, è la bufala del secolo: quanto eolico e fotovoltaico servirebbe per sostenere e mantenere competitivo il secondo complesso manifatturiero? Nemmeno mettendo pannelli e quant’altro su ogni metro quadro del Paese, occorre seguire la strada che stanno seguendo tutti gli altri: il gas di scisto, ad esempio, ma chi glielo dice a Vendola che tocca trivellare. Il nucleare, visto che passata l’emozione Fukushima qui continuiamo a pagare l’energia un capitale e se scoppia una centrale in Francia o Svizzera siamo nei guai ugualmente. Inconcludenti.

“GREEN ECONOMY. La sfida dell’economia verde, legata all’innovazione ed alla qualità, non riguarda un solo settore, ma l’intera economia. Basti pensare all’efficienza energetica e alla conseguente riduzione dei costi produttivi, alla riqualificazione degli immobili che può dare una spinta all’edilizia senza rischiare un eccessivo consumo del territorio, alla bonifiche delle aree industriali dismesse per avere spazi dove rendere possibile l’insediamento di nuove imprese e di investimenti anche internazionali, all’agricoltura di qualità. In questo contesto va anche considerato il tema della prevenzione ambientale e degli investimenti per la manutenzione del territorio: pur considerando importantissimo il presidio della protezione civile, la prevenzione è un impegno indispensabile“. Idem come sopra, non perdo tempo, né parole.

“CASA. Molte famiglie, soprattutto giovani, sono in grave difficoltà: non riescono a comprare casa, a pagare l’affitto, a estinguere il mutuo o ad accedere alle case popolari. Il PD rilancerà il mercato degli affitti, tra l’altro dando vantaggi fiscali a chi metterà sul mercato le abitazioni a prezzi calmierati. Siamo contrari a consumare altro territorio. Per questo metteremo al centro la manutenzione e la trasformazione del patrimonio esistente, compreso quello pubblico“. Ammetto che le politiche abitative non siano il mio forte, certamente da un lato un enorme numero di case sfitte appare motivazione sufficiente per escludere ulteriori interventi sul territorio ma resta il nodo cruciale della proprietà privata: tu puoi incentivarmi ad affittare a prezzi calmierati con politiche fiscali, ma io posso non volerlo fare lo stesso. Che si fa, si espropria il bene? Inoltre, le grandi città europee – Parigi, Londra – scontano anch’esse una crisi immobiliare pesante ma i grandi progetti, vedi l’edilizia residenziale nell’East End legata alle Olimpiadi o i progetti abitativi di lusso come quelli che sorgeranno nella Battersea Station non vengono ridimensionati, anzi. Il problema casa, a mio modo di vedere, è legato indissolubilmente al nodo bancario, ovvero mutui e pignoramenti: o si interviene sul ganglo mutuo-banca-Equitalia, oppure con il Patto di stabilità c’è poco da fare, anche a livello di sviluppo del social housing, esperimento di cui ad esempio la Lombardia è all’avanguardia.

“OPERE PUBBLICHE. Basta con la stagione delle grandi opere irrealizzabili e troppo costose. E’ urgente selezionare poche grandi opere strategiche e concentrare le altre risorse su un piano di medie e piccole opere. Lavori più sostenibili per l’ambiente, che si possano realizzare in fretta e capaci di rilanciare economia e lavoro“. Benissimo, ritengo anch’io che il Ponte sullo Stretto sia un’idiozia sesquipedale ma la Tav, come ci poniamo verso la Tav? Grillo, tra le cui fila Bersani ha già detto di voler far scouting, e Vendola, sono contrari, Bersani ondivago, parte del Pd è più legata all’area centrista favorevole: stessa pantomima per tutte le altre opere a venire?

“AGENDA DIGITALE. Un piano Industria 2020 dovrebbe riconoscere l’importanza delle “politiche industriali digitali” e promuovere un piano di alfabetizzazione digitale per le PMI. Agenda digitale non è solo economia: è democrazia. Traduciamo in italiano “open government” come un nuovo patto di cittadinanza digitale, in cui il PD porta un elemento distintivo di credibilità come partito del governo aperto ai cittadini (bilanci in opendata, finanziamenti, consultazioni, buone pratiche). Pensiamo a una “innovazione popolare” che passi da tema riservato a un’élite di esperti a questione centrale per rendere l’Italia più ricca, giusta e civile. Questo vuol dire incentivare i pagamenti elettronici; campagne di promozione della convenienza e sicurezza della moneta elettronica; l’incentivazione ai piccoli esercizi; obbligo di moneta elettronica per PA e professionisti, più tracciabilità e capacità di controllo dei pagamenti per servizi pubblici (ad esempio i parcheggi comunali). E ancora: cambiare la governance complessiva dell’Agenda Digitale che raccolga le competenze ora divise tra istituzioni diverse, promuovere un piano straordinario di alfabetizzazione digitale per i cittadini e le piccole imprese, abbassare l’IVA sui libri digitali al 4% dal 21% attuale, approvare un Freedom of Information Act per consultare online i documenti della PA, migliorare l’uso del Fondo comunitario “Connecting Europe Facility” e dei Fondi UE 2014-2020 per investimenti privati in zone rurali e suburbane per estendere la banda larga nei comuni, e allo stesso tempo aumentare la copertura del wi-fi pubblico“. Totalmente d’accordo a parte la moneta elettronica: prima voglio vedere vincoli precisi affinché le banche abbassino le commissioni e nessuna limitazione all’uso di contante che non sia parametrata alla media europea (oltre 10mila euro), poi se ne parla. Per il resto, sarebbe ora.

“LIBERALIZZAZIONI. Dopo le lenzuolate di Bersani varate durante i governi di centrosinistra (tra l’altro: commercio, energia elettrica, treni, trasferibilità cellulari e abbattimento commissione sulle ricariche, trasferibilità dei conti correnti e delle polizze assicurative…), nella legislatura appena finita il Pd ha presentato e predisposto oltre 30 provvedimenti di liberalizzazione. Verranno ripresentati e rafforzati nella nuova legislatura. Tra i temi di intervento, le professioni, i farmaci, i carburanti e l’energia, banche, trasporti e poste, assicurazioni, commercio, semplificazione per le imprese, tutela dei consumatori“. Le liberalizzazioni di Bersani si sono limitate ai parrucchieri aperti il lunedì e alle parafarmacia dentro le Coop per vendere l’aspirina, punto. Come per Pdl e Lista Monti, io sono favorevole e speranzoso ma le lobby e i potentati di rendite, come si sa, non sono affatto alieni nemmeno al Pd. Anzi.

“FISCO. Fin da prima del decreto Salva Italia, noi abbiamo proposto di alleggerire l’Imu, imposta approvata dal governo Berlusconi nell’ambito del federalismo fiscale, sulla prima casa degli italiani che hanno redditi più bassi. E di finanziare questa agevolazione con un’imposta personale sui grandi patrimoni immobiliari, cioè un prelievo aggiuntivo sui patrimoni immobiliari di valore superiore a soglie particolarmente elevate. Più in particolare l’ipotesi è di evitare il pagamento dell’Imu per le prime case fino a 400-500 euro di imposta e di compensare questo sgravio con un aggravio, gradualmente progressivo, a partire dagli immobili che abbiano un valore superiore al milione e mezzo di euro dal punto di vista catastale, cioè almeno tre milioni di euro di valore commerciale. Nel corso dell’iter parlamentare del provvedimento sull’Imu, il Pd ha già proposto di destinarne il gettito ai comuni. La proposta non è stata accolta dal governo Monti“. L’Imu va, a mio avviso, o eliminata del tutto o ricalibrata nel suo scaglione di prima casa: se il Pd lo farà, bene, ma attenzione alla demagogia sull’aumento progressivo rispetto a rendite catastali sopra il milione. Si rischia l’effetto Hollande, oltre che una figuraccia quando ci si renderà conto che il gettito non sarà sufficiente a compensare: servono altri tagli e introiti per tamponare l’assenza di Imu, così come l’Irap.

“PATRIMONIALE. Noi non proponiamo interventi generali sul patrimonio. Per le ricchezze di tipo mobiliare (azioni, fondi, liquidi, titoli pubblici…) per noi sono importanti la trasparenza e la tracciabilità. E sono importanti perché oggi è decisivo sapere davvero dove sono redditi e ricchezze per rendere gestibile qualsiasi ipotesi di ogni eventuale contributo dei più abbienti per l’accesso ai servizi di un Welfare che va garantito ma che appunto per questo bisogna mettere al sicuro dal punto di vista della sostenibilità finanziaria“. Boh, voi avete capito? Io no, quindi non mi stupirebbe una patrimoniale, magari mascherata.

“EVASIONE/ELUSIONE FISCALE. Decisiva per noi è la fedeltà fiscale. Gli interventi da questo punto di vista riguardano, oltre all’uso concreto ed efficiente delle banche dati, soprattutto la riduzione nella circolazione del contante: la trasparenza nei pagamenti è fondamentale. Considerando i benefici che verrebbero alle banche da un maggior ricorso agli strumenti di pagamento elettronico (bancomat, carte…) sarà necessario fare un accordo con le aziende di credito perché azzerino, o comunque abbassino in modo decisivo, i costi delle carte. Sarà importante anche rendere più difficili tutte quelle attività che oggi consentono di spostare facilmente fondi e basi sociali da un paese all’altro per non pagare le imposte“. D’accordo sul punto della riduzione dei costi per le carte – auguri al Pd se spera di ottenere qualcosa – ma questa malattia legata al contante, tutta italiana, rischia di diventare veramente un qualcosa di controproducente: mille euro è già poco, scendere al di sotto una limitazione della libertà.

“ABBASSARE LE IMPOSTE? Le imposte oggi pesano troppo su lavoro e impresa e troppo poco sulla rendita. Salvo restando l’equilibrio dei conti pubblici, in prospettiva, e anche grazie ai proventi di una vera lotta all’evasione e all’elusione fiscale, noi prevediamo di riequilibrare il prelievo fiscale sui redditi da lavoro, autonomo e dipendente, e sugli investimenti. L’obiettivo è di rendere più redditizio l’impegno nell’economia reale e che da occupazione, rispetto alle posizioni di rendita“. Come Monti, si punta ad abbassare le tasse attraverso fondi non incamerati, ovvero il dato aleatorio della lotta all’evasione/elusione fiscale, ovvero l’abbassamento delle tasse per il Pd è un provvedimento senza copertura. Quindi, di interesse non strategico.

“PENSIONI. Per noi va completata la copertura del problema esodati. Nel medio-lungo periodo pensiamo che sia necessario rendere il sistema pensionistico più flessibile, ferma restando l’attenzione alla assoluta stabilità finanziaria, e prevedendo anche forme di invecchiamento attivo“. Nulla da obiettare su questo punto ma temo che Vendola-Cgil propenderanno per qualcosa di più leftist, mentre un’eventuale accordo con Monti porterebbe verso direzioni opposte. Grillo, poi.