La medicina era troppo amara per gli stomaci degli italiani, sostiene il Financial Times. L’Italia è la vittima più illustre dell’austerità, scrive Paul Krugman. Vielen dank, Frau Merkel. Wall Street scende preoccupata per il rischio Italia che si trasforma in rischio Europa. E trascina con sé la borsa di Tokyo. Oggi si balla nella City e in piazza Affari mentre lo spread, che non dorme mai, risale. Gli elettori si sono tolti lo sfizio di fare uno sberleffo non solo alla cura Monti, ma al sistema, e ora corrono in banca per capire che ne sarà dei propri risparmi assottigliati già dalla recessione. La risposta avrebbero potuto darsela da soli, ma spesso la storia non ragiona con la testa, come ci spiega Tolstoi in mirabili pagine di “Guerra e Pace”.
Cos’è successo è semplice: ha vinto il vaffa-movement. Il centrosinistra guidato da Bersani ha pagato l’appoggio a Monti e la debolezza della propria leadership. L’alleanza con Vendola si è rivelata sbagliata, come volevasi dimostrare: ha fatto perdere al centro, mentre la sinistra radicale è stata risucchiata dalle Cinque stelle. Il centrodestra ha resistito grazie a un Berlusconi maestro di campagne elettorali, ma ha lasciato per strada milioni di votanti. Sono rimasti a casa o sono andati da Grillo. Esattamente com’è successo in Grecia con Syriza, il comico-tribuno ha pescato tra tutti gli scontenti. Il risultato è un Parlamento diviso in quattro spicchi, nessuno dei quali grande abbastanza per governare. Anche in questo, italiani e greci stessa faccia stessa razza. Ma con una differenza: non possiamo fare come in Grecia e tornare subito al voto. A meno di non farci prima commissariare dall’Unione europea.
Politici, politologi, analisti riempiranno pagine e pagine per spiegare gli errori di Monti e di Bersani. Ma adesso è importante capire che succede, cioè se c’è una via d’uscita da questa trappola. La parola, dopo i confusi rumori delle urne, torna nelle immense e silenziose stanze de Quirinale. Per fare cosa? Intanto non c’è più nessun deus ex machina, tanto meno una scorciatoia tecnica o istituzionale. Tra gli scenari possibili, un governo Bersani-Monti non ha i numeri. Bersani-Grillo, modello Crocetta in Sicilia, non esiste. Resta una grande coalizione. Ma Bersani non può proporre un’alleanza con Berlusconi. E Berlusconi non appoggerebbe mai Monti. Un’ipotesi di larghe intese su un governo di minoranza per rifare la legge elettorale e tirare avanti fino alle europee del 2014 ha un senso. Certo, verrebbe boicottata da Grillo e aumenterebbe il grillismo, senza avere la forza di compiere scelte radicali che potrebbero raddrizzare la barca prima che affondi del tutto.
L’unica prospettiva sarebbe un accordo tra Bersani e Berlusconi per un governo che non sia guidato né dall’uno, né dall’altro e tenga fuori anche Monti. Il suo programma dovrebbe essere una legge elettorale modello comunale, maggioritaria con elezione diretta del premier; più una serie di misure eccezionali per abbattere lo stock del debito, concordate e garantite dalla Banca centrale europea, che liberino le risorse per alleggerire le imposte. In un anno, con una congiuntura migliore e un ragionevole sostegno dell’Unione europea, l’Italia potrà vedere la luce fuori dal tunnel. Un tale governo avrebbe l’opposizione ancor più radicale di Grillo, ma se riuscirà a migliorare le cose e a innescare la governabilità, potrà ridurre lo tsunami a un’onda anomala.
Chi è in grado di proporre un tale percorso? Napolitano in uscita? Non è realistico. E forse non lo sarà finché non si insedierà un nuovo Presidente della Repubblica. La partita decisiva, allora, si sposta al Quirinale, confermando la strada surrettiziamente presidenzialista che l’Italia ha imboccato. Qui i grillini dovranno parlare non solo di piste ciclabili e chilometri zero. Magari proponendo una figura stravagante, che so un Dario Fo. Ma cominceranno a far politica.
Se le cose stanno così, allora dovremo trascorrere ancora mesi di incertezza estrema e certo non possono che fare del male. I mercati picchieranno duro e crescerà nella stessa Europa la convinzione che l’unico modo per evitare che la perenne crisi italiana si trasformi ancora in crisi sistemica, è ricorrere al salva-stati, un meccanismo concepito proprio a questo scopo. Se lo chiedesse anche la Spagna, l’impatto sull’euro verrebbe sterilizzato. Ma le conseguenze sociali nei due paesi sarebbero ugualmente pesanti. I grillini capirebbero che non esistono pranzi gratis.
Non è interesse di nessuno impartire lezioni autolesioniste improntate al tanto peggio tanto meglio. Non conviene nemmeno alla Germania. La signora Merkel dovrà fare i conti, di qui a settembre, quando si vota, con le conseguenze perverse di un rigorismo fanatico. La Cancelliera se ne rende conto e speriamo che il pragmatismo prevalga rispetto alla voglia di lisciare il pelo alla bestia nazionalista.
Dunque, comincia oggi una partita a scacchi difficilissima, dove contano la strategia, la tenuta, i nervi. Una partita in cui il fattore tempo è prezioso. Calma e gesso. Fare precipitare tutto sarebbe davvero un passo nell’abisso.