L’euro sta salendo a razzo verso l’1,40 per un dollaro e oltre. Se tale movimento continuerà, le nostre esportazioni perderanno competitività. L’export è una delle poche leve per attutire e invertire la recessione e la sua eventuale contrazione minaccia di compromettere la ripresa. Già da tempo segnalo su queste pagine il pericolo: ora questo è più visibile.



Soluzioni? Il sistema globale ha perso coordinamento – il G20 non dimostra capacità di ripristinarlo – e molte nazioni hanno deciso di mantenere (Cina) o adottare in modi più decisi (America, Giappone) la leva della svalutazione competitiva per sostenere la loro crescita. Molti parlano di “guerra delle valute” perché le nazioni attuano soluzioni nazionali divergenti, e non globali convergenti, per uscire dalla crisi.



L’autorità monetaria statunitense (Fed) ha come obiettivo la riduzione della disoccupazione fino al 6,5%. Oggi è attorno all’8% e il suo riassorbimento appare molto lento. Ciò fa prevedere che la politica monetaria americana resterà espansiva e inflazionistica per almeno un paio d’anni. La Fed, inoltre, continuerà a stampare moneta per comprare debito pubblico. Tali misure servono a forzare la crescita, ma comportano una riduzione del valore della moneta. Per questo il mercato sposta i capitali verso l’Eurozona, alzando il cambio dell’euro, dove alla Banca centrale è vietato stampare moneta per comprare debito e il valore della valuta è difeso anche al costo di sacrificare la crescita.



Ciò comporta un vantaggio nel pagare meno le importazioni di materie prime ed energia prezzate in dollari, ma al costo di una caduta della competitività che poi si traduce in recessione. Il cambio dell’euro sta andando ben oltre il punto di equilibrio tra svantaggi competitivi e vantaggi disinflazionistici. La Bce interverrà per abbassare l’euro o accetterà – come vuole la Germania – di difendere la stabilità monetaria al costo di una recessione sempre più grave? Interverrà certamente per evitare una crisi catastrofica, ma cercando un compromesso tra “criterio tedesco” e difesa della competitività valutaria che per l’Italia potrebbe essere insufficiente.

Nel recente passato, infatti, la Bce ha limitato il rialzo dell’euro sul dollaro quando il primo arrivava vicino all’1,45 sul secondo, ma la soglia di competitività per l’export italiano, in base ai dati 2012, è sotto l’1,30. Poiché è improbabile un accordo G20 per limitare le svalutazioni, ci restano solo due speranze: (a) almeno un accordo euro-dollaro; (b) una politica monetaria europea più realistica.

 

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