Il differenziale tra Btp e Bund ieri ha toccato i 282 punti base, superando per la prima volta quota 280 dal 9 gennaio. In Spagna invece ha superato quota 370 punti, e secondo alcuni osservatori le Borse di Milano e Madrid sarebbero legate da un unico comune denominatore: le elezioni sempre più imminenti. Ilsussidiario.net ha chiesto un commento sulla situazione dei mercati a Luigi Campiglio, professore di Politica economica all’Università Cattolica di Milano.
La crescita dello spread in Italia è legata ai timori di un governo Berlusconi?
L’aumento dello spread è generalizzato, e non riguarda solo Italia e Spagna. Una caratteristica centrale in cui si rivela la “solidarietà” europea – lo dico in modo ironico – è che il movimento di questi differenziali tende a muoversi all’unisono. Se l’Italia va su, altrettanto accade a Spagna, Portogallo e Irlanda, e lo stesso se i rendimenti scendono. Il punto di origine del movimento solidale è quindi molto più complesso dei timori di un governo piuttosto che un altro, anche se le elezioni di sicuro sono un appuntamento che può offrire qualche opportunità di guadagno.
La “solidarietà” dello spread lascia sempre fuori la Germania…
A differenza dell’Italia, in Germania le elezioni si terranno il prossimo settembre. Quelle del 24 e 25 febbraio saranno elezioni incerte ed è quindi probabile che ci sia un qualche nervosismo sui mercati. Il rialzo c’è, non è ancora a livelli preoccupanti: potrebbe diventarlo, anche se speriamo che ciò non avvenga. Ormai appare del tutto evidente che i movimenti dei tassi e degli spread nei Paesi del Sud dell’Europa tendono ad andare insieme e a condizionare questi movimenti è un significativo grado di incertezza.
Qual è stata quindi la vera motivazione del calo dello spread negli ultimi sette-otto mesi?
La vera diminuzione degli spread è iniziata a partire dal luglio dell’anno scorso, quando Draghi ha dichiarato che era disponibile a fare tutto ciò che era necessario per tenere in piedi l’euro. E’ stato quello il punto di svolta per tutta l’Europa, e dal momento in cui Draghi ha compiuto quella dichiarazione di fatto ha impresso una direzione nuova ai mercati, con una diminuzione dello spread che stiamo registrando in tutti i Paesi. Draghi e la Bce sono stati convincenti e credibili, ma tutto questo non è sostanzialmente costato nulla o quasi nulla rispetto a quanto la Banca centrale aveva già fatto prima. Non c’è stato cioè un massiccio quantitative easing analogo a quello che da diversi anni sta operando la Federal reserve americana.
Quali sarebbero il significato e le conseguenze del quantitative easing?
Il quantitative easing consiste nel comperare sul mercato titoli di Stato e non solo, immettendo liquidità. Un’operazione di questo tipo, che significa riconoscere alla Banca centrale europea un ruolo di prestatore di ultima istanza, finora non è avvenuta nei fatti, nonostante Draghi l’abbia annunciata. Quello che potrebbe quindi accadere è che in occasione delle prossime elezioni, i mercati “vadano a vedere”, come si usa dire a poker. Lo spread si alza cioè perché i mercati vogliono scoprire quanto sia credibile la minaccia di Mario Draghi di fare ricorso al programma Omt di acquisto dei titoli di stato dei paesi in difficoltà. E’ questo il vero scenario che ci troviamo di fronte, che non ha niente a che fare con un’eventuale sostituzione del governo Monti con un nuovo esecutivo. E’ uno scenario nel quale i mercati hanno fatto marcia indietro dopo la dichiarazione molto netta e decisa di Draghi. A distanza di sette o otto mesi, vogliono vedere se dietro le sue parole così forti ci sia una reale sostanza.
Secondo lei, Draghi ha fatto solo promesse e nient’altro?
Il punto non è che non abbia fatto niente. Le sue dichiarazioni sono state decisive, perché si è giocato la reputazione personale e della stessa Banca centrale europea. Non ha però messo in movimento particolari risorse o prestiti, ma ha promesso che avrebbe fatto qualsiasi cosa sarebbe stata necessaria. Questa dichiarazione di per sé è bastata a calmare i mercati. Ora potrebbe esserci la tentazione da parte di qualcuno di vedere se davvero Draghi sia disposto a fare qualsiasi cosa pur di salvare l’euro. I mercati giocano su queste scommesse e qualcuno potrebbe approfittarne dato il contesto di incertezza. Un’incertezza che non riguarda però soltanto Spagna e Italia, ma qualunque elezione.
(Pietro Vernizzi)