Il declino di Seat Pagine Gialle sembra inarrestabile. La società ha chiesto l’ammissione al concordato preventivo. La decisione è stata assunta dal Cda nominato il primo febbraio e composto da Guido de Vivo, Vincenzo Santelia, Chiara Damiana Maria Burberi, Mauro Pretolani, Paul Douek, Luca Rossetto, Francesca Fiore, Harald Rosch e Mauro Del Rio. Una scelta necessaria per poter assicurare la continuità aziendale, considerando il fatto che si è reso impossibile onorare gli impegni sul debito relativi a quest’anno in seguito alla revisione al ribasso del target. In particolare, come rende noto l’azienda stessa, «il gruppo, pur mantenendo una apprezzabile capacità di generare redditività e cash flow operativi, ha un livello di indebitamento finanziario che non è sostenibile in ottica prospettica e che oltretutto rappresenta un ostacolo per interventi volti allo sviluppo industriale». Gli impegni di cui si parla ammontano a 200 milioni di euro, di cui 70 milioni per quota capitale e 130 milioni per interessi. Secondo le previsioni, invece, Seat sarà in grado di generare una redditività in “cash flow a servizio del debito” equivalente a 50 milioni di euro ed una liquidità effettivamente disponibile di circa 100 milioni. Tra le motivazioni dello stato economico dell’azienda, le mutate condizioni generali di contesto rispetto a quando è stato realizzato il piano industriale. Non saranno erogati pagamenti della rata semestrale di interessi dovuta il 31 gennaio 2013 sui prestiti obbligazionari e non sarà, inoltre, liquidato il pagamento delle rate derivanti dagli interessi sul finanziamento bancario senior unsecured in scadenza al 6 febbraio prossimo. La domanda portata in tribunale, mentre si attende l’elaborazione di una nuova proposta industriale, è stata presentata “in bianco”, come prevede il comma 6 dell’articolo 161 r.d. 267/1942. Seat ha inoltre reso nota l’intenzione di avvalersi delle facoltà previste dagli articoli 70, comma 8, e 71, comma 1-bis, del Regolamento Emittenti; in sostanza, ha deciso di disporre della deroga dall’obbligo di pubblicare un’informativa che viene normalmente emanata in occasione di operazioni di una certa entità di fusione, aumento di capitale o scissioni.
Nel frattempo, il titolo in Borsa è diventato praticamente carta straccia. Attualmente è in asta di volatilità, ha perso il 40% del proprio valore è viene quotato a 0,0008 euro. Come se l’intera azienda valesse solamente 12,5 milioni di euro.