L’amministratore delegato di Eni, Paolo Scaroni, risulterebbe indagato per corruzione internazionale nell’ambito dell’inchiesta portata avanti dalla Procura di Milano e dalla Guardia di Finanza riguardo una presunta maxi tangente versata ad alcuni esponenti del governo dell’Algeria. In particolare, sembra che Scaroni abbia pagato una mazzetta da quasi 200 milioni di euro per garantire che Eni si aggiudicasse una commessa di 11 miliardi di dollari. Il nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza ha svolto perquisizioni presso gli uffici di Roma e San Donato Milanese di Eni e Saipem, mentre le Fiamme Gialle si sono recate presso l’abitazione milanese di Scaroni in viale Majno. Oltre a Scaroni, anche Saipem e la controllante Eni sarebbero coinvolte nelle indagini come persone giuridiche, secondo le procedure previste dalla legge 231. “Siamo totalmente estranei”, ha detto poco fa l’ad di Eni all’Ansa. Secondo le indagini dei pm di Milano Fabio De Pasquale, Giordano Baggio e Sergio Spadaro, al centro dell’inchiesta vi sarebbe una commessa di 11 miliardi di dollari e una maxi tangente da 197 milioni di euro. Secondo quanto emerge fino ad ora dall’ipotesi accusatoria, sembra che Eni e Saipem abbiano elargito i quasi 200 milioni di euro a una società di Hong Kong, la Pearl Partners Limited, che fa a capo all’intermediario Farid Noureddine Bedjaoui. Questo denaro sarebbe poi stato distribuito a esponenti del governo algerino, faccendieri e manager Sonatrach. Lo stesso Scaroni, secondo l’inchiesta, avrebbe partecipato almeno a un incontro con Bedjaoui proprio con l’obiettivo di far aggiudicare all’Eni le commesse miliardarie. Proprio il direttore finanziario Alessandro Bernini e il direttore dell’area Engineering&Construction, Pietro Varone, avrebbero comunicato con la Pearl Partners Limited, mentre dalle carte degli inquirenti sarebbero emersi legami economici tra Bedjaoui, rappresentante legale della società di Hong Kong, e la ex moglie di Varone. Intanto proprio la notizia delle indagini in corso sta trascinando verso il basso il titolo di Eni (-4,62%), mentre attualmente ancora regge quello di Saipem (+5,07%). 



Nell’inchiesta sulla presunta corruzione internazionale in Algeria sarebbero indagate altre sette persone, tra cui il dirigente Saipem Pietro Varone, Tullio Orsi, ex dirigente della stessa società, Pietro Tali, ex amministratore delegato Saipem, Alessandro Bernini, ex direttore finanziario Saipem, e altri due dirigenti della stessa, Antonio Vella e Nerio Capanna. Sembra sia indagato anche Farid Bedjaoui, colui che avrebbe fatto da intermediario con la società di Hong Kong che avrebbe ricevuto la maxi tangente.

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