E’ realistico immaginare che l’incertezza politica italiana possa in qualche modo sostenere i titoli di Stato degli altri Paesi deboli d’Europa, per esempio Spagna e Portogallo? Difficile da dire, in particolare perché le due nazioni in questione, per i motivi che ormai conosciamo, di certo non godono di una salute migliore della nostra. I mercati, però, di fronte al caos post elettorale italiano e al rischio che il Paese possa ritrovarsi senza un governo, sembrano considerare effettivamente plausibile l’ipotesi che la Bce possa intervenire a sostegno degli altri paesi in difficoltà per spegnere eventuali focolai di contagio. Il Portogallo, del resto, avendo già attivato un programma di aiuti, non dovrebbe neanche negoziare nuove condizioni. Ne abbiamo parlato con Mario Seminerio, economista e autore del blog Phastidio.net.
Cos’è accaduto dopo le recenti elezioni?
All’indomati del recente turno elettorale, l’Italia ha sicuramente fatto peggio di altri paesi europei dal punto di vista dello spread. Avevamo circa 70-75 punti base di differenziale con la Spagna, mentre oggi siamo a 25, segno evidente di una sottoperformance italiana rispetto al resto d’Europa. E’ però interessante il fatto che non siamo sistemici, cioè che questo danno non è (ancora) stato trasmesso agli altri paesi.
Cosa può dirci della situazione italiana?
I dati dell’Unione europea dicono chiaramente che abbiamo raggiunto il pareggio di bilancio su base strutturale: nonostante un deficit/Pil al 3%, infatti, risultiamo sostanzialmente in pareggio perché il dato è corretto per il ciclo economico. Non serviranno dunque manovre aggiuntive, mentre ci sono paesi, come la Francia e la Spagna, che probabilmente chiederanno e otterranno il rinvio di un anno del consolidamento fiscale. C’è poi un altro motivo per cui nuove manovre sono da escludere.
Quale?
Non si possono chiedere altre manovre semplicemente perché i governi potrebbero rifiutarsi di farle. Inoltre, con un esplicito rifiuto da parte dei governi a ottemperare a nuove manovre, sarebbe a rischio la stessa costruzione europea e potrebbe nascere una crisi istituzionale estremamente grave. I tedeschi questo lo sanno e vogliono arrivare alle loro elezioni politiche, in programma a settembre, con un clima relativamente tranquillo. La previsione di base, quindi, è una sostanziale quiete fiscale per buona parte del 2013.
Lo stesso vale per Spagna e Portogallo?
Le condizioni della Spagna sono senza dubbio peggiori delle nostre, tra un deficit/Pil al 6,5% e manovre per svariate decine di miliardi di euro a cui ancora non si è venuti a capo. Lo stesso Portogallo si trova in una situazione estremamente delicata: il Paese è infatti ancora in regime di assistenza finanziaria, anche se probabilmente potrebbe tornare sui mercati già dopo l’estate.
Come si spiega allora il miglioramento dello spread della Spagna rispetto all’Italia?
Non credo che questo derivi dal fatto che gli investitori internazionali abbiano spostato i propri fondi dall’Italia alla Spagna, anche perché si tratterebbe di un gesto poco razionale. Più probabilmente, quindi, sono avvenute delle vendite sull’Italia in un momento di forte liquidità e in cui si ritiene possa esserci quella situazione di “tregua” fiscale di cui parlavamo in precedenza.
Crede sia realistico un futuro intervento della Bce?
Senza dubbio il governo spagnolo non ha alcuna intenzione di chiedere gli aiuti e senza una richiesta formale la Bce non può attivare le procedure Omt. Per quanto riguarda invece il Portogallo, lo stesso Draghi ha sottolineato di recente che un Paese, per attivare gli aiuti, deve essere tornato sul mercato, cioè deve tenere delle regolari aste di titoli pubblici. Detto questo, francamente non vedo alcuna valutazione di privilegio della Bce nei confronti di Spagna e Portogallo rispetto all’Italia.
Come mai allora l’Italia risulta al momento meno “avvantaggiata” rispetto a Spagna e Portogallo?
La grande liquidità presente sui mercati e la promessa di Draghi di intervenire (ma solo nel caso in cui ci fosse realmente bisogno e solo se i paesi lo richiederanno formalmente), fanno sì che i mercati non attacchino paesi dell’Eurozona. In secondo luogo, come dicevo, i mercati hanno previsto che il 2013 sarà un anno di tregua fiscale: sono questi elementi a permettere che il denaro si diriga in alcune circostanze su titoli ad alto rendimento, quindi spagnoli, portoghesi e italiani. Prima delle elezioni anche noi beneficiavamo di questo clima, poi interrotto con la successiva instabilità politica.
Quindi siamo instabili, ma non contagiosi?
Esatto. L’esito elettorale non ha fatto altro che “isolarci” da questo benefico flusso di liquidità, ma senza dubbio non sarà l’incertezza politica italiana a sostenere i titoli di Stato degli altri Paesi deboli.
(Claudio Perlini)