Con un mio precedente articolo ho introdotto l’argomento dei frattali e delle loro proprietà come strumento utile a capire gli sviluppi della crisi economica e pure di quella politica. Nonostante i miei sforzi, a qualche lettore l’argomento non è parso chiaro e quindi cercherò di ripetere alcuni concetti con l’aiuto di ulteriori esempi. Quando la volta scorsa ho detto che “il voto è frattale” intendevo dire che lo è in rapporto alle convinzioni politiche del singolo elettore. E lo avevo detto facendo l’esempio su di me: se le mie idee politiche coincidono al 70% con quelle del partito A, al 25% con quelle del partito B e al 5% con quelle del partito C, io non posso distribuire il mio voto con le stesse percentuali. A causa del meccanismo di voto (un solo voto a un solo partito), la distribuzione conseguente sarà con il 100% del mio voto al partito A e 0% agli altri due partiti. Amplificando la situazione, se il 90% dei votanti preferisce al 51% il partito A rispetto al partito B, il partito A avrà il 90% dei voti, anche se i votanti saranno d’accordo solo sul 51% delle sue proposte politiche.



Con l’espressione “il voto è frattale” ho inteso dire che il meccanismo di voto impone una scelta che impedisce una distribuzione continua e forza una decisione, da una parte o dall’altra. Questo meccanismo “frattale” favorisce gli eccessi, come nell’esempio sopra riportato. La proprietà dei frattali di costruire distribuzioni che favoriscono gli eccessi è ben nota a quegli studiosi di matematica che hanno studiato i frattali. Ma non si tratta di una scienza occulta: è qualcosa che, nella sua semplicità, si studia al liceo. Eppure dai professoroni di economia (ma pure da tanti politici) sembra una lezioncina dimenticata.



In realtà, nel caso dei professoroni, non si tratta di un caso di scarsa memoria a lungo termine; si tratta, invece, di una precisa scelta ideologica, nonostante le ulteriori e indiscutibili scoperte della scienza economica. Si tratta di conoscenze ormai consolidate, ma che cozzano contro l’ideologia modernista e liberista oggi dominante. Mi sembra allora utile ripassare la storia di queste scoperte.

Il matematico Mandelbrot ha iniziato ha studiare i frattali negli anni Sessanta. Negli anni Settanta e Ottanta diverse sue pubblicazioni scientifiche avevano rese note le sue principali conclusioni, almeno agli specialisti. Ma negli anni Ottanta la bellezza dei frattali divenne di pubblico dominio, tanto che si diffuse un po’ la moda di riportare alcuni grafici stampati sulle magliette. Ma la ricerca non si è fermata qui.



Nel 1951 Kenneth Arrow formulò il suo celebre Teorema dell’Impossibilità. L’enunciato di quel teorema suona pressappoco così: se abbiamo una situazione di democrazia (non dittatorialità, non imposizione, universalità, ecc.), allora non esiste un sistema di votazione capace di preservare in ogni caso le scelte sociali, cioè la volontà dell’elettorato. Si tratta di uno dei gravi limiti noti della democrazia, che non a caso è stata definita il migliore dei sistemi imperfetti.

E questo ha delle gravi conseguenze pure sulla scienza economica. Con i suoi studi, pubblicati nel 1971, l’economista Amartya Sen ha dimostrato matematicamente l’impossibilità di perseguire l’efficienza ottimale, definita anche “efficienza paretiana”, insieme al liberalismo. Questo porta come conseguenza che il liberalismo economico, il libero mercato senza vincoli, non porta all’efficienza dell’economia, non porta al giusto prezzo. E qui non sto parlando delle oscure ricerche di due sconosciuti: sto parlando di due premi Nobel per l’Economia, del 1972 il primo, del 1998 il secondo.

Allora perché, nonostante le affermazioni raggiunte dalla scienza economica, oggi il liberismo è divenuto dominante? Perché ha vinto la dottrina del libero mercato? Perché così stava bene ai poteri finanziari, perché il libero mercato favorisce gli eccessi, cioè favorisce l’accumulo di ricchezze, favorendo ovviamente chi è già ricco. E cosa c’entrano la dimostrazione di Amartya Sen e l’efficienza paretiana con le distribuzioni inique create dai sistemi frattali? C’entrano, perché le distribuzioni (dette anche distribuzioni di Pareto) in questione sono note in matematica per essere funzioni di una legge di Potenza, cioè esattamente la stessa legge di distribuzione che viene indotta dalla geometria frattale.

Lo stesso Pareto (economista italiano vissuto circa cento anni fa), convinto liberista, rimase deluso nello scoprire quello che poi passerà alla storia come Principio di Pareto: cioè la scoperta che, in quasi tutte le condizioni sociali e in diverse epoche, facilmente la ricchezza si distribuiva iniquamente, secondo il principio 80/20 (il 20% della popolazione più ricca tendeva ad avere l’80% della ricchezza di un Paese, o anche più). L’aumento di ricchezza dei ricchi è anche cronaca dei giorni nostri: lo ha rilevato pure una recente ricerca di Bankitalia.

Cosa fare, di fronte a un sistema che lasciato a se stesso continua a essere generatore di diseguaglianza? Ovviamente qui lo Stato deve intervenire in maniera appropriata. Ma se uno Stato non ha più la sovranità monetaria, se lo Stato, per lo svolgimento ordinario della propria attività, è costretto a indebitarsi su una moneta della quale non può gestire il flusso, né determinare il valore, un tale Stato non ha altra scelta che quella del debito. E tale debito, insostenibile nella logica dei numeri e del buon senso, diventa comunque insostenibile nel lungo periodo. Per un’azione efficace, la sovranità monetaria è quindi indispensabile.

Nel frattempo, poiché la crisi morde, occorre che gruppi e comunità si organizzino per costituire sistemi di Moneta complementare locale, in modo da distribuire uno strumento monetario in quantità uguali per tutti, in modo da favorire i più bisognosi, come per esempio viene fatto dalprogetto Scec. Questa modalità è pure quella che meglio contrasta le diseguaglianze, poiché, in proporzione, dà di meno a chi più ha e dà molto ha chi ha poco o nulla.

Da un punto di vista sociale, per impedire l’amplificazione e la diffusione delle disuguaglianze, occorre che la politica favorisca quei corpi sociali intermedi che di fatto moderano gli eccessi e aiutino le fasce di popolazione più bisognose. E strumenti di Moneta complementare locale possono favorire proprio la diffusione e la crescita sul territorio di questi corpi sociali. In questo contesto, nella relazione tra i diversi corpi sociali, ha senso affermare il principio di sussidiarietà. Altrimenti, come accade in questi tempi, diventa una pura chiacchiera, una teoria incapace di incidere nella realtà.