Nuovo record per il debito pubblico italiano. Dopo i 2.020,82 miliardi di euro di novembre, a gennaio ha toccato quota 2.022,7 miliardi. Il dato è contenuto nel supplemento al Bollettino statistico di finanza pubblica della Banca d’Italia. Nel 2012 l’Italia ha destinato 29,5 miliardi al sostegno finanziario dei Paesi della zona euro, una cifra che pesa per un terzo sull’incremento annuo del debito pubblico da 81,5 miliardi. Ilsussidiario.net ha intervistato Gustavo Piga, professore di Economia politica all’Università Tor Vergata di Roma.
Che cosa ne pensa di questo nuovo record del debito pubblico italiano?
In primo luogo, il vero dato che conta non è il debito in quanto tale, ma il rapporto debito/Pil. La nostra capacità di sapere come varierà il Pil nel prossimo futuro è estremamente legata alla possibilità di indovinare che cosa accadrà alle politiche macroeconomiche in Europa. Per esempio, come scrive il Financial Times, la Germania ha anticipato di un anno il suo percorso di rientro dal debito così come è previsto dalla sua Costituzione. E‘ stata dunque introdotta un’ulteriore manovra restrittiva di tagli di spesa da cinque miliardi di euro.
Si tratta di una cifra significativa?
E’ una manovra di per sé molto piccola, in rapporto al Pil tedesco equivale allo 0,1-0,2%. Il punto però è che la ripresa in Europa dipende in primo luogo dalle scelte della Germania, che rappresenta il Paese che ha più spazio fiscale per far agire i moltiplicatori in una fase in cui la stessa Berlino attraversa delle difficoltà di crescita. Questa decisione cancella quindi ogni speranza che la Germania rinsavisca prima delle elezioni politiche di settembre.
Che cosa c’entra la manovra tedesca con il debito italiano?
Da un lato una Germania che cresce meno farà sì che anche la ripresa italiana arrivi più tardi. Inoltre, ciò avrà come conseguenza che per l’Europa sarà più difficile scommettere su politiche anti-austerità, e quindi si rifletterà su un ulteriore peggioramento dello scenario internazionale. E’ possibile che Cina, India e Stati Uniti tornino a crescere, ma se noi non vogliamo lasciare il nostro Pil in mano a questi paesi e ai rischi che sono impliciti anche nell’andamento dell’economia, dobbiamo riprendere in mano il pallino della ripresa. Per farlo occorre rilanciare la domanda interna dell’Europa, come farebbe qualsiasi altro Paese con 300 milioni di abitanti. Ciò però sembra che non avverrà almeno fino alle elezioni tedesche di settembre, e così la prospettiva è quella di perdere altri sei mesi per fare crescere il Pil.
Come valuta il fatto che l’Italia ha destinato 29,5 miliardi di euro ai Paesi eurodeboli?
Sarebbe mettere la benzina sul fuoco se in Europa ci sgridassero per quella componente di debito pubblico che sale perché abbiamo avuto il coraggio e la solidarietà di aiutare altri paesi in difficoltà. Sono sempre stato critico nei confronti del governo Monti, ma non mi azzarderei mai a inserire gli aiuti stanziati dall’Italia nella variabile della crescita del debito. Al netto dei 29,5 miliardi le dinamiche sono più lente, meno drammatiche, ma comunque il debito pubblico sul pPodotto interno lordo continua a salire. Il vero problema però è un altro.
E sarebbe?
La questione è dove siano finiti i soldi che gli italiani hanno pagato per risollevare la Grecia. Dobbiamo chiederci se siano andati ai cittadini greci, se siano entrati nei gangli della loro economia e della loro società, o se siano stati destinati a ben altri scopi.
Quali?
A ripagare un debito che in parte si è creato per situazioni legate a comportamenti scriteriati di banche tedesche, italiane, francesi e inglesi che hanno prestato in modo illegale, contribuendo a fare trucchi di bilancio e contravvenendo ai regolamenti interni. Quando prestiamo ai paesi in via di sviluppo vogliamo una rendicontazione per sapere dove sono finiti quei soldi, sarebbe interessante fare lo stesso con i contributi italiani ai paesi eurodeboli.
Resta il fatto che, comunque siano andate le cose, la Grecia è ancora in profonda crisi…
Non dimentichiamoci che l’Europa ha trasformato il piccolo fuocherello greco in un enorme incendio europeo nel momento in cui non abbiamo capito che dovevamo affrontare la situazione greca con maggiore decisione. La mancanza di solidarietà Ue alla Grecia è stata il segnale per i mercati di un’Unione priva di coesione.
(Pietro Vernizzi)