In Europa la strategia anticrisi trova nella riduzione del debito la formula al grido di “consolidamento fiscale”, negli Usa si tenta di fare il contrario. Mettiamo in fila dati macroeconomici cosi come arrivano. Vediamo cosa accade. Tra le oltre 400 società americane che fanno parte dell’indice S&P 500 e che hanno comunicato i risultati del quarto trimestre 2012, il 72% ha evidenziato un utile sopra le stime. In termini di fatturato, il 66% delle imprese ha registrato un giro d’affari migliore delle attese: insomma, si vende.
Sì, si vende. Le spese dei consumatori sono salite dello 0,2% a gennaio. I redditi personali, però, sono scivolati al -3,6%, riportando il tonfo più forte in 20 anni. Il tasso di risparmio è anch’esso sceso al 2,4% a gennaio, al minimo in sei anni. L’inflazione misurata dalla componente core dell’indice dei prezzi al consumo è salita dello 0,1%. La Federal Reserve dice che i crediti al consumo sono aumentati a gennaio negli Usa da 16,2 miliardi di dollari a 2,8 bilioni. Nuovo doping pure del debito federale: da quattro anni consecutivi superiore ai 1000 miliardi di dollari l’anno. Crescita, insomma, sussidiata con il debito.
Per tutta risposta, l’economia a stelle e strisce continua a crescere in modo modesto ma costante, questo dice il Beige Book della Fed rilasciato il 6 marzo. Pesano il sequester e le altre incertezze legislative; il mercato del lavoro continua a non manifestare concreti segnali di ripresa.
Nel frattempo il Pil nell’area dell’euro, nel terzo trimestre 2012, è diminuito dello 0,1%. Ci si attende che continui a contrarsi anche in nel quarto (-0,4%), così come anticipato dal basso livello di fiducia registrato dalle inchieste e dalla brusca flessione della produzione industriale a ottobre. La disoccupazione raggiunge il massimo all’11,7%. I debiti sovrani non si riducono, anzi crescono, così pure i deficit.
Dall’una all’altra parte dell’Atlantico, insomma, botte corna e chitarra rotta! Di qua, per ridurre il debito si va in recessione; di là, per evitare la recessione si fa debito. Risultato: per i primi, recessione e ancor più debito; per i secondi più debito per sostenere una crescita che si mostra insufficiente a ripagare il debito.
Orbene, mentre continuano a darsi battaglia i soloni dell’una e dell’altra sponda, senza cavare un ragno dal buco, quella mole di debito ha reso il credito inattingibile sbarrando il passo a tutti gli esercizi di reflazionamento forzato dell’economia. Occorre, insomma individuare passi carrabili, magari inusitati, per uscire dal guado.
Toh: la crescita si fa con la spesa, quella privata da sola ne fa il 60%; spesa che deve generare il reddito necessario a rifare la spesa. Tal circolo virtuoso occorre garantire, allocando quei ricavi di reddito per retribuire chi con la spesa retribuisce. Giustappunto, il modo per dare continuità al ciclo economico e sostanza alla crescita.