Ragazzi che capolavoro di accordo che è stato raggiunto per Cipro! Certo, non è risolutivo come i 957 salvataggi della Grecia (la quale, in effetti, ora scoppia di salute), ma in ogni caso raggiungere tre obiettivi in uno non è affatto male. Eccoli: rimandare la questione default a dopo il voto tedesco di settembre, disinnescando una potenziale arma di distruzione di massa in mano all’opposizione della Spd; far incazzare come vipere i russi, notoriamente gente bonaria quando si sente presa per il naso; confermare al mondo che il concetto stesso di libera circolazione dei capitali e intangibilità dei depositi bancari nell’eurozona è ormai infranto. Beh, c’è di che applaudire.
Vediamo, però, i termini dell’accordo per sommi e rapidi capi. In cambio dei 10 miliardi dell’Ue, Cipro ha dato il via libera a un haircut del 30% sui depositi di Bank of Cyprus, il maggiore istituto del Paese, a carico dei correntisti con oltre 100mila euro. I quali riceveranno in cambio azioni, contribuendo così al bail-in, ovvero al salvataggio tramite ristrutturazione del sistema bancario. Guarda caso, però, solo i correntisti della Bank of Cyprus subiranno questo tipo di perdite e sapete perché? Perché è la banca con più conti russi del Paese. Di contro, Laiki Bank, l’altro istituto di credito con ben maggiori problemi, sarà chiuso e sarà formata una bad bank in cui inserire gli asset inesigibili: le perdite saranno poi assorbite da Bank of Cyprus. Insomma, l’ennesimo schema Ponzi con furto alla fonte.
Il problema è che l’accordo prevede anche altro. Ovvero, restrizione sui prelievi bancomat quotidiani per singolo correntista, già scesi a Laiki Bank da 260 a 100 euro. Impossibilità di chiudere in anticipo conti deposito e, anzi, rinnovo automatico degli stessi a scadenza. Conversione di tutti i conti correnti in conti deposito, bando o pesanti restrizioni a tutte le transazioni non in contanti, restrizioni sull’uso di carta di credito, debito e anche pre-pagate. Bando o restrizione sull’incasso in cash di assegni, restrizione dei trasferimenti interbancari interni o all’interno della medesima banca, restrizione sulle interazioni e transazioni tra pubblico e istituzioni del credito, restrizione dei movimenti di capitale, dei pagamenti e dei trasferimenti. Inoltre, «il ministero delle Finanze e il governatore della Banca centrale cipriota potranno dar vita ed esecuzione a qualsiasi altra misura ritenuta necessaria per preservare l’ordine pubblico e la sicurezza».
Insomma, l’Unione Sovietica, il commissariamento comunitario della ricchezza privata, qualcosa di inaudito, illiberale, inaccettabile anche nell’ultimo staterello ditattoriale e dispotico sudamericano. Invece, è l’Unione europea. I ciprioti, insomma, tutti e non solo i famosi oligarchi russi – i quali sono venerati e benvenuti a Londra, in Svizzera e in Lussemburgo ma diventano impresentabili solo a Cipro – non avranno la piena e libera disponibilità dei propri soldi, dei proventi del loro lavoro: controllo dei capitali. Il problema è triplice: è illiberale, è illegale e, soprattutto, aumenterà a dismisura i rischi di fuga di capitali di massa – quindi di default bancario – dal Paese non appena queste restrizioni cadranno. E cadranno. Non tanto perché qualche oligarca potrebbe chiedere il giudizio della Corte di Giustizia Europea attraverso una mossa diplomatica del suo governo, ma perché è la stessa Ue ad ammettere che sta violando la legge e che, quindi, questa pantomina ha i giorni contanti.
«Le restrizioni sul movimento dei capitali a Cipro dureranno soltanto alcuni giorni. La situazione di Cipro, in ogni caso, è eccezionale perché nessun altro Paese in Europa ha una dimensione del sistema bancario simile rispetto all’economia nazionale. Adesso l’Ue ha un sistema di regole e di strumenti per poter fronteggiare le crisi finanziarie e bancarie». Parole, musica e panzane accessorie del commissario Ue al mercato interno Michel Barnier in persona, il quale si è premurato di non precisare quanti giorni potrà durare questa violazione istituzionale delle regole (ricordo poi sommessamente a Barnier che il Lussemburgo governato dal suo amico Juncker ha un sistema bancario ben peggiore di quello cipriota).
Direte voi, accidenti l’alternativa era l’uscita di Cipro dall’euro! Signori, con questo accordo Cipro è DI FATTO uscita dall’euro. E non lo dico io, ma un’economista come Tyler Cowen sul suo blog, dove ha pubblicato quanto segue: «I controlli sul capitale dovranno essere stretti. E quindi quale sarà il prezzo di un euro di Cipro rispetto a un euro tedesco? Del 50% in meno? Io questo lo chiamo l’abbandono dell’euro da parte di Cipro, mantenendo però formalmente l’euro per salvarsi la faccia. Imponendo restrizioni sulla movimentazione monetaria, un euro di una banca cipriota non vale nei fatti come un euro in una banca tedesca». Dello stesso avviso Ed Conway, giornalista economico di punta di Sky News, a detta del quale «se i controlli sul capitale verranno fatti in modo appropriato, è la fine del sistema monetario come lo conosciamo. Questo perché un euro all’interno dei confini di Cipro, d’improvviso, non varrà come un euro in Germania e, paradossalmente, nemmeno come uno in Grecia. C’è una regola fondamentale nella politica economica, ovvero che una nazione deve scegliere due ma non tre delle seguenti opzioni: politica monetaria indipendente (ovvero fissare i propri tassi d’interesse), un tasso di cambio fisso o la libera circolazione di capitali. Gli economisti la chiamano “la trinità impossibile” o “trilemma”, perché non puoi mai avere le tre opzioni insieme. Se Cipro sta per abbandonare la libera circolazione di capitali, il prossimo passo logico a livello economico è quello di avere la propria politica monetaria indipendente, in altre parole abbandonare la moneta unica, l’euro».
Inoltre, ci sono le già citate implicazioni politico-diplomatiche con Mosca, la quale non si è affatto arrabbiata per l’accordo raggiunto, visto che il premier, Dimitry Medvedev, si è limitato a commentarlo così: «Stanno continuando a rubare quello che hanno già rubato». No, non si è arrabbiato per nulla, nemmeno Putin immagino. Chi invece appare turbato è il vice-premier, Igor Shuvalov, il quale prima ha detto che le perdite per i depositari russi non sono ancora chiare nei termini e poi ha inviato il seguente messaggio in bottiglia: «L’unità cipriota della banca russa e controllata dallo Stato, VTB, non sarà affatto colpita dalle misure decise dal governo di Nicosia. Inoltre, quanto sta accadendo è un buon segnale per tutti coloro i quali stavano pianificando di spostare il loro capitale nelle banche russe. Abbiamo banche davvero stabili nel nostro Paese». E il fatto che a metà pomeriggio, ieri, sul mercato c’era qualcuno che comprava rubli come se non ci fosse un domani, spedendo il cross euro/rublo al peggior tonfo da inizio anno, dovrebbe farci riflettere.
Direte voi, bisognava pure salvarla Cipro? Certo, salvarla, non condannarla a morte lenta stile greco. Anche perché ieri mattina, appena diffusi i particolari dell’accordo, gli analisti di Societe Generale hanno fatto quattro conti e poi diramato il seguente report. «La nostra previsione per il Pil di Cipro è di un calo del 20% da qui al 2017, un calcolo che era sì già frutto di fattori precedenti, ma che deve ancora valutare e scontare l’impatto dello shock generato dalle ultime due settimane di incertezza politica e finanziaria. I rischi per Cipro sono chiaramente quelli di un peggioramento e Nicosia avrà bisogno di ulteriore assistenza finanziaria». Altro che parabola islandese, con ritorno alla crescita in tre anni: per tenersi quell’invenzione geniale dell’euro, Nicosia sarà in depressione nera per almeno i prossimi quattro anni!
Ma c’è dell’altro, che non vi hanno detto e che non leggerete sui giornali. Perché, a parte per salvare la Merkel dal voto di settembre, si è scelta la strada dell’haircut sui conti correnti e non si è mai nemmeno pensato per un istante di toccare i detentori di bonds? Semplice, molti dei bonds sovrani ciprioti sono piazzati come collaterale presso la Bce o il programma Target2. E perché allora non si è intervenuti sui bonds delle due principali banche cipriote? Semplice, stessa risposta: sono piazzati come collaterale presso la Bce o il programma di finanziamento Target2. Insomma, quel debito è garantito dal governo di Cipro, quindi se le due banche vanno di default chissenefrega, visto che il debito sovrano ha garanzia statale, ma se è il Paese ad andare in default e abbandona l’Ue – condizioni se si abbandona l’euro – uno staterello come Cipro farebbe dissolvere tutto il capitale equity della Bce, stante gli 11,6 miliardi di dollari di collaterale garantito dal governo di Nicosia presso l’Eurotower. Ma tranquilli, “Cipro è salva”, come gridavano ieri i telegiornali. E come ha confermato la Borsa, con i titoli bancari in picchiata (Intesa, Unicredit e Banco Popolare sospese per eccesso di ribasso a due ore dalla chiusura delle contrattazioni ma anche Telecom, Mediobanca, Mediaset, Finmeccanica e Ubi).
Eh sì, perché non appena incassato il plauso per l’accordo-farsa, il presidente dell’Eurogruppo ha lasciato intendere che per evitare in futuro nuovi casi Cipro, l’eurozona dovrà affrontare un nuovo, duro regime bancario e regolatorio: «Quello di Cipro è un modello per l’Ue», ha dichiarato. E ancora, sempre dalla bocca di Dijsselbloem in persona: «Se il bail-in delle banche funziona, la ricapitalizzazione diretta della banche attraverso il fondo Esm potrebbe non essere più necessaria. Le banche devono essere in grado di salvare loro stesse». Pensate che saranno colpite le banche lussemburghesi da questa granata in uno stagno? Io no, anche perché il Lussemburgo non è un Paese periferico e non è in fila per un salvataggio che, parole del capo dell’Eurogruppo, d’ora in poi non graverà solo sulle casse dell’Ue, ma anche sui conti correnti dei cittadini dei paesi che chiederanno aiuto: basta fondi di salvataggio, gli Stati salvino le banche o le casse statali con un bel prelievo al portafoglio dei loro cittadini-contribuenti-depositari e la politica di controllo sui capitali.
Pochi minuti dopo quelle parole e le Borse di Milano e Madrid sono sprofondate, trascinate al ribasso – guarda caso – dai titoli bancari. Ma anche un’altro indice è crollato a piombo, una volta sentite queste parole riguardo la non intangibilità delle banche. Quale? Lo SMI, l’indice della Borsa di Zurigo: come scrivevo venerdì, il vaso di Pandora di Cipro rischia di colpire la Svizzera, sul timore di una fuga di capitali.
Ancora pochi minuti ed ecco il warning di Fitch: «Siamo allarmati per il precedente che Cipro potrebbe diventare a livello di forme di controllo sui capitali nell’eurozona». Pochi attimi ed ecco Moody’s: «La gestione della crisi finanziaria a Cipro da parte dell’Europa è un fattore che pesa negativamente sui rating sovrani dell’area euro. In particolare, tra i fattori negativi vi è la maggiore tolleranza al rischio implicita nelle decisioni della politica riguardo a Cipro e l’incertezza causata agli investitori, a livello di valutazione del rischio, per l’approccio meno propenso al compromesso e meno prevedibile scelto dall’Europa nella gestione di questa crisi».
Sapete che battute circolavano su uno dei principali siti di informazione finanziaria indipendente, nel frattempo? Queste: «Banco Popolare halted, limit down. Need Moar Bailoutz. Unicredit, Intesa halted too. Must be all those people lining up to deposit cash. Luckily, there are no deposits over EUR100,000 at Unicredit, Intesa and Banco Popolare». I mercati sanno leggerli bene i cosiddetti accordi, soprattutto tra le righe. E dopo la calma, ora sferrano l’attacco. L’avevo detto, Cipro era solo il canarino nella miniera, la Germania voleva mandare un segnale chiaro all’Italia, altrimenti 7 miliardi non sono cifra che valga la destabilizzazione sistemica cui stiamo andando incontro. E tra oggi e domani, aste di Bot e Btp. Che timing straordinario…