Nel mio precedente intervento ho messo in rilievo la necessità di alcuni provvedimenti urgenti per far ripartire al più presto il settore – strategico come nessun altro – dell’edilizia. Una considerazione particolare merita però il tema dei giovani, perché l’impatto del problema casa sui giovani e le famiglie di nuova costituzione ha dei risvolti anche sociali molto preoccupanti.
Oggi come oggi quasi l’80 per cento delle famiglie italiane è proprietario della propria abitazione. Fino allo scoppiare dell’attuale crisi economica, anche i giovani e gli stranieri venuti nel nostro paese in cerca di fortuna erano in grado di acquistare, seppur con enormi sacrifici, un alloggio, anche se di modeste dimensioni o da ristrutturare, consolidando così il primato italiano. Dal 2008 in poi invece i giovani non possono più comperare l’alloggio, sempre che alle spalle non abbiano una famiglia benestante che mette a disposizione la casa, oppure dà un forte aiuto economico (almeno di qualche decina di migliaia di euro) o ancora fa da garante con le banche per la concessione del mutuo.
Pesano gli stipendi sempre più bassi: lo stipendio medio di un laureato dopo cinque anni di lavoro è di 1.250 euro. Stipendi oltretutto che negli ultimi decenni hanno perso molto in potere di acquisto rispetto al bene-casa. Si aggiungano poi, come ulteriori fattori negativi, la sempre minore propensione al risparmio, la precarietà lavorativa, le assunzioni a tempo determinato, il lavoro autonomo precario. Completano il quadro le restrizioni creditizie operate, più o meno indistintamente, da tutte le banche. Negli ultimi due anni gli spread sono saliti in poco tempo da 1,00-1,10 a 2,80-3,5 per cento. Ancora peggiore è la situazione per le famiglie di stranieri, che non possono contare sull’aiuto dei genitori.
I giovani, come le famiglie di stranieri, non sono neppure in grado di prendere un alloggio in affitto, considerato il livello dei canoni e gli alti costi delle bollette cresciuti senza sosta. Da quest’anno poi la Tares porterà nuovi aggravi. Le insolvenze nel pagamento dei mutui e l’aumento esponenziale degli sfratti per morosità sono solo alcune delle conseguenze dell’attuale crisi nel settore dell’abitazione.
Tutti dati che spiegano i quasi sette milioni di giovani (quasi il 60 per cento del totale), anche oltre i trent’anni, che vivono in casa dei genitori: un dato questo in aumento di 120mila unità all’anno. Il fenomeno è perlopiù italiano, ha certamente anche fattori culturali, ma non si può liquidare con facili formule (i “bamboccioni” di Padoa Schioppa). Ai giovani è anche preclusa la possibilità di avere in affitto un alloggio pubblico: i criteri di assegnazione stabiliti dalle leggi e adottati dai comuni privilegiano altre categorie. Evidenti le ricadute sull’aspetto demografico. La natalità secondo l’Istat nel 2011 è ulteriormente diminuita rispetto all’anno precedente. Il divario tra residenti iscritti alle anagrafi dei comuni e dati del censimento 2011 sulla popolazione è in gran parte dovuto all’uscita dall’Italia di molti stranieri che se ne sono andati dopo aver perso il lavoro e spesso anche la casa che avevano acquistato, non riuscendo più a pagare il mutuo.
Questa situazione è molto pericolosa e, prima che degeneri, va sbloccata al più presto. Non si può negare una prospettiva di vita dignitosa ai nostri giovani e anche agli stranieri con figli nati nel nostro Paese che vogliono restare in Italia.
Su questo tema, il Fondo per l’accesso al credito per l’acquisto della prima casa disposto da qualche anno dalla presidenza del consiglio dei ministri (dipartimento della Gioventù) si è dimostrato del tutto inefficace e insufficiente. Chi governa pare non ricordi che l’acquisto della casa è sempre stato sostenuto (anche quando il suo costo equivaleva a un numero di stipendi molto inferiore rispetto ad oggi) attraverso contributi, case a riscatto, mutui agevolati e esenzioni da Iva, Ilor, Invim. Si dimentica anche che dall’abitazione sono sempre provenute buone entrate fiscali (40/50 miliardi all’anno). Ecco perché con l’Imu, che deve essere pagata sull’intero valore catastale, quindi anche sull’importo del mutuo, si è decisamente esagerato.
Nel campo della locazione, visto l’insuccesso della cedolare secca che non ha fatto emergere dal sottobosco gli alloggi affittati in nero, è necessario creare un parco alloggi di buona qualità da destinare alla locazione a canoni moderati a favore di cittadini in possesso di determinati requisiti. Lo stato inoltre attraverso gli enti locali dovrebbe prevedere sgravi fiscali su questi alloggi, riservandosi certamente la facoltà di effettuare tutti gli opportuni controlli sulla gestione. La proprietà di tale patrimonio dovrebbe far capo a soggetti non profit, soprattutto Cooperative edilizie, cooperative sociali e società di persone low profit. Ma su questo punto ritorneremo.