Per l’industria tedesca l’uscita dell’Italia dall’euro è sempre più una prospettiva auspicabile. A farsene portavoce è stato Anton Boerner, presidente dell’Associazione degli esportatori tedeschi (Bga), il quale ha auspicato un Piano B motivandolo con il fatto che “i Paesi del Nord dovrebbero riflettere a porte chiuse sugli scenari d’esecuzione, altrimenti gli italiani possono ricattarci con la minaccia di uscire dall’euro”. Per Boerner, quindi, la Germania deve elaborare un piano in grado di prevedere un crollo dell’euro e nuovi confini dell’Eurozona, opponendosi a qualsiasi forma di aiuto al nostro Paese in quanto “gli italiani sono più benestanti dei tedeschi”. Ilsussidiario.net ha intervistato Carlo Borghi Aquilini, professore di Economia degli intermediari finanziari all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.
Che cosa ne pensa delle dichiarazioni su una possibile uscita dell’Italia dall’euro che vengono da Berlino?
Se l’uscita dall’euro è una delle opzioni, è necessario predisporsi per gestire questa eventualità. Non mi stupisce affatto che questo tipo di interventi o di considerazioni venga dall’industria. Una volta terminata la fase parassitaria dell’assorbimento di vantaggi da parte della Germania rispetto all’Eurozona, ora è arrivato il momento dei bilanci.
E quindi?
I tedeschi hanno ottenuto un grande surplus ai danni del deficit dell’Europa periferica. Ora stanno iniziando a pensare che l’inibizione della crescita che questo sistema sbagliato ha comportato in tutti i paesi che costituiscono dei mercati naturali per i prodotti tedeschi, tutto sommato non ha portato questi grandi vantaggi. Per fare una metafora, è come una famiglia che complessivamente si impoverisce, nella quale uno dei componenti vive meglio perché toglie agli altri, ma in ogni caso non si può dire che stia bene. Non mi stupisce quindi che Boerner inizi a valutare un’alternativa rispetto all’euro.
La colpa dell’impoverimento è dell’euro o del modo in cui è stato gestito?
L’euro è una costruzione sbagliata sin dall’inizio, che ha comportato una redistribuzione interna del tutto illogica dei deficit delle partite commerciali, e il risultato è sotto gli occhi di tutti. Le performance dei diversi paesi europei negli ultimi dieci anni sono state disastrose. L’euro ha inoltre indirizzato gli investitori verso scelte illogiche dal punto di vista economico: per esempio, in Spagna ha portato all’edificazione di nuove case che poi sono rimaste prive di inquilini. Questa Europa è stata soltanto una grande illusione, che ha portato tanti paesi ad assumere una posizione sbagliata.
L’euroscetticismo è destinato ad aumentare?
Certamente. Per capire l’euroscetticismo tedesco dovremmo guardare al fenomeno della Lega nord. Il Nord Italia ha tratto dei vantaggi dalla debolezza del Sud, perché essendo espressione dell’economia dell’intera Penisola, la lira era svalutata rispetto all’industria del Settentrione. I trasferimenti fiscali a favore del Mezzogiorno erano però vissuti con fastidio. La Germania finora è stata come la Lombardia d’Europa, ma senza i trasferimenti fiscali interni e quindi si è trovata in una condizione ideale. Ora sta cominciando a rendersi conto che prima o poi dovrà mettersi a pagare per gli altri. Un sistema a cambio fisso, senza trasferimenti interni dalle aree ricche a quelle povere, non può stare in piedi. Inizia quindi a profilarsi l’ipotesi di un’uscita dall’euro.
Quali sarebbero per l’Italia le conseguenze di un ritorno alla lira?
Gli effetti andrebbero gestiti attentamente, soprattutto dal punto di vista psicologico. I fautori dell’Europa a tutti i costi passano ogni secondo che i media concedono loro a dipingere scenari da guerra civile nel caso di una dissoluzione dell’euro. Pur non avendo una ragione d’essere, perché buona parte della fuga dei capitali si è già sostanziata attraverso lo spread, è possibile che nel momento in cui l’ipotesi di un’uscita dall’euro iniziasse a concretizzarsi, i cittadini assumano comportamenti inconsulti.
Che cosa potrebbe accadere?
Per esempio, potrebbero correre in banca a ritirare tutti i loro risparmi. Il modo migliore per gestire la situazione in modo positivo sarebbe quindi che tutti i paesi si rendessero conto di avere commesso un errore. Gli Stati che finora hanno guadagnato somme enormi in termini di surplus commerciale possono creare un funding per una garanzia europea dei depositi. In questo modo si eviterebbe che i cittadini pensino che il loro conto corrente diventi carta straccia dalla mattina alla sera, ottenendo come risultato il fatto di evitare qualsiasi rischio di panico o di corsa agli sportelli.
(Pietro Vernizzi)