Mentre la direzione del Partito democratico dedica tutta la giornata a un’analisi del voto cercando una soluzione di governo, sperando di trovare sponda sulla responsabilità (?) di Beppe Grillo e del suo Movimento; mentre al Quirinale si cerca il bandolo della matassa per trovare l’esatta formulazione di un primo tentativo o di un primo incarico, magari esplorativo; mentre Mario Monti parla di “ancoraggio critico” alla politica europea; mentre si pensano a formule diverse, dal governo presidenziale a quello tecnico a quello istituzionale; mentre avviene tutto questo in un clima di comprensibile agitazione, arrivano altri dati sulla portata della crisi economica che ormai sta volgendo al peggio per il sesto anno consecutivo. La fonte Eurostat sembra la voce di un “grande fratello” veramente orwelliano, che comunica e in qualche occasione, soprattutto quando va male, non commenta e si esime dal fornire indirizzi. Si dice: “Il Pil dell’Eurozona è sceso dello 0,6% nel quarto trimestre del 2012”. Su base annua ha avuto un crollo dello 0,9%. Anche la “virtuosa”, supercompetitiva Germania perde nell’ultimo trimestre del 2012 lo 0,6%. Per quanto riguarda il nostro Paese, Confcommercio offre i suoi rilevamenti: “A gennaio in Italia consumi sono scesi del 2,4% rispetto a un anno prima e dello 0,9% su dicembre. In termini di media mobile a tre mesi i consumi tornano a livello del 2004”.
Guido Gentili è un grande editorialista de Il Sole 24 Ore, con una grande esperienza giornalistica e una rara capacità di lettura della realtà politica, finanziaria ed economica che bene o male è collegata e intrecciata insieme.
Non la stupiscono questi dati dopo la difesa a oltranza, in Europa, della politica di austerità, dopo un anno di sacrifici sopportati dagli italiani?
Quello che si vede è che i dati e le stime che vengono periodicamente lanciate confermano un quadro di permanente recessione. Il punto vero è questo. Una politica di austerità di questo tipo, così come è stata attuata, sta portando a queste conseguenze. Per tutto l’anno si sono riviste al ribasso le stime. E’ capitato ad aprile, si pensava all’Italia a una decrescita dello 0,6%, fino ad arrivare a settembre con un -2,4%.
Ma questi sono dei tecnici, che faranno anche delle stime, delle simulazioni. E’ possibile che non abbiano previsto questo effetto?
Hanno probabilmente stimato male l’effetto delle politiche di consolidamento fiscale, che hanno avuto un effetto più pesante, più recessivo di quanto pensassero.
Ma questa è una responsabilità pesante, anche se qualcuno li aveva pure avvisati su questa politica di austerità.
Beh, vengono certamente in mente le analisi di Paul Krugman, le sue critiche a queste scelte, i suoi suggerimenti. E del resto come spiegarsi il risultato del voto italiano? Di fronte a tutto quello che non è stato risolto in questi anni alla fine è arrivato il detonatore della recessione e della politica di austerità. Basta guardare la composizione del Parlamento italiano.
In che senso?
Nel senso che in questo Parlamento non esiste una maggioranza possibile, ma c’è una maggioranza che è contro la politica di austerità e che è diventata euroscettica. Il risultato è sotto gli occhi di tutti e non si può certo confinare il voto italiano solo alla realtà del Bel Paese. Questo risultato va a incidere su tutta la realtà europea. Ci sono state le manifestazioni in Grecia, Spagna, Portogallo, ma adesso è arrivato un segnale di dissenso molto forte dall’Italia, cioè dalla terza economia del continente, dalla seconda nazione manifatturiera, da un Paese fondatore della Comunità europea.
E arrivano segnali anche da altre parti: dal governo olandese, dalla caduta di popolarità di Francois Hollande in Francia.
Ormai i segnali si stanno moltiplicando e occorrerà che se ne prenda pure atto in sede europea. La speranza è che si formi un polo di riferimento che, pur mantenendo i conti a posto, cerchi di correggere, allentare questa scelta politica. Certo che non è facile.
Intanto c’è un primo appuntamento per il prossimo 15 di marzo, cioè settimana prossima.
Sì, c’è questo appuntamento che coincide con la prima convocazione delle Camere in Italia e non so proprio se ci sarà ancora un mandato per il prossimo premier e quale carattere possa avere l’incarico che gli dà il Presidente della Repubblica. In sostanza è un appuntamento dove Mario Monti si presenta con in mano assolutamente nulla. Occorre tenere presente che dopo questa data ci saranno scadenze importanti entro fine aprile: piano di riforma, patto di stabilità.
Il voto italiano alla fine avrà inevitabilmente un peso importante sugli assetti europei.
E’ inevitabile. Non poteva essere altrimenti.
(Gianluigi Da Rold)