Che il 2012 fosse stato un anno nero per l’economia italiana è risaputo, ma, forse, non ci si aspettava dati così negativi riguardanti le famiglie. Da quanto emerge dallo studio dell’Istat, infatti, il potere d’acquisto dei nuclei familiari è calato lo scorso anno del 4,8%, mentre nel quarto trimestre esso si è ridotto dello 0,9% rispetto al trimestre precedente e del 5,4% nei confronti del quarto trimestre del 2011. E non è tutto. Lo scorso anno la propensione al risparmio delle famiglie consumatrici è stata dell’8,2% con una diminuzione di 0,5 punti percentuali rispetto al 2011. Altro dato che inquadra il periodo di enorme difficoltà vissuto dalle famiglie italiane riguarda il reddito disponibile, che in valori correnti è diminuito del 2,1%. Per sondare il terreno e scavare in fondo alle cause che hanno portato a una situazione tanto complicata, soprattutto per le famiglie ilsussidiario.net ha intervistato Francesco Forte, economista ed ex ministro delle Finanze.
Un dato su tutti emerge dalla ricerca dell’Istat: il crollo del potere d’acquisto delle famiglie. Da cosa dipende?
Da due fattori: uno è la riduzione del reddito lordo delle famiglie che deriva dal fatto che ci sono meno occupati. I redditi da lavoro non hanno seguito spesso il tasso di inflazione e i redditi di lavoro autonomo e di impresa sono diminuiti. L’altro fattore è l’aumento del carico fiscale, che ha, naturalmente, comportato una diminuzione del reddito, al netto delle imposte, superiore a quella che si registra nel reddito reale.
Quali politiche sono necessarie per far aumentare il potere d’acquisto delle famiglie?
È evidente che questo potere di acquisto si aumenta se si realizza una maggiore occupazione e quindi una maggiore crescita economica con sforzi produttivi nell’investimento e se si azionano anche degli strumenti di sviluppo. Nel 2012 abbiamo registrato il fallimento della politica del governo Monti nel campo del lavoro: questa politica è tutto il contrario di quella che servirebbe per contrastare il fenomeno di perdita dei posti di lavoro. Sono state abolite molte opportunità di lavoro flessibile, il lavoro con la partita Iva, il contratto dei lavoratori parasubordinati. Sono state scoraggiate queste pratiche che possono consentire di lavorare in modo compatibile con le difficoltà economiche delle imprese che in questo periodo non possono, certo, permettersi di fare assunzioni a tempo indeterminato per tutti.
Cosa si sarebbe dovuto fare?
Puntare sui contratti aziendali di produttività, cosa che ha consentito alla Germania di essere molto competitiva. In Italia, invece, sono stati osteggiati dalla Cgil, dalla magistratura che li ha ostacolati in particolare nel caso della Fiat. E anche la Confindustria non ha fatto ancora quel passo necessario, consistente nel dare piena attuazione al decreto, all’articolo di buona norma introdotto dal Governo Berlusconi (il cosiddetto articolo 8) attraverso il ministro Sacconi (il Governo Monti si è occupato solo dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori).
Cos’altro è mancato?
È mancata una politica di rilancio delle infrastrutture. Faccio un esempio su tutti: si è bloccato il ponte sullo Stretto di Messina per ragioni ideologiche strane, favorendo secondo me la criminalità organizzata. Questo progetto è stato osteggiato perché ovviamente alla criminalità fa comodo controllare il territorio. Questa grande opera avrebbe portato lavoro e dato uno slancio soprattutto nel settore dell’edilizia. Servirebbe un governo di responsabilità nazionale, di coesione.
Per dare delle risposte concrete cosa si può fare?
Liberalizzare al massimo i contratti di lavoro per consentire agli italiani di lavorare di più. Bisognerebbe che il governo facesse una politica di crescita economica rilanciando l’edilizia e che provvedesse mediante interventi di credito agevolato a liberare un po’ di risorse finanziare. Ci vorrebbe anche più ottimismo e una stabilità politica di governo. Una coscienza collettiva del fatto che ci vogliono delle risposte alla crisi. Lavorare di più e meglio. Non dimentichiamoci che in Germania mediante un governo di coalizione di destra e sinistra c’è stata una riforma fondamentale. E di una cosa sono certo: bisogna occuparsi di più del Mezzogiorno.
(Elena Pescucci)