I dieci saggi, nominati dal Capo dello Stato per tentare di delineare un possibile programma di Governo, hanno consegnato il loro lavoro prima di quanto molti pensassero. Soprattutto, non si sono limitati a indicare un indice di temi su cui, tra persone di buona volontà, sarebbe possibile individuare quelle che cinquanta anni fa venivano chiamate “convergenze parallele”. Hanno, invece, prodotto programmi specifici e puntuali di azione di governo. Ho studiato le 83 pagine che riguardano la materia economico e sociale. Si parte dall’analisi della situazione occupazionale e sociale ogni giorno più difficile e, senza delineare articolati di disegni di legge o di decreti legge, si giunge a proposte puntuali che riguardano anche e soprattutto l’azione dell’Italia nell’Unione europea.
In numerosi punti, è molto simile al dossier di proposte formulate dalla Fondazione Astrid e messo on line il pomeriggio del 12 aprile. In breve, un programma di governo che ha il pregio di essere realistico, sensato e condiviso non solo tra intellettuali che possono essere definiti di due scuole contrapposte ma egualmente fondanti nelle democrazie europee – quella liberale e quella socialdemocratica. Quindi, l’intesa è possibile. Opporsi a essa vuol dire porre costi economici e sociali ancora più forti sugli italiani che si faranno sentire al momento del voto (quando , prima o poi – ma non troppo tardi – verrà, specialmente se si tenteranno accordi precari prendendo transfughi da questo o da quello schieramento).
È “un’offerta che non si può rifiutare”, molto differente però da quelle di Don Vito Corleone. Non la si può rifiutare perché è in ballo il destino dell’Italia e gli italiani hanno appreso a utilizzare gli strumenti della democrazia rappresentativa meglio di quanto pensino le burocrazie dei partiti politici. Ci sono due aspetti del documento in materia economica e sociale che meritano di essere commentati (su tutti gli altri certamente questo fine settimana si cimenteranno le migliori firme della grande stampa italiana).
Il primo riguarda i numerosi punti di contatto tra le proposte dei saggi e lo studio dell’Associazione OpenPolis “Tre Poli Contrapposti: Tanti Temi Comuni” diramato il 9 aprile. Lo studio (del tutto distinto dal lavoro dei saggi) analizza 25 punti qualificanti dei programmi di politica legislativa dei tre maggiori schieramenti presenti in Parlamento e conclude che su 21 dei 25 temi le convergenze e le concordanze sono possibili (anche se da maggioranze “a geometria variabile”)
Attenzione: l’analisi non è soltanto l’esito di uno studio condotto da alcuni ricercatori, ma il risultato di un questionario on line a cui hanno risposto circa 800.000 italiani. Occorre, quindi, fare molta attenzione prima di mettere barriere e steccati: gli 800.000 che rispondono a questionari on line di una piccola associazione privata sono, di norma, coloro più interessati all’evoluzione del Paese e la cui opinione più conta nel plasmare quella di altri. Non tenerne conto vuole dire commettere un suicidio politico.
Il secondo punto riguarda l’enfasi sugli aspetti tecnicamente “di breve periodo” nel rapporto dei saggi in materia economica e sociale. Sarebbe stato preferibile un maggior accento sul problema centrale dell’economia italiana: la scarsa “efficienza adattiva” alle trasformazioni dell’economia internazionale, in corso dalla metà degli anni Novanta, soprattutto la perdita del monopolio del progresso tecnologico di cui per circa due secoli ha fruito un piccolo gruppo di Paesi “occidentali”. Tuttavia, la situazione è così drammatica (e sta peggiorando ogni giorno mentre c’è chi si diletta in giochi personalistici) che l’attenzione ai temi immediati è giustificata. E rende “l’offerta” ancora più difficile da rifiutare.