Per averti pagherei / un milione anche più / anche l’ultima Marlboro darei / perché tu sei / oro oro oro / (..) / E così tu cadi giù / io non ti voglio già più / inaccessibile non sei”. Individuiamo due verità nelle parole di Mango: follia autoreferenziale negli acquisti dell’oro in un primo momento, crollo verticale in una seconda fase. L’oro finanziario (futures sul metallo) è salito ininterrottamente dal 1999. Tra paure inflattive (l’oro è usato per difendere i portafogli dall’inflazione), crisi finanziarie (è forse il bene rifugio per eccellenza), eccesso di liquidità (con i soldi in omaggio dalla Bce le banche comprano anche commodities, tra cui l’oro), il metallo giallo ha subito una sola flessione negli ultimi 14 anni: nel 2008.



Quando in piena crisi dei mercati iniziarono le vendite anche sull’oro, la volatilità crebbe drammaticamente, le borse aumentarono i margini di garanzia necessari per mantenere una posizione in derivati e quindi chi non aveva liquidità per mantenerla dovette vendere alimentando nuove vendite. Un processo di auto-avvitamento che portò una discesa da 1000 dollari americani l’oncia a 700, salvo poi ripartire verso nuovi cieli toccando 1900 dollari nel 2011.



Tutta questa salita non sappiamo bene su cosa fosse determinata. Sì, le banche centrali iniziavano dolcemente a far scorte per bilanciare i rischi inflattivi risultanti dalle politiche monetarie molto accomodanti. Seguivano anche gli investitori istituzionali che compravano non fornendo però delle basi interessanti nelle motivazioni, sembrava semplicemente stessero seguendo il trend in atto: bastava comprare per guadagnare (sì, esattamente come con la borsa americana, senza chiedersi il perché). I pochi che facevano un ragionamento fondato compravano oro per difendersi dall’inflazione, ma sono stati proprio quelli che hanno sbagliato di più: l’inflazione non è salita neanche a seguito delle inondazioni di liquidità. Quando i più hanno iniziato a rendersene conto, c’è stato anche chi ha iniziato a dubitare della “leva” in atto, quando il rapporto tra oro finanziario e oro fisico ha iniziato a essere troppo alto, tanto da far dubitare i possessori di future sul poter convertire quei titoli in pesanti lingotti luccicanti.



Venerdì, in apertura dei mercati, una sala operativa statunitense ha ricevuto un ordine di vendere contratti future sull’oro per un equivalente di 100 tonnellate. Questo ha fatto scendere il prezzo dei contratti sotto dei livelli dettati dall’analisi tecnica che hanno portato a successivi ordini di vendita per 300 tonnellate in poche ore. 400 tonnellate di oro vendute: sono il 15% della produzione di oro fisico annuale. È il 150% delle riserve di oro del Comex (la borsa Usa dove viene scambiato il future più liquido sull’oro). Questo ha portato a un aumento della volatilità, che ha portato all’aumento dei margini di garanzia da parte della borsa, che ha portato alla liquidazione di posizioni lunghe, che hanno portato il prezzo dell’oro a scendere da 1560 dollari l’oncia a 1321, in due giorni: il più grosso crollo degli ultimi 30 anni. Il prezzo dell’oro è tornato ai livelli del 2010, per buona pace di chi si è giocato le performance degli ultimi tre anni. Per far tesoro di questo crollo dobbiamo leggere le indiscrezioni che girano sul mercato.

Pare che nei giorni scorsi ci fosse un fondo di investimento del Connecticut che vendeva allo scoperto quantità importanti di oro e pare che le prime 100 tonnellate in vendita venerdì arrivassero da un’unica nota banca americana. A prescindere dalla nazionalità dobbiamo notare che l’avvitamento è stato probabilmente innescato da una o due istituzioni. Sicuramente l’atmosfera in odor di bolla c’era già da prima, ma anche la puzza di bruciato non ha potuto far allarmare e proteggere nessuno.

Una o due istituzioni hanno fatto crollare un mercato enorme come quello dell’oro, ormai considerato più al pari di una valuta che di una materia prima. Perché non potrebbe succedere anche sul mercato azionario? Erano tanti quelli che pensavano che un movimento del genere, un cigno nero, non potesse accadere sull’oro (chapeau invece a Societé Generale che lo aveva immaginato in un suo report la scorsa settimana). Come sono tanti quelli che pensano che un SP500 ai massimi storici, in un contesto macroeconomico svantaggioso e una politica violentemente accomodante, non possa neanche lontanamente essere tacciato di essere oggetto di una bolla speculativa.

 

P.S.: Non riteniamo ovviamente significativi i commenti di chi da peso alle vendite di oro da parte di Cipro. Sia perchè le autorità locali hanno detto che non hanno nessuna intenzione di vendere, sia perchè il totale delle loro riserve vale circa 500 milioni di euro, quando già quelle prime 100 tonnellate in vendita valevano più di 5 miliardi. Sono invece utili all’umore le proposte di bond emessi con la garanzia dell’oro fisico accumulato nei forzieri della Banca d’Italia, denominandola Bankoro. Credo che l’oro nelle riserve di una Banca centrale sia considerato come una delle ricchezze di quel Paese stesso e contribuisca anche a determinare il patrimonio di un Paese di cui tengono conto gli analisti che attribuiscono un merito di credito alle nostre obbligazioni. Emettere nuove obbligazioni garantite con quell’oro è un po’ come provare a usarlo due volte. Chissà se l’intero mondo finanziario se ne accorgerebbe…