Il programma che negli ultimi tre anni ha consentito alle famiglie in difficoltà di sospendere il pagamento delle rate del proprio mutuo non è stato rinnovato, nonostante i 20 milioni di euro necessari fossero già stati stanziati, per una serie di banali lungaggini burocratiche. A fine marzo è scaduto il periodo di attuazione del “Piano famiglie”, che sulla base di un accordo tra Abi e associazioni dei consumatori consentiva la sospensione dei pagamenti. Al suo posto doveva subentrare il Fondo di solidarietà del ministero delle Finanze, che però non può essere attuato. Congelando così il “Fondo Gasparrini”, dal nome del deputato che ha presentato la proposta di legge. Eppure i 20 milioni di euro tondi tondi ci sono e aspettano solo di essere spesi. Mancano però i regolamenti attuativi, il parere non vincolante del Consiglio di Stato e di alcune commissioni parlamentari e la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.



L’Abi auspica che entro fine mese riparta il Fondo di solidarietà, anche perché sono le stesse banche ad andare in difficoltà quando una famiglia non riesce a pagare i mutui. I moduli per richiedere di accedere al Fondo Gasparrini sono già stati stampati e sono già state preparate le procedure telematiche per inviare i dati dalle filiali degli istituti di credito. Resta il fatto che oggi come oggi chi non riesce a pagare la rata rimane privo di qualsiasi forma di sostegno. Un problema non da poco, se si pensa che il Fondo di solidarietà, una volta entrato in vigore, consentirebbe di passare da un intervento temporaneo a uno strutturale. Ilsussidiario.net ha intervistato Leonardo Becchetti, professore di Economia politica all’Università Tor Vergata di Roma.



Che cosa ne pensa del fatto che il Fondo di solidarietà non è stato rinnovato nei tempi utili?

Il problema del nostro Paese è che non si può mai dare per assodato che nel momento in cui si decide qualcosa ciò possa essere effettivamente realizzato: purtroppo non è così perché ogni volta ci si perde nei particolari e nella giungla delle fasi attuative. Ciò è tipico del nostro Paese, dove c’è una capacità creativa che purtroppo poi non è seguita da un’attenzione e da una cura di tutti i dettagli che sono necessari. Questo vale soprattutto quando sono coinvolti diversi organismi e in un periodo come questo nel quale si vive una certa paralisi istituzionale nel Paese, anche se poi organi come il Consiglio di Stato dovrebbero continuare a funzionare.



E’ anche un problema di mancanza di organicità tra le diverse istituzioni che non riescono a raccordarsi tra loro?

Sì, probabilmente bisognerebbe semplificare. Quando si devono coinvolgere troppi organismi diversi, i passaggi diventano più complessi e se si tratta di un rinnovo quasi automatico di un provvedimento che era già stato varato, tanto più si dovrebbe essere capaci di snellire i passaggi. Occorre ridurre il numero dei passaggi al momento del rinnovo, dal momento che non si tratta di nulla di nuovo ma di qualcosa che insiste su un fondo che già esiste.

 

Più in generale, come valuta i provvedimenti inclusi nel fondo di solidarietà?

Questo tipo di intervento è stato pensato per aiutare le banche, nel senso che attraverso questo accordo poi è possibile non mettere in sofferenza il prestito e la posizione. Per le banche questo fatto rappresenta una boccata d’ossigeno. Bisogna inoltre valutare se i soldi presenti nel fondo siano sufficienti per soddisfare tutte le istanze.

 

(Pietro Vernizzi)